“Eurasia Rivista di studi geopolitici”, anno XX, Numero 4 (Ottobre – Dicembre 2023)
Il settantaduesimo numero della rivista di studi geopolitici “Eurasia” si intitola La sfida dei BRICS, poiché in larga parte si occupa del recente allargamento di questo gruppo delle economie mondiali emergenti, deciso al vertice di Johannesburg dello scorso agosto.
Si tratta, è stato detto, di un vero e proprio cambiamento tettonico del mondo, dovuto ad un processo in cui svolgono ruolo di protagonisti Cina, la Russia, il Brasile, l’India e il Sudafrica.
Dedollarizzazione, non è più un Tabù
Esaminando l’idea di multipolarismo ed affrontando la storia e l’evoluzione dei BRICS nell’articolo di apertura del dossario di questo numero della rivista, Daniele Perra afferma che il 15° vertice dei BRICS ha rappresentato una svolta nella storia di questa struttura di cooperazione intercontinentale.
Oltre all’ingresso di sei nuovi membri, l’incontro, sotto la spinta di Ignacio Lula da Silva e di Vladimir Putin, ha concentrato i suoi lavori sul processo di dedollarizzazione delle economie dei Paesi membri.
Tale operazione, scrive Perra, sancirebbe la fine del sistema semiparassitario che consente agli USA di stampare dollari per acquisire materie prime. In altri termini, la dedollarizzazione costituirebbe una tappa decisiva nel processo di costruzione dell’ordine multipolare.
Il bagno di realtà USA
D’altronde, fa notare nel suo articolo sul “ritorno del multipolarismo” Massimiliano Palladini, già da qualche anno gli Stati Uniti sono costretti a constatare che il mondo sta vivendo una nuova era di competizione tra grandi potenze. Inoltre, aggiunge Palladini, “aumentano le istanze per dare vita a un sistema internazionale più equo, privo di nette divisioni ideologiche e in cui il potere degli Stati Uniti dovrà essere bilanciato da altri attori statuali”.
I BRICS ci provano
Se i BRICS sono i principali concorrenti di Washington sul piano economico-finanziario, sul piano militare l’imperialismo statunitense è minacciato, nel quadrante del Vicino Oriente preso in esame da Ali Reza Jalali, dall’Asse della Resistenza costituito principalmente da Iran (nuovo ingresso nel gruppo dei BRICS), Siria e Hezbollah.
Perciò, argomenta l’analista iraniano, la sinergia tra BRICS e Asse della resistenza segnerebbe la fine dei piani egemonici nordamericani nel Vicino Oriente e a livello globale.
Altri articoli del dossario esaminano la situazione di Paesi che erano membri dei BRICS già prima della svolta di Johannesburg, o sono stati ammessi nell’organizzazione per effetto del suo allargamento, o vi saranno presumibilmente ammessi in un prossimo futuro.
Così Mduduzi Ihsan Mathe ripercorre la storia del suo Paese, il Sudafrica, fino al 15° vertice dei BRICS svoltosi in agosto a Johannesburg; un vertice che, presieduto dal capo dello Stato sudafricano Cyril Ramaphosa, ha affrontato i temi dello sviluppo delle infrastrutture nel continente africano e del ruolo della Nuova Banca di Sviluppo.
L’onda nera africana
Per quanto concerne l’Africa, Franz Simonini si occupa dell’Egitto e dell’Etiopia, la cui adesione al gruppo dei BRICS è stata confermata per il gennaio dell’anno prossimo. La grande destabilizzazione economica, la guerra in Ucraina e la sfida globale USA-Cina – scrive Simonini – hanno risvegliato i sentimenti antimperialisti ed hanno indotto l’Egitto ad instaurare un nuovo rapporto col mondo. Quanto all’Etiopia, scossa dalla guerra interna e dagli effetti della guerra in Ucraina, essa ha scelto di schierarsi fuori dall’Occidente per poter agire in modo indipendente e instaurare rapporti di amicizia con altri Paesi.
Mentre l’Egitto aderirà nel gennaio 2024, un altro paese arabo del Nordafrica, l’Algeria, dovrà attendere il prossimo vertice dei BRICS, che si terrà l’anno prossimo a Kazan, il principale centro musulmano della Russia, per vedere accolta la propria richiesta.
Eppure, l’integrazione dell’Algeria – osserva Gilles Munier – riveste una grande importanza, “perché costituirebbe un contrappeso all’ingresso di due Paesi come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, noti per le loro relazioni con gli Stati Uniti e con Israele”.
La Turchia, la grande corteggiata
Della prospettiva di un’adesione della Turchia ai BRICS si occupa Aldo Braccio, secondo il quale l’adesione ai BRICS consentirebbe alla Turchia di svolgere un ruolo più centrale e meno periferico rispetto a quello svolto nell’Alleanza atlantica; costituirebbe infatti l’allargamento di un’associazione di forze tendenzialmente sovrane e non subordinate al potere statunitense e al mondo degli affari e della speculazione. Particolarmente importante sarebbe per Ankara beneficiare dell’importante istituzione economica e monetaria dei BRICS, ovvero la Nuova Banca di Sviluppo, che agisce in controtendenza rispetto al Fondo Monetario Internazionale, entrato più volte in rotta di collisione con la Turchia negli ultimi vent’anni.
L’ingresso dell’Argentina nel gruppo dei BRICS – commenta Alessandra Colla – rappresenta, almeno sul piano economico, una minaccia concreta per l’unipolarismo statunitense. “In un momento storico in cui le simpatie di larga parte del Pianeta non sono rivolte all’Occidente, la probabile adesione del Paese latinoamericano al blocco che mira a spezzare l’egemonia valutaria degli Stati Uniti costituisce un fattore critico di enorme portata”.
Intanto, mentre da un lato i Paesi emergenti spingono verso la dedollarizzazione e dall’altro gli Stati Uniti premono per allontanare le economie europee dall’economia cinese, l’Italia – scrive Cristiano Puglisi – governata da un esecutivo ciecamente e servilmente atlantista, stringe ulteriormente i vincoli che la incatenano a Washington.
Sulla Dottrina Monroe
La sezione “Continenti” di questo numero si apre con un articolo che Francisco de la Torre ha scritto nella ricorrenza del bicentenario della proclamazione della Dottrina Monroe.
L’indirizzo di politica estera cui tale dottrina si ispira, osserva l’autore dell’articolo, si fonda sull’ideologia messianica del cosiddetto “Destino Manifesto”, la quale armonizza la fede nella superiorità religiosa e razziale del popolo nordamericano con una presunta missione storica che ad esso sarebbe stata assegnata da Dio stesso. Nel mondo multipolare che sta per sorgere, sostiene l’autore, l’America latina deve trarre ispirazione da quei suoi pensatori che agl’inizi del Novecento la misero in guardia non solo contro la minaccia economico-politica proveniente da nord, ma anche contro il pericolo di un asservimento della sua anima e della sua cultura.
E poi la Cina
Segue un articolo di Amedeo Maddaluno che immagina alcuni scenari relativi ad una futura azione militare della Repubblica Popolare Cinese per ricongiungere Taiwan alla Madrepatria. Secondo Maddaluno, non esistono attualmente indicazioni precise che autorizzino a preannunciare un conflitto per Taiwan nei prossimi mesi. Ciononostante, prosegue Maddaluno, “abbiamo chiare indicazioni strategiche che ci portano a dire che una guerra, nei prossimi anni, è ben lungi dall’essere impossibile. Gli eserciti si stanno armando per questa guerra, le propagande stanno preparando le opinioni pubbliche a questa guerra, i politici disegnano strategie comunicative che parlano apertamente di questa guerra”.
Il Forum Economico Internazionale
Abbiamo poi un articolo di Giulio Chinappi sul Forum Economico Internazionale che si è tenuto a San Pietroburgo dal 14 al 17 giugno di quest’anno. Mentre i mezzi di comunicazione di massa occidentali fantasticano di una Federazione Russa che, alle prese con la crisi economica, sarebbe isolata rispetto a tutto il mondo o quasi, il grande successo del Forum di San Pietroburgo ci ha restituito un quadro ben diverso, nel quale Mosca gode di una forte solidità economica interna e continua ad intrattenere ottime relazioni commerciali con la maggioranza dei Paesi del mondo.
Continenti
La sezione “Continenti” si chiude con un contributo di Gjergj Totozani sullo stretto rapporto che intercorre fra l’Albania e gli Stati Uniti d’America dal 1991, ossia da quando furono ripristinate le relazioni diplomatiche tra i due Paesi. “Nonostante alcune frizioni con Washington – scrive l’analista albanese – l’Albania ha assunto un totale orientamento atlantista, coronato il 1° aprile 2009 con la piena adesione alla NATO. Attualmente – prosegue l’autore – anche se la dirigenza del Partito Democratico guidata da Sali Berisha accusa George Soros di voler controllare la giustizia albanese per colpire i politici che non sono sotto il suo controllo, nella classe politica di Tirana è diffusa l’aspirazione ad un rapporto incondizionato con gli USA”.
Geostrategia
Occorre poi segnalare l’articolo di geostrategia dovuto a Pietro Pinter e intitolato Lo scudo antimissile statunitense. L’autore osserva che gli Stati Uniti, dotandosi dopo il periodo della guerra fredda di un sistema antimissile strategico stratificato, hanno introdotto un fattore inedito nel bilanciamento di forze tra potenze nucleari, cosicché questo sviluppo, che nega la capacità della rappresaglia, quindi della deterrenza, viene percepito dalla Federazione Russa come una minaccia alla sua sicurezza.
Nell’ambito della storia delle idee geopolitiche, Giovanni Tonlorenzi descrive il percorso politico di Ernst Niekisch, l’esponente del nazionalbolscevismo tedesco che, individuando l’unico antidoto all’imborghesimento della Germania nella Ostorientierung, arrivò a concepire l’idea di un grande impero eurasiatico fondato sull’asse tedesco-slavo. A questa visione di Ernst Niekisch, secondo Tonlorenzi, si ricollega il progetto dell’“impero euro-sovietico” concepito da Jean Thiriart negli anni Ottanta del Novecento.
Il concetto di Eurasia
Il progetto “euro-sovietico” di Thiriart ritorna nell’articolo del direttore Claudio Mutti, dove vengono passate in rassegna le varianti del concetto di “Eurasia”: dall’idea di unità culturale eurasiatica enunciata da studiosi del calibro di Mircea Eliade, Giuseppe Tucci e Franz Altheim, al manifesto degli eurasiatisti degli anni Venti, che identificava sic et simpliciter l’Eurasia con la Russia, al neoeurasiatismo odierno, al progetto thiriartiano di unità politica del Continente (da Vladivostok a Dublino), alla cosiddetta “geostrategia per l’Eurasia” elaborata da Zbigniew Brzezinski per indicare agli Stati Uniti la via della conquista del potere mondiale.
Anche in questo numero di “Eurasia” sono stati riproposti due “documenti” non privi di interesse per il lettore di oggi. Il primo, che concerne il rapporto dell’Italia con l’Asia, è il discorso che Benito Mussolini pronunciò a Roma nel dicembre 1933 ad un convegno di studenti cinesi, indiani, arabi, persiani, giapponesi.
Il secondo è un’analisi del fenomeno sionista dovuta ad uno studioso russo (il prof. Vladimir Lysenkov) e pubblicata nel 1977 su un periodico edito dall’ambasciata romana dell’Unione Sovietica.
Abbiamo poi un’intervista sulla politica iraniana che è stata rilasciata al direttore della rivista da Habib Salavati, un esponente dei pasdaran, il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione istituito in Iran dopo la rivoluzione islamica del 1979.
Il volume si conclude, come al solito, con alcune recensioni librarie, tra le quali segnalo quella relativa al discusso libro del generale Vannacci e quella sulla pubblicazione di Luca Tadolini che propone, per la strage di Bologna del 1980, l’ipotesi di una pista israeliana.
Matteo Pio Impagnatiello