Fascio-comunisti: voglia di notizia e paura delle novità. Potrebbe essere questo il titolo meglio attagliato a quanto accaduto nelle ore scorse, dopo che Gianni Alemanno ha anticipato alla stampa alcuni dei contenuti e delle iniziative della due giorni, 25 e 26 novembre, che vedrà la nascita di un nuovo soggetto politico.
A eccitare la ormai asfittica fantasia di quasi tutti i notisti parlamentari dei quotidiani e delle reti televisive, la compresenza al convegno di domenica mattina, tema: la guerra nella Striscia di Gaza, di Marco Rizzo, Moni Ovadia ed Elena Basile.
Apriti, cielo! Un comunista “doc”, un’intellettuale di sinistra e finanche un artista ebreo allo stesso tavolo con l’ex-segretario del Fronte della Gioventù e capo della corrente di Pino Rauti negli anni ‘80: si sarebbe potuto immaginare scandalo maggiore?
Il segno dei tempi
Curioso modo di pensare, quello che trasuda da certe testate, specialmente ora che, di contro, si dà notizia – quasi che fosse un segno della “civiltà” dei tempi – dell’invito rivolto a Elly Schlein da Giorgia Meloni, in vista della prossima festa di Fratelli d’Italia.
Eppure, ben altra riflessione avrebbe dovuto indurre l’invito di Alemanno a Rizzo, a Ovadia e alla Basile, rispetto alla cagnara che ha indotto gli ultimi due a cancellare la loro partecipazione: è proprio l’enorme o, se si vuole, l’incolmabile distanza su molti o su tutti gli altri temi dell’agenda politica, a rendere significativa e importante la convergenza di anime e di intelligenze così diverse sui temi decisivi della guerra e della collocazione internazionale dell’Italia in questo momento.
Là dove qualcuno ha voluto vedere qualcosa di inguardabile, si sta verificando – e si sarebbe ancor più verificato con Ovadia e la Basile – qualcosa di estremamente interessante e – perché no? – bello: l’accantonamento delle divisioni ideologiche in vista di uno scopo evidentemente ritenuto supremo e più urgente rispetto a quelle: la necessità di una soluzione di pace per Gaza e per Israele, per l’Ucraina e per la Russia.
Una tavola rotonda
Altro che convention rosso-bruna, ma una tavola rotonda in cui, senza necessità di sventolare i rispettivi vessilli identitari, personalità della politica e della cultura provano – o avrebbero provato – ad accendere insieme un lume di speranza. Un lume che avrebbe potuto e dovuto illuminare le menti di chi, al contrario, ha ragionato l’evento coi paraocchi ormai cicatrizzati intorno alle orbite di buona parte dei giornalisti e degli opinionisti italiani, quando c’è da discutere ciò che mette in discussione la narrazione ufficiale dei fatti.
Di qualsiasi fatto che interessi la classe politica dominante a livello internazionale. E perché tutto ciò? In primo luogo, come detto all’inizio, perché a forza di scrivere delle sciocchezze che caratterizzano il “teatrino politico” odierno, la tavola rotonda Alemanno-Rizzo, con o senza anche Ovadia e la Basile, è comunque un qualcosa di diverso e di maggior interesse.
Per altro, non ostante non si tratti nemmeno di un inedito, dato che Alemanno e Rizzo, anche recentissimamente, si sono già confrontati pubblicamente.
In secondo luogo, perché, in vista delle Europee del 2024, qualcuno inizia a temere che accada ciò che finora non è accaduto o è accaduto solo parzialmente e insufficientemente.
Il mondo del dissenso
E, cioè, che ampi spezzoni di quello che si definisce “mondo del dissenso”, coalizzandosi a destra o a sinistra, oppure a sinistra e a destra, diventino poli di attrazione non già e non solo per i delusi dall’azione del governo Meloni o dell’opposizione della Schlein; bensì per quella maggioranza di italiani, il 50% praticamente, che hanno già da tempo manifestato la propria delusione per la politica, evitando anche di andare alle urne.
Una massa di italiane e di italiani che, qualora trovassero – a destra, a sinistra, oppure al di là di questi steccati ideologici – una valida alternativa potrebbero far saltare il banco elettorale della casa da gioco truccata e truffaldina che è ormai la politica italiana.
Pur scambiandosi alternativamente i ruoli, Centrodestra e Centrosinistra appaiono sempre più agli occhi di tutti come il direttore di sala e il croupier di una roulette truccata, dove puntando sul “rosso” o sul “nero”, comunque, vince il banco, cioè, il proprietario del “casinò” di cui i leader del Parlamento italiano sembrano proprio essere i dipendenti.
Ecco perché tanta acrimonia, tanta rabbia, tanta sferzante, ma non simpatica ironia verso l’assemblea romana indetta da Alemanno e verso le iniziative di confronto trasversale che si stanno organizzando a Roma e nel resto del Paese.
Per qualcuno “i giochi sono fatti” e “devono essere fatti” sempre dagli stessi, altrimenti è alto il rischio che i giocatori, cioè, i cittadini, s’accorgano che la “roulette” – come il più delle volte accade ed è sempre accaduto – è truccata.
Massimiliano Mazzanti
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