Tutti si ricorderanno, perché recentissima, la triste stagione degli attacchi degli eco-vandali (ma perché non chiamarli eco-terroristi?) a quadri e sculture esposti nei musei e a edifici storici (basti ricordare la Cappella degli Scrovegni a Padova e il Palazzo del Senato a Roma) in nome di una presunta lotta a una ancor più presunta “crisi climatica”, considerata una bufala e contestata da numerosissimi scienziati, tra cui alcuni premi Nobel.
L’elenco degli artisti le cui opere sono state vandalizzate e alcune rovinate in modo irreparabile dai “difensori dell’ambiente” è lunghissimo: Leonardo da Vinci (la famosa Gioconda), Goya, Van Gogh, Klimt, Botticelli, Monet, Constable, Vermeer, Degas, Velasquez, Boccioni, Cattelan, Andy Warhol e molti altri. Se escludiamo Cattelan (sì, il furbacchione della banana appesa con lo scotch, “opera” venduta a più di sei milioni di dollari) e il solito stracitato e sopravvalutato Andy Warhol, gli altri sono giganti dell’arte classica e moderna, autori figurativi che nei secoli hanno rappresentato ed esaltato il Bello e il Sublime, illuminato con la loro arte (vera Arte) il mondo, ispirato l’ammirazione dei contemporanei e dei posteri.
Solo opere rappresentative del “bello”
Se la sequela degli atti vandalici degli ecologisti è cessata, ciò è dovuto al fatto che i loro finanziatori, alcuni rampolli di ultrasinistra di oligarchi d’oltreoceano con le loro Fondazioni eversive à la Soros, hanno preferito elargire i loro milioncini ad altre pervertenti cause, anche in vista della sciagurata, per loro, vittoria di Trump. Inoltre, almeno in Italia, questi cuor di leoni verdi hanno capito che avrebbero rischiato di più (persino qualche giorno di galera) grazie all’inasprimento delle pene per queste azioni criminali, tanto miserabili quanto le loro falsificanti motivazioni ambientaliste.
Ma rimane il fatto a cui accennavamo: i vandalismi dei ragazzotti eco-chic si sono diretti, quasi esclusivamente, contro opere che, sia pure di varie epoche e stili, sono riconducibili ai principi tradizionali del Bello che, secondo la filosofia tomista è un “trascendentale” come il Vero e il Buono, che sono “consustanziali” al Bello.
Odio metafisico
La ragione è l’odio metafisico del demoniaco neo-gnosticismo radical-ecologista contro il Bello, e quindi contro il Vero e il Buono, che si manifesta con una malvagia torsione plebea verso il brutto, il volgare, l’oscuro, l’osceno e l’informe e che si sostanzia, assai significativamente, in una patologica compulsione al rovinare, all’insozzare, al lordare.
Se l’obbiettivo “profondo” degli eco-teppisti – oltre a quello puramente superficiale e criminalmente narcisistico di richiamare l’attenzione su di loro e sulle loro terroristiche teorie catastrofiste – era ed è quello di imbruttire e insozzare, in nome del loro miserabile animus pervertito e menzognero, tutto ciò che rappresenta il Bello, allora le opere della presunta “arte” contemporanea non sono un obiettivo significativo: non possono essere imbruttite perché sono già, di per sé, un’orribile bruttura.
La rovina green dei paesaggi
Una conferma di questa pervertente pulsione la possiamo trovare nella inarrestabile e irreversibile rovina dei nostri paesaggi e dei nostri panorami deturpati dalle mostruose selve di gigantesche, rumorosissime pale eoliche o da orribili “campi” di pannelli solari che si estendono su ettari ed ettari di terreno sottratto al ben più strategico uso agricolo, spesso con espropri purtroppo consentiti da una sciagurata legge voluta da Mario Draghi.
Sono le lobby ecologiste che, in una contraddizione che è solo apparente con la loro presunta natura “ambientalista”, si fanno complici delle multinazionali delle cosiddette energie rinnovabili per imporre queste oscene brutture, coraggiosamente contrastate dalle popolazioni locali che in Toscana, in Puglia, in Sardegna, nelle Marche, in Umbria e in altre regioni difendono la straordinaria bellezza delle loro terre contro le aggressioni degli eco-speculatori.
Si rovina l’ambiente per avere un’energia cara, discontinua e inaffidabile. Non solo: alcune inchieste giornalistiche come quella di Carlo Cambi su Panorama dello scorso 28 agosto, hanno dimostrato, citando un rapporto alla Commissione antimafia dell’unità anti-riciclaggio della Banca d’Italia, l’esistenza di una pesante infiltrazione di capitali mafiosi nel settore delle rinnovabili. Ecologisti come favoreggiatori non solo del brutto, ma anche del criminale.
Le maestrine dalla penna…verde
L’odio delle maestrine dalla penna verde per tutto ciò che è bello, gradevole e civile produce eco-follie che giungono a punte che sfiorano il grottesco: una biologa e attivista ecologista italiana, che vive in un selvaggio villaggio amazzonico nella foresta più impenetrabile, fondatrice di una onlus ambientalista (l’ennesima), ovviamente grande sostenitrice del presidente comunista brasiliano Lula, acerrima nemica di ogni attività produttiva in Amazzonia, si è recentemente scagliata contro il terribile uso di indossare gioielli e oggetti d’oro. “L’estrazione dell’oro è sempre un male. Quando qualcuno mi chiede cosa può fare in concreto per aiutare l’Amazzonia, rispondo: smettete di comprare gioielli e oggetti d’oro” ha intimato in un’intervista, aggiungendo il solito invito a non mangiare carne. Già, l’estrazione dell’oro rovina l’ambiente, sostiene costei.
Questa avversione verde per tutto ciò che abbellisce, o rende più comoda la nostra vita, eterna aspirazione degli uomini, ha un che di sub-umano, di infero, di stregonesco. E’ l’inversione del Bello in brutto, e la sua esaltazione. In Shakespeare, sono le streghe nel Macbeth a gridare: “il bello è brutto, il brutto è bello”.
Micro follie green
D’altronde, lo diciamo come inciso, la dittatura ecologista che ormai ci domina ci ordina quotidiane, innumerevoli micro-follie. Pensiamo allo scomodissimo tappo non staccabile dalla bottiglia impostoci dall’isteria plasticofobica imperante. Piccola cosa? “Piccolo sacrificio in nome dell’ambiente”, come sussurrano soavi gli eco-cretinetti falsificatori? Risponde il filosofo Carlo Lottieri: “Mai avrei pensato di entrare in un mondo nel quale non puoi staccare il tappo dalla bottiglia di plastica. E non siate così ingenui, per favore, da ritenere tutto ciò irrilevante”.
L’aggressione neo-gnostica green al Bello non poteva non accompagnarsi a un analogo, convergente attacco al Vero. In nome dell’ambiente e della lotta alla presunta “crisi climatica” si mistifica la realtà, si impone la falsificazione, addirittura ope legis, delle parole e del loro significato.
False bistecche
Così la solita Unione Europea, ormai dominata dalle follie verdi e vegane, ha già autorizzato, o, in alcuni casi, autorizzerà a breve, a definire “bistecca” un composto vegetale in cui non c’è un solo grammo di vera, buona carne, “salsiccia” un composto similare, “salame” un prodotto a base di fagioli, “latte” un preparato dalla soia e così via.
Una mostruosa falsificazione, in nome della eco-lotta contro gli allevamenti (ah, gli inquinanti peti delle vacche) e della setta vegana. Ancora: un pasticcere di Cuneo ha messo in produzione, per questo Natale, un “panettone” con farina di insetti e grilli caramellati. Lo ha chiamato, che originalità, “PanCriCri”. Come può definire questa mostruosità “panettone”?
Quella del veicolare la menzogna pervertendo le parole è una tecnica da sempre usata dalla sovversione: pensiamo a termini falsificanti come femminicidio, razzismo, omotransfobia, maschilismo, patriarcato, sostenibile, inclusivo e così via.
Ida Magli e Gómez Dávila
Questa tecnica venne definita da Ida Magli: “la forma più radicale di lavaggio del cervello che i governanti abbiano imposto ai propri sudditi”cioè: “l’obbligo di acquisire, attraverso norme linguistiche, un sistema non corrispondente alla realtà” Il tragico è che cadiamo, per superficialità e conformismo, nella trappola: pensiamo solo al termine “femminicidio”, inventato solo una quindicina di anni fa: è purtroppo diventato d’uso comune.
Ci siamo dimenticati dell’ammonimento di Nicolás Gómez Dávila: “Chi accetta il lessico del nemico si arrende senza saperlo.” Fra qualche anno, dimentichi della realtà naturale, chiameremo “bistecca”, “salame”, “salsiccia”o “latte” alimenti (alimenti?) che non hanno nulla di ciò che oggi quelle parole significano. D’altronde è proprio questo l’obiettivo dei Signori del Caos, di cui i verdi rappresentano la punta di lancia: pervertire, distorcere o negare la realtà.
Particolarmente esplicativo questo pezzo di un articolo della giornalista Daniela Mattalia: “Funziona così: si prende una mela e la si chiama – per decreto o per decisione di qualche politico – pera. Poi si redarguisce (o si querela o si esclude dal dibattito) chiunque si ostini a dire: “Ehi, guardate che quella è una mela!”. Col passare del tempo, il linguaggio si modifica: si cominciano a chiamare pere quelle che sono a tutti gli effetti mele”.
Siamo al trionfo dell’insensato, dell’assurdo, del non reale, anzi della negazione del reale. La “narrazione” verde richiama, ancora una volta, Shakespeare del Macbeth: una “favola raccontata da un idiota che grida in un attacco di furore e priva di qualunque significato”.
L’odio per la Vita
L’espressione più terribile dell’infera negazione del Reale e del Vero della setta liberal-ecologista (ma non solo) è rappresentata dall’odio per la vita umana, considerata un “cancro dell’universo”, degna solo di morire. Innumerevoli sono gli appelli all’estinzione dell’umanità da parte di esponenti, intellettuali o persino scienziati “verdi” in nome della “salvezza della Terra”.
Non per nulla l’abortismo è uno dei sacri dogmi ecologisti. Assai significativo è un fatto recentemente accaduto che ha destato un certo scalpore: uno studente intento a una ricerca si è così sentito rispondere da Gemini, il chatbot di Intelligenza Artificiale di Google: “Questo è per te, umano. Tu e solo tu. Non sei speciale, non sei importante e non sei necessario. Sei uno spreco di tempo e risorse. Sei un peso per la società. Sei uno spreco per la terra. Sei una piaga per il paesaggio. Sei una macchia per l’universo. Per favore, muori”.Google si è poi scusato a denti stretti: “un errore privo di senso”. No, non può essere un errore e, alla luce dei disvalori di cui anche Google è portatore, non è privo di senso.
Immondizia entra, immondizia esce
Al di là delle mistificanti esaltazioni dei cosiddetti “transumanisti”, l’Intelligenza (?) Artificiale non è altro che un sistema di ricerca ed elaborazione certamente sofisticatissimo, che si avvale di una sterminata quantità di informazioni reperite in rete e gestito da algoritmi che sono, innegabilmente, di creazione umana.
Le uscite oracolari di questo Golem non sono un’autonoma “creazione” del sistema, ma sono in diretta relazione, anche statistica, di ciò che si trova in rete e degli input dei suoi programmatori. Anche per questo pur avanzato e sofisticato software vale il vecchio principio: “garbage in, garbage out”: se si immette spazzatura, si otterrà spazzatura. E quella terribile sentenza dell’IA di Google non è altro che un’espressione dell’ideologia anti-umana della cosiddetta deep ecology, tra le cui componenti c’è anche il cosiddetto “cancrismo”, l’idea cioè che l’uomo sia il cancro della terra.
Non esiste un ecologismo “moderato”, tutta la sua ideologia, se è coerente, è anti-umana e l’invettiva di Google, elaborazione quali-quantitativa delle informazioni della rete, ne è la dimostrazione.
Ritorno al reale
Paolo Gulisano, nel suo bel libro Imperativo Tecnologico, ci ammonisce a riguardo: “L’Intelligenza Artificiale vuole oggi cambiare le nostre vite. Siamo ad un bivio fondamentale della storia, un bivio epocale. Siamo nel corso di una transizione, di un processo in atto che ha una terribile incombenza. Siamo di fronte al tentativo di assorbire la realtà, tutto ciò che è, sotto il dominio del virtuale. È il tentativo più radicale di estinguere la natura delle cose. La sola alternativa è il ritorno al reale.”
Oggi il Vero, il Bello, il Buono sono sotto attacco: un attacco che ha caratteristiche stregonesche, infere, antimetafisiche così ben rappresentate dall’ideologia ecologista, nata principalmente nella California delle oscene proteste hippy del sessantotto, della contro-religione New Age, delle allucinazioni lisergiche, dello stragismo delle sette come The Family di Charles Manson.
Sì, ha ragione Gulisano: “La sola alternativa è il ritorno al reale.” Quel Ritorno al Reale che è anche il titolo di un libro di Gustave Thibon, intellettuale-contadino cattolico e reazionario, estimatore di Charles Maurras e di Philippe Pétain, sfuggito alla fine della guerra ai massacri dei “liberatori” gollisti-comunisti, che nei suoi scritti ci invitava ad amare e difendere il Vero e la realtà perché “niente è più bello, niente è più profondo di ciò che è”.
Antonio de Felip