Aaron Bushnell, martire ebreo per la Palestina libera – Si chiamava Aaron Bushnell, aveva 25 anni, era ebreo, aviatore specialista in operazioni di difesa informatica presso il 531st Intelligence Support Squadron nella base di San Antonio-Lackland, in Texas.
Non sarò complice del genocidio
Lo scorso 25 febbraio si è recato presso il cancello dell’ambasciata israeliana a Washington e ha dato corso alla sua protesta, trasmettendola in diretta streaming. Ha prima denunciato ciò che il popolo palestinese ha vissuto in Palestina per mano dei suoi colonizzatori e quindi ha dichiarato che lui non sarà più complice del genocidio.
Si, ha proprio pronunciato quella parola, che tanto scandalo suscita quando non è riferita in esclusiva al popolo ebraico. Poi si è cosparso di benzina e si è dato fuoco, ripetendo, fino a quando le forze glielo hanno consentito: Palestina libera!
La brutalità dell’IDF
Questo gesto estremo ci parla di un mondo che non è più disposto ad accettare l’arroganza, la violenza, l’ingiustizia conclamate. Quello che sta accadendo a Gaza non è una guerra, è un’orrenda mattanza, in cui uno degli eserciti più forti del mondo, probabilmente il meglio attrezzato dal punto di vista tecnologico, si scatena senza limiti e senza più controllo contro una popolazione inerme.
Si può ripetere all’infinito Eh, ma il 7 ottobre… Eh ma Hamas, il terrorismo…
Si può continuare con la tiritera dell’unica democrazia del Medio Oriente, ma la realtà è lì, davanti agli occhi di tutti, a prendere a schiaffi le tiepide dichiarazioni dei governi occidentali, le misuratissime parole di condanna della marcescente UE, gli ipocriti programmi di aiuti alla popolazione da parte statunitense.
Quasi 31 mila morti, di cui gran parte donne e bambini. Un numero imprecisato di dispersi sotto le macerie.
Feriti che non possono essere curati perché gli ospedali sono rasi al suolo, i medici sono stati uccisi, le medicine mancano, ferme al di qua del confine con l’Egitto, bloccate dalle strettissime maglie dei controlli israeliani. Voltarsi dall’altra parte non è più possibile.
Reagire è un dovere
Ad Aaron Bushell non importava di appartenere allo stesso popolo dei “colonizzatori”, di essere membro delle forze armate degli Stati Uniti, nazione che sostiene ed arma Israele. Nazione che, con i suoi reiterati veti all’ONU, ha impedito il cessate il fuoco e permesso la continuazione del bagno di sangue palestinese.
Aaron Bushell, come i circa 1500 intellettuali ebrei statunitensi che lo scorso 2 novembre hanno espresso la propria protesta contro il genocidio di Gaza -si, anche loro lo hanno chiamato così…- , come i tanti israeliani contrari all’oppressione dei palestinesi: persone libere, in cui il senso di giustizia e l’orrore verso uno sterminio prevalgono sull’appartenenza etnica.
Lo ripetiamo quel termine, “genocidio”, che ha scatenato la censura RAI contro il cantante Ghali, che ha provocato le dimissioni del presidente dell’ANPI milanese -ma guarda un po’! – Roberto Cenati, in polemica con l’ANPI nazionale per la posizione rispetto ai fatti di Gaza.
La ripetiamo, la parola “genocidio”, come ha fatto Bushell, prima di immolarsi tra le fiamme. “Palestina libera!” ha continuato e continua a gridare Bushell alle nostre coscienze.
Raffaele Amato
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