Antifascismo strumentale, meglio i giudici dei politici – La pericolosissima Lobby Nera che, da Milano, condizionava in chissà quale modo la politica italiana, in particolare quella della Destra? Mai esistita, al punto che – dopo Fanpage a profusione, Piazza pulita, trasmissioni ignobili su un’infinità di reti, per non parlare dei giornali che si accodarono allo scoop che avrebbe preservato le sorti democratiche della Repubblica – non è stato nemmeno necessario un processo, per stabilire la verità.
Tutto archiviato in istruttoria, tutto cestinato come una bufala colossale.
Palazzo Chigi dovrà riflettere
Onore ai giudici meneghini, certo, ma qualcuno, qualcuno a Palazzo Chigi, dovrà pur riflettere su quanto è avvenuto fino a ieri e sulle strumentalizzazioni che furono imbastite sulla vicenda?
Oppure, passata la paura, ci si dimenticherà in fretta anche delle pastoie giurisprudenziali che hanno permesso e permettono ancora di creare mostri mediatici a fini squisitamente politici, agendo sulla magistratura?
La “giustizia politica” – come dimostra anche questa soluzione e ancor di più quella di cui si dirà più avanti – non è mera questione dei sentimenti personali mal interpretati da questo o da quel procuratore, ma anche un complesso di norme che, nel tempo, si è stratificato, consentendo sia a soggetti politici sia a magistrati di elevare accuse contro tizio o caio, se non per ottenerne la condanna, almeno per fiaccarne la legittimità e l’agibilità politiche o per distruggerne la reputazione pubblica.
Rea di “pessimo gusto”?
A Forlì, infatti, dopo quattro anni di insulti, polemiche, manifestazioni e quanto altro sempre accade in questi casi, la vicenda di una militante della Destra radicale – rea sostanzialmente di una manifestazione di pessimo gusto, per di più estemporanea e frutto, più che di irriverenza consapevole, di un momentaneo momento d’inconsapevolezza sull’atteggiamento che andava assumendo, indossando una brutta maglietta – è stata giudicata dal tribunale esattamente per quello che era stata: una cosa sgradevole, ma non un reato.
Con buona pace di tutti coloro che, al grido di “crocifiggetela”, avrebbero voluto in galera lei e chissà quanti altri con lei.
Commemorazioni
Per non parlare dei “saluti romani” ai funerali o alle commemorazioni dei caduti, che qualcuno insiste a iscrivere nel registro dei fatti da reprimere e condannare – nonostante le tante pronunce della Suprema corte di Cassazione -, sperando che, prima o poi, con una pronuncia contraria, si ottenga un giudizio, ovviamente diverso dai precedenti, a “sezioni unite”.
Una sorta di interpretazione statistica e “azzardistica” nell’amministrazione della giustizia: ci si prova tante volte, prima o poi, qualcuno deciderà come si spera che accada.
Almeno sull’Antifascismo strumentale – sul resto, le speranze cominciano veramente ad assottigliarsi – è possibile nutrire la speranza di interventi parlamentari da parte della nuova maggioranza per spazzare il campo dai cascami che, nel Codice penale, consentono di alimentare queste polemiche, nobilitandole con profili giudiziari?
Oppure, anche questo è troppo “retrò” per i nuovi “futuristi” della Destra di governo?
Non sarebbe enorme, dopo i risultati certamente clamorosi delle ultime elezioni politiche, che su questi aspetti del dibattito pubblico si fosse costretti a nutrire più speranze nell’equilibrio dei giudici, piuttosto che nel coraggio dei politici