Terra, popolo e alimentazione pt.1 – La fanfara fanfarona della sostenibilità ambientale, è oggi più che mai meritevole di smentita e censura e le legittime proteste, ad oggi fondate, civilissime e non eterodirette, degli agricoltori (ed allevatori) di mezza Europa, sono lì a ricordarlo.
Il grido di dolore degli agricoltori
Il disagio di un mondo produttivo, quello dei campi e della terra, da decenni vessato, discriminato e scelto come vittima sacrificale dai tecnocrati di Bruxelles e dei loro complici negli istati membri della Ue, è sotto gli occhi di tutti; trascurarlo, o ridurlo alla solita periodica manifestazione folcloristica della mucca Ercolina, sarebbe un errore gravissimo.
Per il futuro dei popoli europei, se mai continueranno a esistere, e delle generazioni future.
Generazioni future che si spera acquisiscano una consapevolezza critica al di là degli slogan gretini e delle inutili devastazioni vandaliche del patrimonio artistico e culturale.
Difendere gli agricoltori, difendere la terra
Difendere il diritto degli agricoltori a produrre, senza dover svendere (quando non a distruggere in nome di surreali quote) i propri prodotti, con legittime aspettative di sopravvivenza per le loro aziende e le loro famiglie e soprattutto senza essere indotti a liberarsi delle loro fonti di sostentamento da disegni speculativi e vampireschi, non è solo un dovere di chi abbia a cuore la civiltà Europea, ma una autentica emergenza e necessità.
Una civiltà erede di quella ancestrale delle tradizioni popolari, di una sana, semplice cultura famigliare legata alla casa e alla terra, oggi per converso minacciata da aggressive logiche di un capitalismo sovranazionale apolide e speculativo.
Il folle disegno UE
Lo stesso capitalismo che vuole ridurre sul lastrico migliaia di lavoratori che da secoli sfamano le popolazioni Europee, e pretende di farlo, imponendo al mercato (e quindi ai consumatori), da un lato deliranti proibizioni e lacci burocratici privi di alcuna giustificazione, dall’altro metodi di coltivazione assurdi, produzioni meccanizzate e sintetiche di laboratorio, organismi Ogm, e quant’altre immondizie di importazione a basso costo, in nome di una produttività massiva con un tasso di dannosità e insalubrità inversamente proporzionale alla qualità sacrificata.
E allora, dopo questa premessa teorica, è auspicabile che anche i consumatori siano invogliati, senza doppi fini o pseudo rivelazioni utili solamente a scoop fuoco di paglia, a nuove forme di acquisto consapevole, da intendersi anche come gesto politico, di auto tutela nazionale, oltre che doverose per un mangiare sano e cautelativo per la salute fisica.
Luca Armaroli
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