Birra, ragni, frati e tradizioni – A cosa serve la Tradizione? E più in generale: a che servono in pratica le tradizioni? Nel mondo moderno tutto improntato al progresso, sembra che siano solo pregiudizi da eliminare, ostacoli da levare di mezzo.
Questo atteggiamento ideologico sembra aver preso il sopravvento non solo nella politica, nel mercato e nella cultura di massa, ma anche nella Chiesa Cattolica, l’istituzione che più di ogni altra avrebbe l’interesse storico a preservare e mantenere viva la sua Tradizione.
Se la Chiesa tradisce la sua missione
Tutta la politica ecclesiastica dal Concilio Vaticano Secondo in poi sembra invece essere improntata al rinnegamento, alla cancellazione della propria Tradizione.
Che questo sia in stridente contrasto con gli interessi storici della Chiesa allontanando i fedeli, svuotando i luoghi di culto e causando una crisi di vocazioni sacerdotali senza precedenti, non sembra preoccupare troppo i vertici che hanno forse dimenticato che l’albero si giudica dai suoi frutti, come dice il Vangelo.
A chi scrive è capitato di parlare in una occasione, con un esperto di birre di alta qualità che mi spiegava con grande passione come la varietà di gusti e sapori delle birre non avesse nulla da invidiare a quella dei vini.
A suo parere, l’abitudine di bere la birra troppo fredda impediva di gustare il vero sapore di quelle più buone che invece si possono assaporare anche a temperatura normale. Parlava della birra come di un’arte.
Pur non essendo io un bevitore devo dire che trovavo la sua descrizione interessante e brillante e mi faceva scoprire un mondo di appassionati paragonabile agli esperti di vini o di alta cucina. Da profano, chiesi quali paesi producevano le birre migliori. Mi rispose che le birre migliori venivano prodotte in diversi paesi ma che il Belgio, tenuto conto delle sue piccole dimensioni e del gran numero di ottime birre, occupava un posto a suo parere particolarmente importante.
Mi spiegava anche che diverse birre in Belgio sono tradizionalmente prodotte in antichi monasteri cattolici e da quanto ho capito, la vendita di birre pregiate contribuiva non poco alle finanze dei monasteri in questione. Passò poi a un aneddoto che pareva simbolico.
Il mistero della birra
In particolare, mi raccontò di un monastero che produceva nei suoi scantinati una birra pregiata con un gusto inimitabile, ricercatissima dagli estimatori – una nicchia ristretta ma molto esigente. Il segreto, all’insaputa degli stessi monaci che la producevano, erano i ragni e le loro ragnatele, presenti in massa nei locali: sembra infatti che oltre a eliminare tanti insetti fastidiosi, la loro presenza con l’emissione di particolari sostanze nell’aria contribuisca alla fermentazione spontanea della birra.
Ad ogni modo, i ragni non davano nessun fastidio ai monaci e questi a loro volta li tolleravano da sempre senza infastidirli. Questa tradizionale convivenza – o forse dovremmo dire simbiosi? – continuò fino a che dopo la morte di un vecchio abate, ne subentrò uno nuovo che dopo aver ispezionato i sotterranei, rimase molto contrariato dalla benevolenza dei frati verso i ragni e le relative ragnatele e ordinò che venissero tutte eliminate per fare pulizia: basta con queste vecchie consuetudini! Il monastero doveva modernizzarsi.
Evidentemente, per il nuovo abate, questa novità doveva costituire una rottura col passato, fare un po’ tabula rasa e un progresso nella vita del monastero. Negli anni successivi, tuttavia, si registrò subito un rapido e “misterioso” calo nella qualità della birra – e si può immaginare, anche nel numero degli acquirenti delusi e nei relativi introiti del monastero. Non ci volle molto per intuire che senza i ragni abitualmente tollerati dai frati, la birra aveva perso il suo gusto e non era più la stessa.
La soluzione non poteva essere che un ritorno alla tradizione e nel caso specifico, degli umili ma preziosi ragni e delle loro ragnatele. Gradualmente, gli scantinati si riempirono nuovamente di ragnatele e la birra dei monaci riacquistò tutto il suo magico sapore, con grande sollievo dei frati e dei bevitori.
Ridateci le ragnatele
Senza volerlo, l’appassionato intenditore di birre di alta qualità mi aveva raccontato una storia che aveva il sapore della parabola. Quello che si era verificato in quel monastero non è forse una allegoria della Chiesa postconciliare e progressista, determinata a eliminare metodi, consuetudini e tradizioni che non è neppure più in grado di comprendere nei suoi significati e nelle sue conseguenze? Non ci si accanisce forse contro il passato per poi dover constatare che il sapore di ciò che la Chiesa esprime non è più lo stesso?
E gli stessi fedeli non sentendo più il sapore inimitabile della Tradizione, non si allontanano forse in attesa di un ritorno alla qualità unica e inimitabile di un tempo?
Senza le ragnatele della Tradizione l’aria si riempie di insetti nocivi e schifosi, l’atmosfera che si respira non si differenzia da quella di qualsiasi altro culto e il sapore è di una mediocrità deludente.
Non ho più avuto modo di parlare col simpatico interlocutore di quella volta. Ad ogni modo, a quanto mi dicono, il metodo di produrre birra in perenne compagnia dei ragni venne ripreso e risulterebbe ancora in uso in determinati birrifici del Belgio. Viene da chiedersi, se e quando i vertici attuali della Chiesa sapranno riconoscere di essersi sbagliati a liquidare le ragnatele della Tradizione e sapranno tornare alla purezza del culto di un tempo.
Marzio Gozzoli