Ghali vuole fare l’italiano vero ma canta in arabo – Il Festival della fu canzone italiana gorgoglia come lo scarico di un lavandino.
Fortunatamente, sollevato il tappo, l’indegno spettacolo svanisce in un batter d’occhio. Sanremo non è più una competizione canora, bensì una tribuna politica che propaganda e veicola messaggi pro-LGBT, pro immigrazione e integrazione, pro obbligo vaccinale, pro abbattimento della tradizione e della cultura italiana.
Il palco dell’Ariston è una vetrina radical chic che annovera da anni personaggi, lautamente pagati con soldi pubblici, che sanno dare il peggio di sé, scritturati – leggi arruolati – da un’organizzazione in perfetto stile antinazionale, che persegue una politica antiitaliana, secondo l’assunto Essere italiano in Italia è un reato da punire con il massimo della pena o è un peccato mortale.
I nuovi eroi italiani
Tutto ciò che è italiano passa in mano straniera, pezzi di un’Italia che fu prendono il volo solo andata, così come tutto ciò che è straniero prende il largo per arrivare, restare, mettere radici. Il Festival canino più che canoro passa alla storia di anno in anno tra latrati sempre più acuti di eroi ed eroine che nulla hanno a che spartire con quelli della Roma dei Cesari e degli Augusti.
Non è passata inosservata la prestazione del rapper tunisino Ghali, non nuovo a farsi paladino di una sub cultura straniera che pretende si sostituirsi a quella italiana, coltivata nell’humus delle periferie delle grandi metropoli, Milano in testa.
La strategia è chiara
La strategia di fondo è limpida, cristallina: importare quanti più soggetti possibili ed oltre, che occupino le città, che si impongano sui giovani italiani autoctoni ormai ridotti al lumicino e facile preda della violenza e dell’influenza di questi rappresentanti di un progressismo fagocitante la Nazione.
Alla conquista territoriale condotta importando soggetti in età da guerriglia e pronti ad eseguire gli ordini, si affianca un’operazione di distruzione delle radici culturali. Personaggi come Ghali ed affini assolvono dunque ad una funzione precisa, ma Sanremo è comunque Sanremo, è tutto e il contrario di tutto, ed il cortocircuito che è parte dello spettacolo non tarda ad arrivare: le parole spese da Ghali contro Israele hanno adirato il padrone che ha subito rimesso a cuccia il cane, ovviamente senza un riferimento diretto, perché certe cose è dovuto dirle, ma nomi è bene non farne.
All’Ariston si segue un copione che solo gli sprovveduti seguono sordi e alla cieca. Che lo si guardi da destra o da sinistra il Festival della fu canzone italiana gorgoglia come lo scarico di un lavandino. Fortunatamente, sollevato il tappo, l’indegno spettacolo svanisce in un batter d’occhio, benché a volte persista lo strascico del cattivo odore.
Cristian Borghetti
Il 2diPicche lo puoi raggiungere
Attraverso la Community WhatsApp per commentare le notizie del giorno:
Unendoti al canale WhatsApp per non perdere neanche un articolo:
Preferisci Telegram? Nessun problema: