Incomprensibili le “ragioni d’urgenza” che hanno portato a Rebibbia l’ex-sindaco di Roma
In primo luogo, i fatti. Ieri pomeriggio, prima di cena, Gianni Alemanno, ricevuta l’allucinante comunicazione della revoca dell’affidamento ai servizi sociali, si è presentato spontaneamente a una Stazione Carabinieri di Roma. Quindi, non è stato arrestato durante il cenone di San Silvestro, come tanti organi di stampa titolano, gongolando, ma si è costituito alle forze dell’ordine, nel tentativo di comprendere cosa gli stesse accadendo.
A quel punto, i militari della capitale hanno notificato all’ex-sindaco il provvedimento, adottato in via d’urgenza dal Tribunale di sorveglianza, in base al quale, a causa di alcune contestazioni circa i limiti, a cui Alemanno si sarebbe dovuto attenere in questo periodo, non solo veniva annullata la misura alternativa, ma si disponeva la carcerazione inframuraria, piuttosto che una più logica detenzione domiciliare. Da sottolineare come nessun obbligo o automatismo di legge ha imposto di applicare la misura più grave, ai danni del leader di Indipendenza!, bensì è stata una scelta autonoma di chi ha assunto la decisione.
Gianni Alemanno, accusato di corruzione e di concorso in associazione mafiosa, dopo un lungo calvario giudiziario di oltre un lustro, appesantito gravemente da due condanne a 6 anni, in primo e secondo grado, aveva visto riconosciute le sue ragioni e restituita pienamente la sua dignità dalla Suprema corte di cassazione che, però, pur cancellando le calunnie circa la corruzione e ancor più di una collusione anche esterna con organizzazioni criminali, dispose anche la determinazione di una nuova e minore pena per il (fumosissimo) reato di “traffico di influenze”.
Chiaramente prostrato dalle lungaggini della Giustizia italiana, l’ex-ministro scelse di patteggiare quella pena residua, fissata in 22 mesi, a cui, per altro, non fu possibile applicare i benefici della condizionale, a causa di piccoli precedenti di natura squisitamente militante e politica, risalenti alle non facili attività da lui svolte, tra gli anni ’70 e ’80, alla testa del Fronte della gioventù di Roma e dell’intera Italia.
Come ha giustamente rilevato in una nota anche il professor Augusto Sinagra, noto penalista di fama nazionale, la discrezionalità, con cui operano, nell’applicazione e nella supervisione delle misure alternative al carcere, sia i magistrati che le forze dell’ordine preposte, sollevano ancor più perplessità nella decisione di privare della libertà personale “un cittadino che, in più, nel caso dell’onorevole Gianni Alemanno, riflette una sua notorietà e dunque una sua “controllabilità” che non giustifica l’ingiusto provvedimento e non giustifica soprattutto la sua asserita urgenza”.
Per altro, Alemanno aveva giù presofferto – come si usa dire in questi casi – gran parte della pena patteggiata che, verosimilmente, si sarebbe estinta alla fine del prossimo aprile. Perché, quindi, questa rigidità nei suoi confronti, tale da far pensare a un accanimento?
Per ora, non è dato saperne di più, dal momento che, portato a Rebibbia la sera del 31, Alemanno non ha potuto nemmeno prendere contatti coi suoi avvocati, logicamente distratti dalle festività di fine anno. Addirittura, causa le ferie di buoa parte del personale, l’istituto di pena della capitale si è visto costretto anche a negare il permesso di una visita in data odierna, richiesta dal consigliere regionale del Lazio, Luciano Crea, il quale ha dovuto rimandare a domani anche la possibilità di portare ad Alemanno il conforto e la solidarietà che, verso di lui, viene indirizzata da tutta Italia e non solo dai militanti e dai dirigenti del suo partito.
Dunque, bisognerà aspettare – fino a 30 giorni da ieri – che una camera di consiglio, sempre del Tribunale di sorveglianza, valuti il provvedimento adottato contro Gianni Alemanno, decidendosi sul da farsi. Cosa rischi l’uomo politico è presto detto: pur se è impossibile anche solo immaginare come, anche nell’ipotesi di una conferma dell’affidamento ai servizi sociali, i giudici non concedano gli arresti domiciliari; il pericolo maggiore, in quel caso, è che vengano, anche solo parzialmente, disconosciuti i mesi che hanno già visto Alemanno limitato nei suoi spostamenti e nelle sue libertà personali e politiche, annullando, di fatto, la pena da scontare.
Un’eventualità gravissima che, almeno da parte della sua comunità umana e politica, non potrebbe che essere interpretata come un’inaccettabile e ingiusto atto repressivo, ai danni di una personalità politica – tra le pochissime in Europa – appassionatamente e disinteressatamente impegnata per la pace tra Russia e Ucraina e in Medio Oriente. E questa sensazione non alberga solo nell’animo degli aderenti a Indipendenza!, ma anche in quello di personaggi come Fabio Filomeni, braccio destro di Roberto Vannacci, o di Marco Rizzo, noto esponente della Sinistra radicale.
Massimiliano Mazzanti
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