Caro affitti: due parole agli universitari campeggiatori – La protesta inscenata da alcuni studenti fuorisede di fronte al politecnico di Milano merita attenzione perché rischia di diventare la classica trappola ideologica sia per il governo che per le amministrazioni comunali.
Una protesta in mano alla sinistra
È bene tenere presente che i caporioni della protesta, prontamente intervistati dalle Iene che hanno fatto da apripista alla questione, sono tutti riconducibili all’area della sinistra militante; cosa che dovrebbe portare ad avere molta cautela nell’analizzare il fenomeno. Altro campanello di allarme è l’attenzione mediatica spropositata data dai media nazionali alla questione che dipingono questi ragazzi come degli asceti eroici che stanno smuovendo l’opinione pubblica con la loro protesta, quando poi basta recarsi nella piazza antistante l’ateneo milanese durante il fine settimana per constatare che le tende vengono rimosse – pertanto i nostri valorosi studenti protestano in orario d’ufficio, non il fine settimana -.
I colossi web, ancora loro
Tuttavia, è anche corretto constatare come esista una stortura nella gestione degli affitti, soprattutto nelle città che hanno degli atenei appetibili per gli studenti universitari. In primo luogo, il mercato degli affitti a Milano è pesantemente inficiato dalle locazioni a breve termine condotte su piattaforme online (AirBnB su tutti) che assorbono gran parte dell’offerta di immobili – comprensibile perché l’affittuario guadagna cifre esorbitanti nella locazione e non è tenuto a pagare tasse sui proventi – inoltre, come ogni altro bene, anche le case seguono le leggi di mercato, dunque, all’aumento della domanda corrisponderà sempre un aumento dei prezzi.
Un problema sociologico?
La riflessione, dunque, dovrebbe essere più alta perché se da una parte andrebbero regolamentate le storture derivanti dalle piattaforme online, dall’altra è anche corretto dire che nel profondo hinterland milanese – tanto per fare un esempio – è possibile accedere ad affitti di case a prezzi ragionevoli.
Tornando alla protesta di questi giorni quindi la riflessione dovrebbe innanzitutto essere squisitamente sociologica: abbiamo di fronte degli studenti che non sono disposti a prendere il treno ogni mattina per frequentare le lezioni perché vogliono vivere in centro godendo dei frutti malati che offre il capoluogo lombardo (o emiliano o laziale). Sono in fondo gli stessi adolescenti viziati che sciamano nelle piazze per seguire l’influencer di turno o per combattere le battaglie coccolate dal mondo occidentale: gender, clima e ius soli.
Da questi tardoadolescenti viziati non è concepita la privazione e la durezza del vivere: ritengono di meritare di vivere in centro città e di poter arrivare all’università a piedi o in bicicletta quando milioni di italiani ogni giorno si affollano su mezzi di trasporto da terzo mondo per raggiungere in orario il luogo di lavoro.
Forse prima di ragionare su campus universitari, su studentati o su misure di matrice sovietica per regolamentare il mercato degli affitti, bisognerebbe insegnare agli universitari campeggiatori il vero significato dell’impegno e del sacrificio. Non si tratta di paternalismo: si presume che gli universitari di oggi saranno la classe dirigente futura, dunque, dovremmo chiederci se un domani alla guida del paese vorremo qualcuno che non è disposto a puntare la sveglia un’ora prima per raggiungere il proprio posto di lavoro.
Matteo Carucci