Non c’è altro aggettivo capace di definire quanto consumatosi all’interno dell’aula del parlamento il 25 gennaio scorso.
Su proposta dell’on Stefania Ascari (M5S) e con la sottoscrizione del gruppo PD, nel corso dell’esame sulla proposta di legge che istituisce la commissione di inchiesta sui femminicidi, è stato approvato dalla Camera un ordine del giorno.
Ossia l’invito al Governo “ad astenersi dall’intraprendere iniziative di carattere anche normativo volte ad eliminare o limitare il sistema di tutele garantito dalla legge n. 194 del 1978“.
Ad impegnarsi, cioè, a non toccare in alcun modo, l’attuale normativa sull’aborto.
Una maggioranza che vuole legare le mani al suo governo…
La cosa singolare di questa iniziativa è il fatto che nessun parlamentare ha espresso un dissenso contro l’approvazione di questa richiesta: 257 sono stati i voti favorevoli e 3 le astensioni.
Non già per protesta contro quella pratica – che, a prescindere dalle ragioni che spingono una donna a prendere una simile decisione, si risolve nella soppressione di una vita umana – ma per contestare il senso di una mozione dal sapore intimidatorio, approvata – e qui sta il bello – anche da parlamentari che quel governo hanno votato e sostengono.
I quali, invece di comportarsi da utili idioti di turno, avrebbero dovuto eccepire che, come il parlamento è libero di approvare o bocciare qualsiasi proposta, altrettanto lo è il governo nel decidere le iniziative da adottare senza essere imbavagliato dalle ubbie di qualche maggioranza estemporanea.
Una simile barricata ideologica era già stata evocata dal primo ministro francese Elisabeth Borne che, all’alba della vittoria elettorale del centrodestra, si era detta pronta a vigilare sul rispetto del diritto all’aborto.
Mai dire “no!”
Senza che nessun esponente politico della coalizione vittoriosa si fosse sentito in dovere di replicare per le rime contro questa bullesca ingerenza.
È quindi assai probabile che, anche in questa nuova occasione gli esponenti del governo rimarranno timorosamente in silenzio, sperando forse che mantenendosi fuori dalle polemiche il cammino diverrà meno insidioso.
Nella vana illusione che rimanendo zitti zitti, quatti quatti, non dicendo mai “No” – no al Mes, no alla logica guerrafondaia della Nato, no agli ukase della UE, no a radicali cambi di rotta in tema migratorio, no quando è il momento di sbattere questo semplice monosillabo sul grugno altrui – tutto il mondo plauderà a questa “destra che piace”.
La quale, incapace di fiammate si spegnerà invece come un cerino, digerita da un sistema a cui va contrapposta la forza di idee, di orizzonte, di strategia e una cultura di riscossa nazionale. Per chi le possiede.