Con caratteri cubitali, alcuni giornali danno ora notizia che la Polizia avrebbe oscurato i profili social della “P38-La band”, il gruppo underground che inneggia alle Brigate rosse e canta canzoni in cui si prendono gioco della tragica fine di Aldo Moro.
Dopo le polemiche politiche, dunque, le sanzioni giudiziarie. Peccato, però, che non sia affatto vero. Anzi, il più importante canale social della “P38-La band”, quello che la finanzia con le pubblicità del sistema Google-AdSense, il canale YouTube, è ancora aperto e registra semmai un’impennata di visualizzazioni. Basti pensare che “Ghiaccio Siberia” – il video registrato a sfregio in piazzale Aldo Moro, a Bologna – è arrivato in due giorni a 51mila visualizzazioni, con un incremento del 6 per cento: 3 mila visualizzazioni in tre giorni contro le 48 mila in due anni.
La condanna
Il Comune di Bologna, poi, ha votato un ordine del giorno di condanna, ma in cui si fa riferimento genericamente al “terrorismo”, ben guardandosi dal citare parole come “comunismo” o sinonimi che specificassero la matrice dello sconcio andato in onda e sui palchi dei centri sociali di mezza Italia.
In particolare, poi, è stata respinta dalla maggioranza del Comune del capoluogo emiliano la richiesta del nipote di Marco Biagi, l’ultima delle tante vittime delle Br, di togliere la gestione degli spazi a quelle realtà – i centri sociali, appunto – che hanno ospitato o vogliono ospitare i “P38-La band”, vanificando ogni reale tentativo di mettere a tacere chi fa apologia di reato e inneggia al terrorismo e alla violenza.
Il tutto, ovviamente, nella tolleranza da parte di tutti che, mentre a parole dicono di aver riparato alla vergogna, in realtà non hanno fatto nulla: le canzoni ignobili della band comunista si potranno ancora ascoltare e, c’è da scommetterci, diventeranno una sorta di “inno” alla libertà e alla ribellione dei soliti noti del mondo extraparlamentare di sinistra, quello a cui la Sinistra di Montecitorio e delle altre istituzioni locali delega il “lavoro sporco” contro gli avversari politici da sempre, in cambio di sedi e finanziamenti. Ridicola, poi, la notizia, secondo la quale almeno uno dei “mascherati” cantanti sarebbe stato individuato dalla Digos: nomi e cognomi di tutti i componenti di questa accolita di “nostalgici” degli “anni di piombo”, a “smanettare” su internet, li troverebbe anche un ragazzino. Ma la Giustizia italiana, si sa, non è innocente, candida e pura come un bambino…
M. Mazzanti