Cosa può permettersi la lobby LGBT – Durante la trasmissione “L’ Aria che Tira”, il programma televisivo de La7 condotto da David Parenzo, Maria Rachele Ruiu, portavoce della ONLUS Pro Vita & Famiglia è stata oggetto dei lazzi e dei commenti poco eleganti degli altri ospiti e del conduttore.
Tra gli ospiti oltre alla Ruiu, in collegamento, nel salotto televisivo c’erano lo scrittore Christian Raimo e il giornalista Cecchi Paone.
Ed è proprio da questi due “luminari” così inclini e propensi all’educazione e al rispetto verso il prossimo, minoranze in primis, che sono partiti gli attacchi.
La violenza della famiglia?
Due uomini, per di più di un certo spessore culturale, almeno così si dice, contro una donna, attaccata e derisa dagli stessi non sui temi ma sulla sua persona e la sua organizzazione. “Io inorridisco per tantissime ragioni. Ruiu dice cose apparentemente di buon senso ed è circondata da questo poster di questa organizzazione omofoba e transfobica. Vedo questa immagine violenta che, in qualche modo, come dire, sembra uno sfondo”.
Ed è proprio per questo motivo che sarebbe necessario “togliere di mezzo queste associazioni omofobiche e transfobiche come ProVita”.
Eppure, la penna politicamente corretta che inorridisce nel vedere un’associazione, da lui considerata omofobica e transfobica, dovrebbe ben sapere l’Abc del nostro ordinamento giuridico, come, ad esempio, l’art 18 della Costituzione che prevede, a chiare lettere, il diritto dei cittadini di “associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”.
E, sempre a proposito di Costituzione, sempre il luminare da salotto, dovrebbe ben sapere che la famiglia è un istituto costituzionalmente riconosciuto, come si può tranquillamente constatare dall’art 29 Cost:
“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.
Di conseguenza risulta parecchio stonato l’inorridire del paladino dei diritti, visto che, a sua detta, il cartellone di Provita e Famiglia, raffigurante proprio l’immagine della famiglia, è da considerare come “immagine violenta”.
Proprio per questo motivo risulta più che fondato, non solo sotto l’aspetto giuridico ma anche umano, lo stupore di Maria Rachele Ruiu: “Ma come si fa a definire violenta l’immagine di una famiglia?”
Ma soprattutto come si fa a deridere una donna per il suo taglio di capelli dovuto, per di più, ad un percorso oncologico? “La signora mi sembra Arturo Brachetti”. È così che il” maestro” di stile ed eleganza, Cecchi Paone, ha definito la Ruiu.
Le femministe mute
Non si registrano ad oggi gli strali delle femministe che chiedono la testa del loro sodale Cecchi Paone e neppure dall’elegante opinionista risulta una nota formale di scuse per la pessima battuta.
Silenzio su tutta la linea, insomma, ed è proprio l’assordante silenzio ad essere l’aspetto più disgustoso, becero e vile di tutta questa squallida arringa contro una donna, una madre e una malata oncologica.
“Sono stata violentemente offesa, vittima di body shaming, definita omofoba e transfobica, non per i miei discorsi, ma semplicemente per il mio taglio di capelli e per aver parlato con alle spalle questa famiglia”.
È questa la denuncia fatta da Maria Rachele Ruiu, portavoce di Pro Vita & Famiglia con alle spalle il cartellone della Onlus, considerato “violento” dell’intellighenzia arcobaleno.
Nemes Sicari