Il segreto di Stato sull’asservimento atlantico
In queste ore, in Commissione parlamentare per il controllo dei servizi segreti, è iniziato l’esame del decreto per il nuovo invio di armi all’Ucraina.
Il Copasir è forse l’unica sede di lavoro estremamente seria per i deputati e i senatori che vi sono impegnati e in cui la riservatezza delle discussioni e delle decisioni è veramente rispettata.
E qui, direbbe il grande napoletano, casca l’asino.
Perché gli aiuti militari all’Ucraina sono coperti da segreto di Stato?
A chi non si deve far sapere in che misura e in quali modalità Roma aiuta Kiev nella guerra contro Mosca?
Gli USA
Dell’impegno americano, per esempio, si sa praticamente tutto, compresa la trama di ricatti senatoriali che accompagna questo genere di decisioni, al punto da far naufragare le intenzioni di John Biden sotto le onde tumultuose della volontà repubblicana di porre un argine all’immigrazione dai paesi di lingua ispanica.
Se la Russia può essere tenuta al corrente delle schermaglie statunitensi al Congresso, in materia di Ucraina, perché mai dovrebbe restare all’oscuro di ciò che avviene a Montecitorio e a Palazzo Madama?
L’Italia, per altro, non è – e non può essere – formalmente in guerra con nessuno e la “strategia” che persegue, con gli aiuti militari a Volodymyr Zelenski, è all’insegna della “deterrenza”: si fornisce materiale bellico a uno dei due contendenti affinché l’altro si senta costretto a perseguire la via della pace e a desistere dalle sue più radicali intenzioni, sapendo che lo sforzo da sostenere potrebbe risultare più alto di qualsiasi vantaggio ottenibile con la guerra.
In questa logica, il “segreto di Stato” sugli aiuti militari all’Ucraina dovrebbe essere controproducente o, quanto meno, inutile, dal momento che, più prima che poi e “sul campo”, i russi scopriranno comunque con che cosa si dovranno confrontare.
Se si intendesse spaventarli, bisognerebbe, semmai, dare ampia pubblicità alle dimensioni del contributo italiano alla lotta di Kiev. Dunque, la ragione di questo segreto è ben altra o, meglio ancora, colui che non deve sapere cosa si spende per l’Ucraina non è affatto Vladimir Putin, ma il popolo italiano, specialmente nei giorni in cui va in votazione la “finanziaria” che non sarà certo “leggera” per il Paese, al di là di come verranno redistribuite le provvidenze tra questa o quella fascia sociale.
Governo e opposizioni d’accordo
Ed è – a dir poco – incredibile che, in questa scelta di tenere gli italiani all’oscuro di quanto si spende per l’Ucraina, si ritrovino perfettamente d’accordo maggioranza e le opposizioni-finzioni del Pd e dei 5 Stelle, a dimostrazione di quanto sia grottesco il “teatrino” della politica nostrana attuale.
Anzi, da questo punto di vista, l’atteggiamento di Elly Schlein e di Giuseppe Conte è di gran lunga peggiore di quello di Giorgia Meloni: la premier, infatti, persegue un suo disegno politico internazionale – scellerato, per molti osservatori, ma non certo privo di coerenza -; i leader dell’opposizione, di contro, recitano a soggetto, privandosi per di più di un formidabile argomento polemico e rendendo ridicola ogni altra contestazione sull’uso e la redistribuzione delle risorse residue di cui può disporre il governo al netto delle spese militari, delle conseguenze dirette e indirette delle sanzioni, della ricaduta sull’economia interna delle scelte di politica internazionale.
Non c’è alcuna ragione reale, nessun interesse strategico o vitale a giustificazione dell’apposizione del “segreto di Stato” sulle spese per Kiev, se non la necessità di nascondere agli italiani il tasso di “asservimento atlantico” raggiunto dalla classe dirigente del Paese.
Il segreto è per gli italiani
Inoltre, causa questo stesso segreto, all’opinione pubblica non è solo nascosta la dimensione del finanziamento, ma anche la modalità d’impiego: spendiamo soldi dei pensionati e dei contribuenti italiani per sprecare in Ucraina materiale bellico almeno di produzione italiana, oppure li spendiamo per saldare i conti dell’industria bellica “alleata”?
Se si considera ciò di cui hanno – o avrebbero – bisogno gli ucraini, è difficile pensare che quel materiale sia “made in Italy”. Sicuramente sarà sbagliata, ma la sensazione è che l’Europa sia chiamata – e l’Italia non agogni altro che a essere la prima e la più generosa in tutto questo – a ripianare i buchi che la risolutezza dei senatori americani sta creando nel “bilancio” dell’impresa bellica contro la Russia.
Una sensazione che, però, data l’apposizione del “segreto di Stato”, è destinata, almeno pare, a restare tale, a non trasformarsi in certezza.
E questo per volontà e “accidia” del Pd e dei “grillini”.
Massimiliano Mazzanti
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