Baby trans, qualcuno comincia a farsi delle domande – “Mamma, tutti mi chiamano ragazza”, sono queste le parole che il figlio di Pink, Jameson Moon Hart, di sei anni, ha detto alla madre, la cui risposta non si è fatta attendere: “Questo perché hai i capelli lunghi e la gente è ancora attaccata a queste norme sociali davvero antiquate”.
Pink ha confortato il figlio confessandogli che anche lei è destinataria di commenti poco gradevoli sul suo aspetto. “Gli ho detto che la gente mi chiama sempre “signore”, soprattutto da dietro e soprattutto negli aeroporti”, ha spiegato la cantante, il cui taglio pixie mosso è ormai diventato un tratto rappresentativo della sua personalità.
Una risposta che ha dato i suoi frutti.
“Ora quando viene chiamato ragazza mi guarda e mi fa l’occhiolino”, ha detto soddisfatta.
Cinema e spettacolo in prima fila
La stessa cantante, tempo fa, aveva dichiarato ai suoi follower: “mia figlia (Willow, all’epoca aveva sei anni, oggi dodici) vuole sposare una donna, per questo ho scelto di farla crescere senza etichette di genere”.
Ma Pink non è la sola artista a regalarci perle di saggezza in salsa arcobaleno.
Basti pensare a Jennifer Lopez che ha mostrato la figlia sul palco del Blue Diamond Gala, rivolgendosi a lei col pronome neutro they.
Anche in casa nostra non mancano i genitori arcobaleno, come i Ferragnez che crescono i figli nel neutralismo di genere.
Le crepe nel muro
Un’autorevole rivista medica inglese punta il dito contro i cosiddetti baby trans, giovanissimi che si sottopongono ad interventi di asportazione dei genitali e cure ormonali atte al fine di renderli confacenti alla forma fisica desiderata.
Sul British Medical Journal, Kamran Abbasi, docente all’Imperial College di Londra e caporedattore della prestigiosa rivista, denuncia la politicizzazione della ricerca medica dato che “quando si tratta di disforia di genere, proprio come con il Covid-19, c’è poco spazio per un dialogo costruttivo. Purtroppo, ciò che soffre è il benessere delle persone”.
Conseguenze gravissime
A seguire, si segnala che quanto si sta facendo sui baby trans, sottoponendoli ai trattamenti ormonali, è di fatto un esperimento privo di basi solide, un vero e proprio abuso clinico.
Le distanze dall’ ideologia Gender sono state prese anche in Paesi come la Svezia, la Francia, Australia e Nuova Zelanda, dove le società mediche hanno iniziato a prendere le distanze dalla medicalizzazione precoce di questi giovani confusi.
Distanze che trovano fondamento anche nelle conseguenze sulla salute di questi giovani, spesso, irreversibili.
I detransitioner
In Inghilterra e in America, dilaga il fenomeno dei cosiddetti pentiti, ossia giovani che, su pressione degli esperti, hanno iniziato in modo troppo precoce un percorso doloroso e da cui è molto difficile tornare indietro.
Si tratta della detransizione
Un fenomeno di cui si parla poco, dal momento che sulla disforia di genere il giro d’affari non scherza.
Quanto sta però accadendo in Inghilterra e negli Stati Uniti dimostra che qualcosa sta cambiando.
Il governo britannico, ad esempio, ha chiuso il Gender identity development service (Gids) della clinica Tavistock, un luogo dedito alla psicoanalisi infantile e unico ospedale pubblico del Regno Unito dedicato alla disforia di genere dei minori.
In Europa, invece, nazioni come la Finlandia e la Svezia (primo al mondo ad autorizzare la transizione a spese dello Stato, nel 1972) hanno limitato l’accesso alle cure.
In Italia, sette società scientifiche insieme con la Società italiana di pediatria hanno menzionato il “pericolo di suicidio e depressione” per contestare le riserve espresse dalla Società psicoanalitica italiana (Spi) sul rischio di danni fisici e psichici dei farmaci che bloccano la pubertà, definendole infondate e ingiustificatamente allarmistiche.
Le segnalazioni su altri farmaci parlano di comportamenti suicidari, autolesionistici o depressivi, mentre pazienti con vaginoplastica sono stati ricoverati, e ri-operati, per emorragie o lesioni intestinali.
Le femmine soffrono spesso di atrofia vaginale, causata dal testosterone. Altro effetto è il calo della densità ossea.
All’assenza di protocolli di trattamento ex-post si aggiunge lo stigma sociale: molti detransitioners hanno denunciato una perdita di supporto da parte della comunità Lgbtq+, esperienze deludenti con i medici e isolamento.
Nemes Sicari