Disney punita dal botteghino fa marcia indietro sulla propaganda woke – Continuano a non avere pace le fiabe che hanno fatto sognare intere generazioni.
Questa volta a sferrare il colpo è lei, Paola Cortellesi, reduce dal grande successo del suo primo film “C’è ancora domani”.
L’attrice e regista, ospite d’onore all’inaugurazione dell’anno accademico all’università Luiss Guido Carli, ha riportato un monologo avente ad oggetto uno dei temi più cari all’ intellighenzia sinistra e di conseguenza al politicamente corretto: il sessismo nelle fiabe.
La Cortellesi che non fa ridere
La Cortellesi ha infatti puntato il dito contro le fiabe intrise di stereotipi: “Siamo sicuri che se Biancaneve fosse stata una cozza il cacciatore l’avrebbe salvata lo stesso? Perché il principe ha bisogno di una scarpetta per riconoscere Cenerentola, non poteva guardarla in faccia?”.
E ancora: Biancaneve faceva la colf ai sette nani!
La condanna della regista sta nel modo in cui le principesse vengono rappresentate, ossia come donne non valorizzate e di conseguenza non apprezzate per le loro doti, in quanto descritte principalmente come donne belle, ingenue e incapaci di salvarsi senza l’aiuto del principe di turno.
Un’arringa contro le fiabe sessiste che ricorda quella di Rachel Zegler – volto del tormentato remake Disney di Biancaneve. Non per nulla, la scorsa estate, l’attrice aveva criticato aspramente la prima versione del film: “Voglio dire, il cartone animato originale è uscito nel 1937 ed è una cosa che oggi è davvero, davvero evidente. Ci si concentra tantissimo sulla storia d’amore tra lei e questo tipo che letteralmente le fa stalking. Inquietante, davvero inquietante, non faremo così stavolta”.
Un principe che diventa addirittura uno stalker, al punto da cancellarne la presenza nel live action che uscirà nel 2025.
Infatti, Biancaneve, come cultura woke comanda, si salva da sola.
Alla Disney cominciano a farsi qualche domanda
Un live action che, in realtà, sarebbe dovuto uscire il 22 marzo 2024 anziché il 21 marzo dell’anno prossimo.
Questo, non solo per gli scioperi che hanno bersagliato Hollywood, ma anche per ulteriori rimaneggiamenti nella pellicola, in nome della qualità e per scongiurare nuovi flop al botteghino.
Sembra, infatti, che il politicamente corretto sia stato una vera e propria mela avvelenata per la Disney, in quanto la multinazionale ha vissuto un’annata nera per gli incassi al botteghino.
Una situazione così disastrata da aver fatto alzare le antenne allo stesso Ceo, Bob Iger, il quale, in un recente incontro pubblico, ha dichiarato: Dobbiamo concentrarci sull’intrattenimento, non sui messaggi, spiegando che le storie con messaggi positivi per il mondo possono essere fantastiche, ma non dovrebbero essere imposte al pubblico.
Le perdite faraoniche
Aspetto, questo, che si è verificato talvolta, anche e nonostante lo scetticismo di tanti, troppi spettatori.
Secondo l’economista Jonathan Turley, la Disney avrebbe perso almeno un miliardo di dollari a causa dei quattro recenti film di ispirazione Woke.
E, a proposito di disastri politicamente corretti, tra gli ultimi c’è da ricordare “Wish”, la cui protagonista è la ragazza di un regno fantastico dove un re senza cuore ha il potere di controllare i desideri dei sudditi.
Un film uscito nelle sale americane il 22 novembre, sbarcato in Italia il prossimo 21 dicembre e costato circa 200 milioni di dollari ma, in meno di un mese, ne ha incassati solo 81 in Nord America e nei paesi in cui la pellicola era disponibile nei cinema.
Tutto questo contro gli anni d’ oro della Disney, dove regnavano storie oggi considerate maschiliste e xenofobe ma sicuramente prive di mele avvelenate per il botteghino.
A tal proposito basti pensare a “La Bella e la Bestia”, 25 milioni di budget e 425 di incasso, “Aladdin”, 28 milioni di budget e 504 di incasso, ed “Il Re Leone”, costato 45 milioni (un record per l’epoca), che si avvicinò al miliardo di dollari di incasso globale.
Ebbene sì, paradossalmente, quanto riportato dalla Cortellesi a conclusione del monologo “Rimanete originali, siate pazzi, ma non per forza straordinari” sta proprio nell’ abbandonare, una volta per tutte, la cultura di cui la stessa regista è portavoce.
Nemes Sicari
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