La tempesta perfetta che sta per abbattersi sul settore automotive italiano non ha precedenti nella storia e rischia di polverizzare uno dei settori economici nei quali l’Italia è all’avanguardia e che contribuisce al PIL italiano nella misura del 12%.
Non esiste un unica causa scatenante della profonda crisi auto ma sicuramente una di quelle più importanti e pericolose è dovuta all’ubriacatura delle motorizzazioni elettriche.
Si tratta di una vera e propria ubriacatura orchestrata ad arte da Bruxelles e certi ambienti accademici quella di voler mettere al bando i motori termici in favore della trazione puramente elettrica che non ha nessuna ragione se non quella ideologica legata ad un ambientalismo antiumano e antilogico.
Auto elettriche ecologiche?
La vulgata comune infatti presenta le auto elettriche come dei mezzi di trasporto ecologici, puliti, efficienti. Niente di più sbagliato: la corrente elettrica che serve a ricaricare un mezzo elettrico deve essere prodotta necessariamente con i mezzi tradizionali (centrali a Gas\Carbone) dunque l’impatto per l’ambiente a livello globale sarebbe il medesimo di quello di un motore termico con l’aggravante che ad oggi se il parco circolante venisse convertito in sole auto elettriche, non esisterebbe abbastanza energia elettrica per sopperire a tutte le ricariche (tema tralatro portato all’attenzione della cronaca qualche mese fa dall’amministratore delegato di Toyota).
Trappola mortale
Senza addentrarci troppo nelle questioni tecniche basti riflettere sulle seguenti dinamiche per farci comprendere quanto l’imporsi delle nuove motorizzazioni elettriche sia una trappola mortale per la nostra industria:
1- La componentistica propria delle batterie elettriche è totale appannaggio della CINA: le materie prime (Litio, cobalto e nichel) e tutto il processo di trasformazione ad oggi è testato su fabbriche cinesi e asiatiche. Non esiste in Europa e tantomeno in Italia uno stabilimento produttivo di celle elettriche pertanto il colosso asiatico avrebbe il monopolio totale della produzione nonché dello smaltimento delle stesse (la vita media di una batteria elettrica è testa tra i 5 e gli 8 anni e per una percorrenza di circa 160.000km contro la vita media in un’automobile tradizionale che al netto di eseguire la manutenzione ordinaria resta funzionante per 12 – 14 anni e con percorrenze oltre i 250.000 km).
2- La perdita del processo di ricerca e sviluppo sul motore endotermico (soprattutto diesel): l’Italia oltre che vantare una tradizione motoristica di primo livello mondiale è da sempre all’avanguardia nel processo di ricerca e sviluppo su nuove soluzioni volte alla progettazione di motori a combustione più efficienti e meno inquinanti. Gettare alle ortiche oltre 60 anni di ricerca sarebbe un regalo enorme ai nostri competitor internazionali ed un errore strategico dell’industria automotive italiana. Quando parliamo di industria automotive difatti non ci riferiamo solo alle OEM’s (i costruttori di auto) ed ai relativi stabilimenti di assemblaggio (in particolare riferimento a quanto resta della produzione auto italiana di FCA) ma all’enorme indotto che ruota attorno al processo di assemblaggio dell’auto: dalla progettazione alla fornitura di meccanica di precisione, alla produzione di colle e vernici alla pelletteria per auto per passare alla filiera di vendita (concessionarie e intermediatori di prodotto). Si tratta di un ecosistema complesso e profondamente integrato: un patrimonio nazionale che deve essere tutelato e del quale il governo non può non tenere conto.