Giovanni Toti, sono solo affari suoi ?
Bisogna cambiare punto di vista, smetterla col garantismo e prendere atto che i politici italiani siano tutti ladri, profittatori e malfattori.
Perché mai difendere Giovanni Toti, senza conoscere esattamente la natura delle accuse, la qualità degli indizi, l’impianto accusatorio nella prospettazione completa del sostituto procuratore? Affari suoi e dei suoi legali.
Ciò premesso, perché se tutti i politici sono delinquenti, solo alcuni vengono arrestati e altri no?
Perché per alcuni le Procure aspettano che il calendario segni una data significativa, per emettere un provvedimento, mentre altri vengono indagati a una certa distanza dai “periodi caldi”?
Toti colpevole!?!
Toti è sicuramente colpevole – non è affatto certo, ma non è meglio non passare per un suo fan -, ma questo toglie qualcosa al ragionamento di Carlo Nordio, circa l’applicazione tardiva di misure cautelari che dovrebbero presidiare l’integrità delle indagini e, per tanto, essere richieste e concesse all’inizio di un’investigazione e non già al suo termine?
Di malfattori la politica nostrana è piena, ma, a ogni inchiesta che si apre, non cresce lo sdegno per una classe politica indecente, ma solo la consapevolezza che esiste un gigantesco squilibrio tra i poteri dello Stato e un devastante dilagare della magistratura al di fuori del suo perimetro costituzionale.
La giustizia non è tale, se viene applicata in modo formalmente corretto, ma selezionando accuratamente gli indagati, stabilendo sulla base di ragionamenti fideistici quali meritino di diventare imputati e quali, di contro, possano godere d’ogni garanzia prevista dai codici.
Non si tratta di attaccare i giudici e difendere i politici, ma di rendersi conto che è il sistema intero a essere marcio: politici e giudici insieme.
E dirlo non è populismo, ma cinico realismo.
Un esempio concreto
Un esempio concreto per dimostrare questa tesi? Pochi giorni or sono, un quotidiano, ripreso simpaticamente da Maurizio Crozza, ha denunciato come la filiale di Montecitorio conceda ai suoi correntisti, cioè, a tutti i parlamentari di qualsiasi colore, interessi del 5.6% sui depositi.
I deputati non incassano uno stipendio, in Italia, ma accantonano un investimento remunerato come i titoli ad alto rischio di un paese del Terzo Mondo.
Ebbene, questo scandalo delle banche che concedono tassi d’interesse al di fuori della normale logica del mercato finanziario a precise categorie professionali non è nuovo.
Marco Travaglio non lo può scrivere, perderebbe buona parte dei suoi lettori, annidati in massa tra Procure e Tribunali, ma saltò fuori all’epoca dello scandalo dei mutui, tra fine ‘90 e inizio 2000, quando qualcuno si accorse che ai magistrati quasi tutti gli istituti di credito accordavano condizioni sui conti correnti a dir poco fantascientifiche.
Ora, è talmente noto da essere diventata una battuta, il fatto che leggi bancarie le scriva l’Abi e che trascinare in una causa una banca equivalga, il più delle volte, al suicidio.
Non basterebbe ragionare su questo, per comprendere come quei tassi d’interesse costituiscano un’arma di corruzione di massa?
Corruzione che coinvolge, sì, quasi tutti i parlamentari e i senatori, ma anche gran parte delle “toghe”.
E, allora, di cosa si parla mai, in questo Belpaese?
Se gli italiani vogliono continuare a essere spettatori passivi di una brutta fiction di guardie e ladri, in cui, in realtà, non si capisce chi interpreti un ruolo o l’altro, si tengano pure i Toti, gli Emiliano e chissà chi altri, ma anche i ricchissimi “mandarini” che amministrano la giustizia come se fosse cosa loro, quei magistrati che non dividono il grano dall’oglio per migliorare il raccolto e produrre farina migliore, ma solo per far sì che il grano resti ben distinto dal resto.
E i politici smettano di strillare contro la magistratura, ogni qual volta qualcuno di loro cade nella rete, giustamente o meno, poco importa: hanno nelle mani il potere di cambiare il sistema – paradossalmente, anche a beneficio di interessi sporchi -, ma, da trent’anni, si riempie loro la mutanda, ogni qual volta i giudici additano una proposta di riforma come antidemocratica, pericolosa, come deriva verso chissà quale disastro.
A dimostrazione che, se veramente sono tutti malfattori, tutt’al più sono e possono essere solo ladri, neanche veri e propri banditi.
Massimiliano Mazzanti
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