Edificare il Regno di Sardegna – Abbiamo un Regno? Occorre crearne la classe dirigente, non si scappa
Dobbiamo interiorizzare questo concetto che all’apparenza sembra semplice perché di facile interpretazione, ma difficile nel momento in cui ci sia da fare sul serio.
I pionieri
I fondatori di qualsiasi nuovo contesto sono letteralmente dei pionieri che generalmente non vedono l’apice di quello che fondano ma soltanto il duro lavoro iniziale, ed è da questo che nel nostro caso si parte: non ci sono né gloria né denaro di cui coprirsi; quindi, l’ambiente che darà la spinta iniziale sarà umanamente genuino inquanto composto esclusivamente da idealisti.
Tornare al 1847?
Bisogna capire che dal 3 dicembre 1847 (data in cui ci si inventa di sana pianta la fine del Regno di Sardegna) ad oggi di acqua sotto i ponti ne sia passata parecchia, e che naturalmente non esiste né la macchina del tempo e nemmeno nessuno in vita degli attori politici del tempo.
In altre parole, per chi davvero ci crede come il sottoscritto, ci si riunisca e ci si confronti in una prima assemblea che stabilisca il nucleo umano da cui si parte e si inizi con la massima serenità e tranquillità a darsi dei ruoli.
La macchina legislativa
Non bisogna trascurare che prima di addentrarsi nei meandri dei documenti storici si debba necessariamente ritrovarsi attorno a dei valori, dei principi morali, degli ideali nei quali poi si procederà via via a scrivere i nuovi documenti per il superamento sia di un lontano metà Ottocento, sia di una terribile età moderna (sempre in riferimento ai documenti del 1847 e della situazione attuale).
Bisogna capire che non si possa prescindere dal darsi un’organizzazione simile ad un parlamento, compreso il suo funzionamento, realizzando tra i fondatori quale sia l’orientamento di massima per stabilire chi faccia le veci “del governo del Regno” e chi ne faccia invece quelle di un “opposizione” (o comunque anche più di una).
Una nuova classe politica, interamente sarda
Per quanto riguarda lo svolgimento burocratico delle operazioni sarà affascinante constatare il clima di entusiasmo e concordia politici tipici dei primi momenti, per poi calarsi negli accesi dibattiti delle passioni politiche che sono tipiche degli italiani anche all’interno degli stessi contesti ideologici.
Le nuove istituzioni verranno fuori da sé nel corso degli stessi lavori, e sono certo che il nostro popolo tornerà a distinguersi in positivo esaltando le proprie caratteristiche e doti politiche.
Caro lettore e cara lettrice, da queste parole in quest’articolo spero che tu realizzi che non abbiamo tempo da perdere ma che urga un confronto per evitare di trovarci presto in balia di una repubblica arrivata alla sua inesorabile fine, senza però aver pronta un’alternativa.
Se l’Italia affonda…
Ricordiamoci che geopoliticamente nel mondo manchiamo da almeno 30 anni, e che se restiamo immobili non servirà veder la fine di questa repubblica per essere sovrani, ma semplicemente dominazione straniera succederà a dominazione straniera diversa.
Veramente vogliamo restare vassalli, o meglio, servi di potenze straniere?
Un futuro luminoso
Noi, eredi dei popoli italici, della grandezza di Roma, di un medioevo splendente, di un’era delle scoperte e della colonizzazione di nuovi mondi tirati su con tanta fatica e costruiti da zero, davvero scegliamo per noi stessi, per chi ci ha preceduto e per chi ci succederà di mantenere questo stato di subalternità nei confronti di popoli che presumibilmente hanno inciso molto meno di noi nella storia del mondo?
Possa Dio illuminare i nostri passi sui sentieri avventurosi della riscoperta di noi stessi, ed assisterci a riprendere il posto al sole che nella storia e nella geopolitica ci spetta di diritto.
Gianluca Cocco
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