Elezioni USA: tra false flag e la demenza di Biden, aspettiamoci di tutto – Le presidenziali americane si svolgeranno a novembre, fra dieci mesi. Se si votasse oggi, non ci sarebbe storia: Trump asfalterebbe Biden.
E questa volta il risultato sarebbe così rotondo da non poter giovarsi neanche di qualche provvidenziale aiutino, come quelli che i trumpiani sospettano siano stati usati nella tornata precedente.
A proposito, perché non si è sgombrato il campo dai sospetti? In fondo, sarebbe bastato relativamente poco per una verifica volta ad appurare che i voti realmente espressi corrispondessero a quelli elaborati dai computer di qualche mega società dell’universo big tech.
Sia andata come sia andata in passato, questa volta ci saranno pochi spazi per gli aiutini di un certo livello. Per gli aiutini minori, invece, temo che si continuerà come al solito, ma ciò non dovrebbe incidere sui grandi numeri.
La valanga Trump
Ma lasciamo stare queste considerazioni e veniamo al dunque.
Trump, al momento, appare inarrestabile. Nonostante non sia proprio un simpaticone, e nonostante la miriade di azioni giudiziarie promosse contro di lui.
L’elettorato, evidentemente, non ci crede. Anzi, crede che si tratti di trappole organizzate ad arte per metterlo fuori gioco. Certamente, i servizi di certi fortissimi poteri che manovrano i destini degli USA (e del mondo) potrebbero tentare una mossa disperata: mettere un’arma in mano al mentecatto di turno e spedirlo a compiere un attentato alla vita del candidato repubblicano.
False flag in arrivo?
Male che vada, si potrà imputare il tutto al solito fanatico isolato, magari poi abbattuto da un provvidenziale proiettile vagante. Oppure cercare un mentecatto dell’altro fronte e mandarlo ad attentare a Biden.
In questo caso, si potrà anche montare la solita cagnara contro i gruppi di estremisti di destra da cui sicuramente si scoprirà provenire l’attentatore.
Certo, una cosa del genere sarebbe possibile, ma non probabile. Penso piuttosto che il Deep State interverrà sulle strutture ufficiali del Partito Democratico perché mettano a riposo il vecchietto della Casa Bianca.
Con le buone o, se necessario, con qualche pressione non proprio gentile.
Lo stesso can-can di questi giorni potrebbe rientrare in tale quadro, con un alto magistrato che assolve Biden da accuse specifiche, ma che trova il modo per infilare nella sentenza alcune considerazioni – non proprio pertinenti – sulla memoria del Presidente.
Ed a questa strana sentenza ha subito fatto séguito una miriade di riflessioni – non proprio lusinghiere – provenienti dal campo democratico sulla lucidità mentale del povero Biden.
La presunta demenza di Biden
Ma, guarda un po’, adesso scoprono l’acqua calda, dopo avere fatto finta di nulla per anni, quando ancóra si credeva – sarà un caso – che Trump potesse essere fermato dalle inchieste della magistratura.
Eppure, lo stato delle cose era chiaro a tutti. Anche noi in Italia ne abbiamo parlato con dovizia di particolari (e di documentazione fotografica).
Si veda, per esempio, il pezzo pubblicato su “Social” del 29 aprile 2022. Si intitolava Dietro Biden c’è Obama, dietro Obama c’è Soros, e riferiva di due video che circolavano sul web: Il primo mostra Biden errare imbambolato durante un ricevimento ufficiale, ignorato da un pubblico che riserva le sue attenzioni unicamente a Barack Obama, che é chiaramente la star della serata. Nessuno si fila il Presidente, che si dirige con lo sguardo nel vuoto verso la direzione opposta. Il secondo video mostra Biden che conclude un intervento ufficiale, si volge verso la sua destra e stende la mano a salutare qualcuno… che non c’è.
Impiega forse una decina di secondi per rendersi conto che da quella parte non c’é nessuno. Altra svolta a destra, volgendo il viso al muro e le spalle al pubblico, altri interminabili secondi di imbarazzo generale. Infine, una terza virata di 90 gradi – quella buona – e l’incedere con passo malfermo verso la direzione giusta.
E allora? Si può credere che queste cose fossero chiare ad un modesto settimanale nella remota Sicilia, e sfuggissero invece agli autorevoli columnist del “New York Times” o del “Washington Post”?
Se ne sono accorti solo ora?
Evidentemente il quadro è cambiato: adesso è chiaro che Biden andrebbe incontro ad un disastro sicuro, e si tenta di correre ai ripari. Il vecchietto va eliminato dalla scena politica, possibilmente nel modo più soft.
Gli verrà imposta la pensione anticipata?
O, occorrendo, anche ricorrendo alle maniere forti.
Che so? Una inchiesta sul figlio Hunter, quel gentiluomo che è stranamente diventato pezzo grosso della Burisma, la potente holding ukraina che vorrebbe mettere le mani sul gas del Donbass.
E qui mi fermo, anche se sono fortemente tentato di andare aventi sul versante ucraino, molto avanti.
Torniamo alle prossime presidenziali americane.
Ipotesi Michelle?
Nella impossibilità di fermare Trump, i poteri forti devono a tutti i costi fermare Biden. Al suo posto, nella sfida con il tycoon repubblicano, dovrà andare Michelle Obama. Stesso clan, stesso ambiente, stessi santi in Paradiso.
Mancano dieci mesi a quelle che sono le elezioni più importanti dell’orbe terraqueo. Dieci mesi in cui potrà accadere di tutto. E non solo in America.
Michele Rallo
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