Europee alle porte, breve radiografia di una farsa elettorale

Europee alle porte, breve radiografia di una farsa elettorale

 

Europee alle porte, breve radiografia di una farsa elettorale – Mancano quasi 5 mesi alle elezioni europee del 9 giugno e già è partita la campagna che vede contrapposti non solo i partiti della maggioranza e di opposizione, ma anche i partiti di governo tra loro.

Totocandidature

I giornalisti si sono sbizzarriti negli ultimi tempi sui quotidiani nazionali a ipotizzare la volontà della Meloni di candidarsi e così pure quella di Salvini, facendo finta o ignorando per davvero, e non ce ne stupiremmo, che gli incarichi di governo sono inconciliabili con la candidatura al parlamento di Bruxelles.

Potreste mai pensare che il presidente del Consiglio o un ministro siano disposti a rinunciare al loro incarico per un seggio a Bruxelles?

Questo chiacchierare giornalistico allora ha solo la funzione di sottolineare i contrasti nella scelta delle candidature che, a dire il vero, caratterizzano le dinamiche elettorali del centro-destra anche per la Sardegna e la Basilicata dove non c’è accordo su chi debba essere candidato a governatore.

Forse in primavera una bella notizia

Tornando però alle europee, la prossima tornata, sembra, vedrà modificarsi i rapporti di forza a Bruxelles con una forte avanzata delle forze nazionali, Vox in Spagna innanzi tutto ma anche Alternative für Deutschland in Germania, Fidesz, il partito di Orban, in Ungheria, il Partito per la libertà in Olanda, le formazioni nazionalsovraniste in Polonia, Grecia, Bulgaria, Romania, e questo mentre l’Unione Europea appare attanagliata da una crisi politica profonda e radicata, dovuta alla sua irrilevanza sulla scena politica internazionale, alla incapacità di percepire e di stare al passo con i cambiamenti geopolitici in atto nel mondo, al suo cedimento al liberismo più sfrenato e al potere dell’alta finanza e delle banche, unitamente al mancato raggiungimento degli obiettivi che si era prefissa in materia di occupazione, difesa dell’ambiente, integrazione politica.

L’Unione Europea appare infatti sempre più come una costola degli Stati Uniti di cui subisce e asseconda le manovre guerrafondaie In Ucraina e in Medio Oriente.

Il nodo delle differenti legislazioni

A parte però queste considerazioni, va considerato che le leggi elettorali per la scelta dei parlamentari nei vari paesi europei rispondono a criteri diversi, con una mancanza di uniformità che genera evidenti sperequazioni e ingiustizie.

Prendiamo ad esempio la soglia di sbarramento.

In Belgio, Croazia, Francia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria, la soglia è del 5 %, in Grecia del 3 %, in Italia, Austria e Svezia del 4% e negli altri paesi non esiste.

In Germania infatti la Corte costituzionale, prima nel 2011 e poi nel 2014, ha bocciato qualunque soglia di sbarramento. Altra differenza concerne l’età per il diritto al voto, infatti in Austria, Belgio, Germania e Malta si può votare già a 16 anni.

In Grecia a 17 anni e negli altri 22 paesi bisogna averne 18.

L’anomalia italiana

In Italia va aggiunto che, dato che alcuni partiti sia al governo che all’opposizione dispongono di un elettorato esiguo, è in atto una discussione sulla possibilità di ridurre la soglia di un punto, portandola dal 4 al 3 %. Il sistema, come si vede, è disponibile alle riforme solo quando ha bisogno di difendersi o di gestire gli interessi dei suoi componenti. Ci si guarda bene invece dal permettere ad altre forze di irrompere sulla scena e di ottenere una rappresentanza.

Una legge che esclude i piccoli partiti

Infatti, la questione si fa complessa per la modalità della presentazione delle liste. La legge elettorale vigente dal 1979 è peggio di una ghigliottina, in quanto pretende la raccolta di 150.000 firme da parte dei nuovi partiti che non avendo ancora nemmeno un seggio al parlamento nazionale, sono costretti a impegnarsi in un’impresa quasi sicuramente fallimentare.

Si tratta di raccogliere in effetti dalle 30.000 alle 35.000 firme in ciascuna delle 5 circoscrizioni in cui è ripartita la penisola con l’aggravante di almeno il 10% in ciascuna regione.

Cosa davvero impossibile in regioni come la Valle d’Aosta o il Molise dove gli aventi diritto al voto sono in numero evidentemente ridotto. Considerate poi i tavolini per strada, i cancellieri ben pagati per le autenticazioni…

Rappresentanza addio

Tutto questo non avviene per caso e nemmeno per impedire il proliferare dei partiti.

Lo scopo è di conservare una democrazia che tutto è tranne che rappresentativa.

Lo scopo è quello di impedire il rinnovo e il ricambio della classe politica. Il sistema non tollera un proprio ridimensionamento e mette in atto tutto quanto possa essere funzionale alla conservazione della propria identità.

Qui, non viene mai detto Ce lo chiede l’Europa.

Silenzio assoluto… Anzi ogni disomogeneità è gradita e assecondata.

Nessuno stupore però per chi, come noi, ha da sempre sottolineato lo spirito oligarchico di una democrazia, non solo manovrata dai potentati economici ma anche ogni giorno meno rappresentativa di una popolazione che preferisce snobbare gli sterili e sempre più deserti seggi elettorali.

Nicola Cospito