Quando la Von Der Leyen fa un passo indietro, l’Europa (quella vera, non l’UE) fa due passi avanti.
I diktat europei sulle auto, che rischiavano di mettere in seria difficoltà l’industria automobilista e tutto l’indotto, ma soprattutto che privavano i cittadini del diritto di spostarsi come meglio desiderano, attualmente sono in una fase di stallo, segno che a Bruxelles ogni tanto si accende la luce del buon senso, oppure più probabilmente non si vuole alimentare l’euroscetticismo ai suoi massimi storici.
Fuori l’UE, dentro l’Europa
L’europeismo infatti si configura come un pensiero classista e antisociale, che alterna il peggio del capitalismo come il mercato selvaggio, subordinazione dello Stato alle multinazionali, ecc, al peggio del socialismo, come pianificazione scriteriata dell’economia che con la scusa dell’ecologismo impone ai cittadini un modello di vita quasi mai condiviso.
Se la battaglia per l’ambiente è quanto mai importante, essa non può prescindere dal contesto sociale: il mondo è la nostra casa, non dobbiamo sacrificarlo sull’altare del Dio denaro, ma non dobbiamo sacrificarci nemmeno noi, perché un mondo senza umanità é inutile, checché ne dicano i fanatici ambientalisti.
E’ passata la sbornia green
Le auto elettriche tanto osannate non sono alla portata di tutti, né soddisfano le prestazioni richieste, per questo la vera democrazia consiste nel dare a ciascuno le stesse possibilità.
E le follie green queste possibilità le precludono ai meno abbienti, ma anche alla classe media, costretti ad arrangiarsi con mezzi pubblici (che comunque devono tassativamente essere efficienti) e biciclette, rinunciando ad attività fondamentali che solo l’auto può garantire a prescindere dal servizio pubblico stesso.
La stessa Europa che però commercia con Cina e India, paesi veramente inquinanti, mentre fa le sanzioni alla Russia. Se il futuro è europeo allora la situazione è grave.
Se il futuro è fuori allora c’è speranza, anche per il pianeta.
Lorenzo Gentile
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