De Angelis e dintorni: con la scusa delle scuse, il diritto di opinione va a ramengo – Puntuale come una cambiale, dopo dichiarazioni coraggiose, arriva il – mezzo, stavolta – passo indietro.
E così Marcello De Angelis, una lunga carriera politica alle spalle, dopo aver espresso il suo pensiero sulla strage di Bologna, a causa della bufera che si è immediatamente scatenata, si è visto costretto a smussare pesantemente i termini della sua esternazione, nel tentativo di evitare le dimissioni dal suo incarico di responsabile della comunicazione della Regione Lazio.
Sull’onda della follia Woke da un lato e dell’imperversare incontrastato dell’antifascismo isterico dall’altro, in questa sciagurata epoca, proferire verbo è diventato un esercizio da farmacisti, se non da orefici, per lo scrupoloso uso del bilancino che si è reso necessario.
Ogni parola va soppesata attentamente ed eventualmente sostituita con un’altra conforme ai sacri dogmi del pensiero unico per non correre il rischio di essere messi all’indice, travolti da valanghe di polemiche.
Mostrificazione del dissenso
Capita così che una persona, che gli anni di piombo hanno colpito duramente a livello familiare, solo per aver esposto pubblicamente le proprie idee circa le responsabilità dell’attentato del 2 agosto 1980 – idee a suo tempo condivise da magistrati, giornalisti e anche da numerosi esponenti della Sinistra – , venga trasformata in un mostro, al punto da chiederne le dimissioni.
Insomma, comunque la si possa pensare sulla matrice della più grave strage del dopoguerra, è ormai chiaro come oggi sia il diritto di opinione ad essere vittima di attentato.
In un sistema che si vanta di essere democratico, in cui la Costituzione viene evocata molto spesso a sproposito da politici che non ne hanno mai letto nemmeno la copertina, non è concepibile che l’art.21 venga costantemente calpestato da presunti detentori di uniche verità.
E il problema non è soltanto italiano.
È notizia di questi giorni della spirale in cui sta precipitando il Regno Unito, con il fenomeno del debanking, che consiste nella chiusura dei conti correnti bancari per chi professi idee politiche non allineate.
Vittima illustre Nigel Farage, ma sembra che siano diverse migliaia i correntisi colpiti.
In Occidente è in atto una sorta di caccia alle streghe che mira a punire chiunque esprima e coltivi pensieri, idee, valori non conformi al politicamente corretto.
Ma qualche voce coraggiosa, di persone libere e stanche di questa dittatura strisciante, si sta levando a macchia di leopardo.
Come quella di Pano Kanelos, già presidente del St. John’s College di Annapolis, dimessosi per fondare ad Austin, in Texas, un’università libera da condizionamenti Woke.
Occorre reagire all’oppressione del pensiero e bene ha fatto Gianni Alemanno, unico politico di rilievo a sostenere De Angelis per le sue contestatissime dichiarazioni.
Ma serve di più, a questo punto.
Serve un grande movimento trasversale – benissimo se ne farà parte il Forum per l’indipendenza italiana, che dovrebbe testimoniarlo nel suo Manifesto – che riaffermi il diritto di opinione, andando ad agire fin da dove questo è stato originariamente colpito.
Quindi battaglia per l’abrogazione della XII disposizione transitoria – come può qualcosa di transitorio sopravvivere da 75 anni? – della Costituzione e delle leggi liberticide Scelba e Mancino.
Perché il diritto di opinione deve riguardare tutto e tutti.
Altrimenti prepariamoci ad essere irregimentati nelle idee non solo sul fascismo o sulla strage di Bologna ma anche sulla pandemia, sul clima – Bonelli docet – sull’auto elettrica, sul conflitto in Ucraina e su ogni altra diavoleria che il Sistema riterrà di imporci.
Ma, a quel punto, se così sarà, quel che ancora rimarrà della politica dovrà avere almeno il coraggio e la coerenza di abrogare gli artt. 3, 21 e 49 della “Costituzione-più-bella-del-mondo”.
Raffaele Amato