Pretoria va a L’Aia – Fosse avvenuto in altre epoche ne avremmo letto in saghe di avventure, di dei e di battaglie con i protagonisti, certo astuti ed intrepidi, che attraversavano deserti cattivi, altopiani grandiosi, cascate e laghi dell’Africa nascosta, poi il tiepido Mediterraneo e tutta l’Europa fino ai confini con le immense terre scandinave.
È accaduto, invece, ai nostri giorni e per la delegazione sudafricana è bastato un clic per arrivare all’Aia, in quel tribunale che dovrebbe giudicare i crimini più odiosi, quelli contro gli inermi, contro i popoli.
Tanto di cappello al Sud Africa
Eppure, il gesto del Sudafrica ha comunque qualcosa di epico e grandioso perché una nazione devastata da una guerra civile silente, una nazione che è dall’altra parte del continente più grande del mondo e che quando si affaccia al mare ha difronte solo l’Antartide, ha sentito l’urgenza morale di denunciare un paese potentissimo, piccolo e brutale, in un fazzoletto di terra distante 9000 chilometri.
Con un ingombrante pacco di fogli che, in mano alla Meloni, sarebbe servito ad accendere il caminetto, Pretoria chiede a L’Aia di dichiarare che le malefatte israeliane si chiamino genocidio.
Poco ci vuole perché i giudici convengano con il Paese africano e dichiarino che Israele sta effettivamente compiendo atti illeciti e precisamente: alcune accuse contro Tel Aviv rientrano nel perimetro della Convenzione sul Genocidio del 1948.
La miopia europea
Noi, quasi vicini di casa di Israele, ci siamo talmente affezionati che non ce ne eravamo accorti! A Pretoria sì, sarà la presbiopia per la quale si vede bene ciò che è lontano.
Come gli innamorati che non scorgono difetti nell’amato o, se li scorgono, li giustificano, così a noi erano sfuggite le cementificazioni dei pozzi, il divieto d’ingresso agli aiuti umanitari, gli espropri, le torture e l’omicidio di migliaia di bambini.
Resi indulgenti dalla passione abbiamo ribattezzato il tutto con il termine difesa.
L’Aia, malgrado sia un tribunale ONU, ha ricordato che un genocidio non può essere mai una difesa.
L’opzione nucleare di Netanyahu
Non l’avesse mai fatto! Netanyahu, poveretto, è rimasto fulminato da quelle parole a lui rivolte – a luuuiiiii – lui che tanto si è impegnato per la pace immediata ventilando la possibilità di una atomica su Gaza.
Lui che in un minuto vorrebbe risolvere la questione palestinese. Un minuto atomico e niente più guerra.
Se non è pacifismo il suo…
I tedeschi gli hanno dato ragione, gli Usa pure e noi anche, particolare, l’ultimo, che è superfluo citare dato che la nostra politica estera è decisa da Washington da quando, a.D. 1945, ci hanno resi liberi di fare quel che dicono loro.
Ora si aspetta la risoluzione
Ora che il tribunale dell’ONU ha ricordato al mondo che bombardare un popolo che è a casa sua per togliergli la terra ed il diritto all’esistenza si chiama sterminio e non difesa, i giornalisti italiani ed il governo della bionda, avessero un popolo decente alle spalle, sarebbero in una qualche difficoltà.
L’ONU che hanno citato ad ogni piè sospinto quando il macellaio doveva essere Putin, ora che il macellaio è l’ebreo, lo stesso identico ONU, non è più attendibile?
Anche l’ONU è diventato terrorista, antisemita, pro-Hamas?
Viviamo in un tempo in cui politica e giornalismo hanno smesso le vesti dei commedianti per vestire quelle dei guitti… tragici, impietosi, crudeli, vigliacchissimi guitti.
Irma Trombetta
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