Don Felice Palamara e gli altri: i preti che denunciano le mafie rischiano la vita – La mia vendetta si chiama amore, il mio scudo perdono, la mia armatura misericordia.
Sono queste le parole scritte su Facebook da don Felice Palamara, vittima dell’ennesima intimidazione per mano della ndrangheta.
Il vile attacco si è consumato sabato scorso, quando il parroco di San Nicola di Pannaconi, una frazione di Cessaniti in provincia di Vibo Valentia, era intento a celebrare la messa con gli esercizi spirituali Via Matris; per una trentina di suoi fedeli.
Un gesto vergognoso
Al momento dell’offertorio, mentre era intento a travasare acqua e vino dalle ampolle al calice, don Felice aveva sentito un odore sgradevole.
Un sentore da cui il parroco aveva subito intuito che quel liquido era un vino ben lontano dal diventare il sangue di Cristo durante la consacrazione e, ahimè, non si sbagliava.
Infatti, si trattava di un intruglio allungato con la candeggina.
Una miscela micidiale che aveva portato don Felice a fermarsi davanti ai fedeli.
Gli stessi che, nel giro di pochi istanti, lo avrebbero visto barcollare sull’altare, questo per i fumi della candeggina che avevano portato il prete, asmatico e cardiopatico, ad avere inevitabilmente una crisi respiratoria.
Non mi sento bene, aveva detto ai parrocchiani scusandosi.
Questi ultimi avevano pensato a un malore dovuto agli acciacchi di cui il prete soffre da tempo ma, nel mentre, don Felice si era recato in sacrestia per telefonare alle forze dell’ordine denunciando loro l’intimidazione subita.
Qualsiasi cosa è stata fatta, per me è e rimane quel fratello solamente d’amare, anche se la giustizia dovrà fare il suo corso, ha scritto mentre la polizia disponeva su di lui la vigilanza 24 ore su 24.
La candeggina è solo l’ultimo dei tanti, troppi dei vili attacchi ricevuti dal parroco.
Infatti, in passato, c’erano stati due danneggiamenti all’automobile, poi lettere di minacce.
Ma quello di don Felice non è un caso isolato.
Ci sono preti che hanno ancora la schiena dritta
Infatti, prima di lui era toccato allo stesso parroco di Cessaniti, don Francesco Pontoriero, al quale era stata recapitata una lama con minacce di morte e sulla sua auto era stata abbandonata la carcassa di un gatto.
In realtà si tratterebbe, di messaggi trasversali diretti a monsignor Attilio Nostro, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, noto per la sua fermezza contro i clan di ‘ndrangheta e il loro sottobosco.
A dicembre don Nostro aveva chiesto gli elenchi delle duecento confraternite esistenti nel Vibonese, con l’obiettivo di garantire la trasparenza e tener lontano le mire mafiose – e massoniche – dalla religiosità popolare, che spesso i clan strumentalizzano a fini di consenso popolare.
La guerra alla criminalità organizzata
A loro si aggiunge anche don Maurizio Patriciello, il noto prete anticamorra che, amara ironia della sorte, a metà febbraio ha visto un significativo risvolto nelle indagini sui due atti intimidatori del 2022 mossi contro lo stesso parroco e Biagio Chiariello, comandante della Polizia Locale di Arzano, vittima di intimidazioni pochi giorni prima.
Don Maurizio era stato minacciato con una bomba fatta esplodere davanti al cancello della sua chiesa tra il 12 e il 13 marzo.
Il comandante, invece, era stato destinatario di un manifesto funebre con il suo nome affisso all’ingresso del comando.
A distanza di quasi due anni, i carabinieri di Giugliano in Campania e Arzano, coordinati dalla DDA di Napoli, hanno eseguito 13 misure cautelari (11 arresti e due divieti di dimora) nei confronti di altrettanti presunti esponenti della criminalità organizzata.
Don Patriciello e Chiariello, secondo le indagini, sarebbero stati puniti per essersi opposti alla camorra.
I due episodi intimidatori sarebbero nati, quindi, nel contesto dello scontro armato tra clan nell’area nord di Napoli, tra i comuni di Frattamaggiore, Frattaminore, Arzano e Caivano che si trovano nell’hinterland partenopeo.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, la faida tra clan sarebbe quella che vede contrapposti la famiglia guidata da Giuseppe Monfregolo e il gruppo di Pasquale Cristiano e Vincenzo Mormile.
Causa dello scontro armato sarebbe stato l’omicidio di Salvatore Petrillo, parente di Cristiano, vittima di un agguato il 24 novembre 2021, davanti al Roxy Bar di Arzano, e deceduto poi in ospedale a Giugliano in Campania il 20 novembre 2021.
Ma la lista dei preti del Sud nel mirino della criminalità organizzata è ancora lunga.
Uomini contro vigliacchi
L’ultimo caso riguarda don Marcos Aparecido de Gòes, parroco di San Germano Vescovo, la cui auto è stata bruciata nella notte tra sabato e domenica mentre era parcheggiata nei pressi della parrocchia.
Tutto si è verificato a Sant’Andrea del Pizzone.
Vile attentato è così che l’ha definito l’arcivescovo di Capua, monsignor Pietro Lagnese, la cui solidarietà a don Marcos non si è fatta attendere.
Condanna anche da parte del sindaco Sergio Tessitore che, in una nota diffusa sulla pagina Facebook, ha scritto nel nostro Comune non si è mai assistito ad un gesto così chiaramente intimidatorio, e dall’odore camorristico. A don Marcos vanno la solidarietà e la vicinanza di tutta l’amministrazione comunale e la condanna netta di questo tentativo di portare nel nostro territorio pratiche losche che sono lontane dalla serietà e dalla compostezza dei nostri concittadini.
La nota delle associazioni e del mondo politico
Vicinanza anche dall’associazione Abele Legalità Giustizia e Sicurezza, guidata da Salvatore Mezzarano che ha espresso la sua fermata solidarietà a Don Marcos chiamando a raccolta tutta la comunità francolisana per una riflessione seria ed una netta presa di posizione, ricordando come il vile atto avvenga a pochi giorni dal 30° anniversario dell’assassinio di Don Peppe Diana, avvenuto il 19 marzo 1994.
Non è accettabile che accadano queste cose e non si può sminuire un atto che è senza dubbio socialmente allarmante.
Una mobilitazione di solidarietà e vicinanza anche da parte del governo: Il continuo attacco a uomini di Chiesa nelle comunità del Vibonese è allarmante e merita una risposta decisa delle istituzioni ha affermato il sottosegretario all’Interno Wanda Ferro (Fdi).
Esprimo la mia vicinanza – ha aggiunto Ferro – a don Felice Palamara e a tutti i sacerdoti che, in una terra difficile, sono impegnati nell’affermazione della cultura della legalità, contro le logiche di violenza e sopraffazione.
Solidarietà e cortei, una storia già vista che, a quanto pare, non funziona, visto che appena si sgarra si rischia di avere un altro Don Padre Puglisi, il prete antimafia assassinato a colpi di pistola a Brancaccio, quartiere malfamato di Palermo, nel 1993.
Ma tanto ci si leverà la coscienza tra altri discorsi, cortei e film romanzati che, in realtà, sono solo tragedie annunciate, il cui protagonista da eroe contro la malavita diventa un martire che si aggiunge alla lunga lista scritta col sangue di chi ha osato alzare la testa.
Nemes Sicari
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