Generale Vannacci: una promozione controversa – Roberto Vannacci non è stato comandato alla guida delle nostre truppe sul campo di battaglia per sconfiggere e distruggere i saraceni, gli ottentotti, Annibale alle porte o per respingere dall’”amate sponde del fiume sacro alla Patria” l’orda asburgica.
Guido Crosetto e la stampa progressista – curiosamente uniti nella lotta – si sgolano in queste ore, pur di ridimensionare la nomina ottenuta dal generale, reo di aver scritto un libro che, per altro, deve proprio al ministro e ai commentatori di sinistra il clamoroso successo ottenuto.
Come dovrebbero ben sapere Crosetto e i cronisti del “mainstream”, che un generale di divisione dell’Esercito sia chiamato a compiti burocratici e a dir poco una banalità: l’unità operativa più grande in cui sono inquadrate le nostre truppe, da lustri e lustri, sono le brigate, quelle al cui vertice stanno i generali con una sola stelletta.
Non essendo in guerra con nessuno, almeno formalmente, quando si è stati al vertice di una brigata, il futuro per la stragrande parte dei generali è solo la pensione.
Una piccolissima aliquota acquista per meriti la seconda stelletta, mentre alla terza arrivano si è no una manciata di alti ufficiali.
Tutti in ruoli vari di coordinamento.
Uno dei pochi al vertice
Dal punto di vista della concretezza, Vannacci è uno dei pochi che è arrivato quasi al vertice, facendo prima il soldato sul serio anche con l’aquila rosso bordata sul berretto.
Spesso, infatti, il ruolo operativo si esaurisce col comando di un reggimento, quando si è colonnelli.
Per tanto, dichiarare che non sia una promozione stare alla scrivania dello Stato maggiore delle forze terrestri, piuttosto che a smazzare carte geografiche a Firenze, francamente fa un po’ ridere.
Tanto più che la Sinistra, dopo aver sbraitato che sarebbe solo un compito burocratico, quello affidato a Vannacci, si chiede come mai, invece, non sia stato cacciato, come auspica da molti mesi ormai.
D’altro canto, se bisogna proprio misurare l’importanza di un grado militare dal numero dei superiori a cui si è sottoposti, oggi Vannacci ha certamente più alti ufficiali alle sue dipendenze, di quanti non saranno quelli – due, forse tre – a cui dovrà render conto del suo operato.
Come s’usa dire in caserma, è più facile che “venga salutato”, piuttosto che “debba salutare”.
Una promozione controversa
Semmai, c’è da chiedersi se questa nomina, che non interrompe l’iter di deferimento alla commissione disciplinare interna, non sia funzionale, nella testa di qualcuno, al trascorrere di un tempo utile a impedire allo stesso Vannacci di trasformare un’eventuale, inaccettabile sanzione in un trampolino di lancio per le prossime elezioni.
Qualche “stratega” potrebbe aver anche pensato qualcosa del genere, ma sarebbe, in quel caso, solo un problema del signor Vannacci.
L’onore e il prestigio del generale, per ora, sono stati rispettati come dovuto.
E questo è quanto basta agli italiani che hanno a cuore le sorti e il prestigio del nostro Esercito.