Chiara Francini e il Mom Shaming – Il monologo di Chiara Francini recitato sul palco dell’Ariston in occasione dello scorso festival di Sanremo ha sollevato numerosi commenti.
Un monologo che parla dello stato d’animo di una donna che non è diventata madre, usando anche parole forti “Quando qualcuno ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata, non sai mai che faccia fare. Quando qualcuna ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata c’è come qualcosa che ti esplode dentro. Un buco che ti si apre, in mezzo agli organi vitali, una specie di paura, stordimento, e, mentre accade tutto questo, tu devi festeggiare, perché la gente incinta è violenta e vuole solo essere festeggiata. E non c’è spazio per il tuo dolore, per la tua solitudine. Tu devi festeggiare… Penso di essere una donna di merda perché non so cucinare, non mi sono sposata e non ho avuto figli”.
Mom Shaming
Grazie al cielo c’è chi madre invece lo diventa, ma anche per le madri, soprattutto le neomamme, la situazione non è tutta rosa e fiori al punto che si parla sempre più spesso di mom shaming.
La dottoressa Rossella Valdrè in un’intervista rilasciata a “Elle” il mom shaming è un fenomeno diffuso oggi in tutto il mondo, ma più spiccato nei Paesi Occidentali, dove è più presente una pressione sociale sulla madre, spesso vittima di critiche sul suo modo di allevare il figlio, che la porta a vergognarsi.
L’ambito può riguardare un qualsiasi aspetto della maternità, dall’uso del biberon, alla scelta del taglio cesareo, a come si nutre o si fa giocare un bambino.
“Una ricerca nel Michigan – racconta la psicologa – ha calcolato che due terzi delle madri sono soggette al mom shaming, soprattutto da parte di membri della famiglia, il che le fa sentire ancora più imprigionate. Spesso il tipo di madre vittima di questi attacchi può essere una donna che genera invidia, come accade per il body shaming: la critica rientra nel generico tentativo di distruggerne l’autostima e l’immagine. Ma può capitare a qualunque donna che abbia la sventura di avere attorno a sé persone insensibili e non empatiche, un ambiente sociale ipocrita e ipercritico dove l’elemento dominante sembra essere l’invidia, il desiderio di rendere la donna insicura”.
La depressione post parto
Ma c’è un’altra piaga che colpisce l’universo in rosa, precisamente chi fa i primi passi nel mondo della maternità, si sta parlando della depressione post partum.
Un altro tema, questo, affrontato a Sanremo con la canzone ” Vivo” di Levante.
La cantante ha portato al Festival un brano in cui affronta una problematica ancora troppo silenziata.
“Sta facendo un regalo a tutte le donne – ha commentato l’ostetrica Alessandra Bellasio – perché la depressione post partum è ancora un tema scomodo”
In diverse interviste, infatti, l’artista ha dichiarato di aver sofferto di questo disturbo dopo la nascita della sua primogenita, Alma Futura. “Quando ho scritto questo brano, il 4 marzo dell’anno scorso, sapevo che avrei affrontato un argomento molto difficile – ha raccontato Levante a L’Espresso– Oscillavo tra stati d’animo opposti, desideravo ritrovare un equilibrio nonostante la depressione. Al centro della canzone c’è l’ambizione di riprendere possesso della propria vita, riappropriarsi di mente e corpo, avere la sensazione di poterli ancora amare, sentirsi vivi. Credo di aver raccontato tutto questo con parole semplici”.
Neomamme e lavoro
Ma l’essere madre, purtroppo, comporta anche altri problemi, come quello di conciliare il diritto di essere madri e il diritto al lavoro per di più costituzionalmente riconosciuto.
Sarebbe stato interessante parlare anche di questo al festival della musica italiana ossia della situazione in cui versano le madri lavoratrici, nonostante l’art 37 della Costituzione, la stessa così tanto osannata sul palco dell’Ariston, sia chiara a riguardo: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
Forse sarebbe meglio fare meno monologhi in funzione dell’ideologia femminista e più fatti al servizio delle donne.