Caucuses Iowa: Trump a valanga – La straripante vittoria di Donald Trump nelle elezioni di partito in Iowa la dice lunga circa la distanza siderale che divide i popoli dell’Occidente dalle élite che pretendono di governarle.
Otto anni or sono, alle precedenti primarie a cui aveva partecipato, Trump giunse solo secondo a questo tradizionale primo appuntamento del lungo percorso elettorale che si deve fare per diventare lo sfidante ufficiale del presidente in carica.
Rispetto ad allora, Trump è stato svillaneggiato da tutti i media americani e del mondo; additato come un delinquente o come un incapace; isolato nei “social”, quando non illegalmente espulso dalla rete; incriminato da giudici che sembrano afflitti dallo stesso strabismo politico che affligge tanti togati anche delle nostre parti.
Valanga di voti per The President
Tutto ciò non ostante, non solo ha ribaltato il risultato del 2016, ma lo ha fatto con un divario che lascia già presagire quale possa essere il risultato finale delle primarie. Per altro, il primo dei tre sconfitti che ha deciso di interrompere subito la corsa per la candidatura – Vivek Ramawamy – ha invitato tutti i suoi sostenitori a votare negli altri stati per il “Tycoon”.
Dunque, Trump non solo stravince in Iowa, ma si rafforza ulteriormente per i prossimi appuntamenti. Che dire, se non che è una bella bastonata in testa per coloro che, nel campo non di sinistra dell’intero Occidente, hanno pensato in questi anni di mettersi alla ruota di Joh Biden, subordinandosi a tutte le follie compiute dalla sua amministrazione nel mondo intero.
Isteria DEM
Mai così vicini a un conflitto planetario come in questi ultimi due anni, mai così stremati economicamente per alimentare l’economia di guerra (non dichiarata, ma aspramente fatta combattere agli americani e specialmente agli alleati) utile solo ai grandi elettori del Partito democratico. La reazione scomposta del presidente in carica e uscente la dice lunga sullo stato psicologico dell’amministrazione statunitense in queste ore. Biden ha vinto nel 2020 con un risultato a dir poco dubbio e, se in Europa e nell’Occidente ci fossero giornali e giornalisti liberi, si dovrebbe dedicare la massima attenzione alle elezioni americane, visto che quell’esito è destinato a condizionare la politica mondiale.
Lo Stato che pretende di “esportare” e “difendere” la democrazia nel mondo, infatti, ha il dovere morale imperativo di dimostrare almeno la correttezza dei suoi meccanismi elettorali e chi è tanto solerte nel mettersi sugli attenti, quando sventola la bandiera “a stelle e strisce”, dovrebbe quanto meno chiedere di obbedire a un capo regolarmente eletto e non imposto da qualche oscura lobby.
Poi, non ci si deve illudere: con o senza Trump, l’America è sempre l’America, cioè, l’impero dove gli interessi interni sono considerati il “bene universale”, per promuovere e tutelare il quale non c’è sacrificio – sacrificio degli altri, ben inteso – che sia insopportabile o inaccettabile.
Però, per non essere sempre pessimisti, questo primo risultato qualche speranza l’accende.
Massimiliano Mazzanti