Italia: Se 1000 miliardi vi sembrano pochi – Tra i tanti interventi che hanno arricchito la due giorni che ha visto nascere Indipendenza! – la nuova formazione della politica italiana animata da Gianni Alemanno -, quello di Cateno De Luca, istrionico sindaco siciliano, non ha meritato, come altri, l’attenzione che, invece, almeno gli addetti ai lavori avrebbero dovuto riservargli.
Sottolineando l’importanza, in un quadro politico assolutamente incapace di dire qualcosa di notevole nelle grandi questioni, almeno di provvedere a una buona amministrazione del Paese,
Le spese dello Stato
De Luca ha sottolineato come attualmente lo Stato italiano costi – o spenda – mille miliardi di euro all’anno.
Si tratta di un dato a dir poco agghiacciante, se si tiene conto che, secondo tutti i “contatori” economici principali, il Prodotto interno lordo del Paese, negli ultimi tre anni, ha fatto fatica, anzi, proprio non sarebbe riuscito, a toccare quota 1800 miliardi.
In parole povere, significa che oltre il 55% per cento di ciò che gli italiani producono – di tutto ciò che producono e assume un valore economico e monetario – finisce in tasse.
Tasse a cui, per di più, non corrispondono servizi adeguati, specialmente per tutte quelle categorie che, col loro lavoro e generando reddito, assicurano allo Stato gli introiti fiscali, salvo poi doversi rivolgersi altrove per scuola, sanità, trasporti e via dicendo.
La memoria di Giorgia Meloni che, in Parlamento, solo qualche anno addietro, denunciava l’insostenibilità di uno Stato che costava 850 miliardi, la dice lunga su quanto sta accadendo.
La Legge Finanziaria del Governo Meloni
Infatti, per quanto la sua prima vera legge finanziaria sia certamente migliore di quella che avrebbe potuto sfornare un governo di Elly Schlein o un terzo di Giuseppe Conte, comunque non affronta il tema decisivo: quello di invertire decisamente questa tendenza.
Non solo: le scelte “atlantiste”, ammesso che diano vantaggi sul piano internazionale, ora per ammissione della stessa Banca d’Italia – stanno azzoppando proprio quel sistema produttivo chiamato a realizzare cifre che – come appena detto – sono comunque insostenibili e che diventano anche chimeriche, coi costi energetici a cui siamo costretti.
E non si parla tanto della benzina alla pompa – che pure resta costosissima -, ma del gas americano che, per quanto si dice, costa tre o quattro volte quello russo.
Mentre dall’Africa e dal Mediterraneo si attendono miracolose forniture future che, però, adesso sono e restano future.
Cambiare rotta!
Cos’altro bisogna che accada, perché si capisca che bisogna cambiare rotta? Possibile che la falsa opposizione del Pd – 5 Stelle e Calenda non è neanche il caso di nominarli – possa continuare a essere considerata una garanzia sufficiente per la sopravvivenza del governo, nella speranza che non esplodano le tensioni sociali? Tensioni che saranno inevitabili, con questi numeri.
Sia chiaro: nessuno può negare come, in termini generali, la situazione drammatica del Paese non possa essere imputata all’attuale governo, dal momento che è il frutto di decenni di scelte scellerate; però, col documento che presto approderà al vaglio delle due camere, non s’inverte la tendenza – che non significa la pretesa che tutti i problemi vengano risolti, ma che s’instradi decisamente il Paese verso la soluzione, più o meno lontana che sia – e questa sì, è responsabilità del governo in carica.
Per di più, senza una reale soluzione nemmeno per le emergenze del lavoro che, pur necessitando di una reale ristrutturazione, vengono liquidate con la sola e semplice cancellazione del “reddito di cittadinanza”.
Un’occasione sprecata
Cioè, di un provvedimento che, pur costando un uno o due per mille del bilancio pubblico, almeno aveva una ricaduta diretta e immediata sul benessere di una parte delle famiglie più svantaggiate.
Un provvedimento che si sarebbe potuto migliorare con pochi aggiustamenti, sputtanando l’inconsistenza dei “grillini” e del Pd, anche con soluzioni che avrebbero determinato un “rientro” dei soldi investiti sul lavoro. Perché, del reddito di cittadinanza, ciò che non andava era il fatto di essere erogato senza pretendere un impegno dal beneficiario, quando, di contro, centinaia e centinaia di migliaia di persone avrebbero potuto benissimo essere impiegate in lavori utili socialmente ed economicamente, creando un “reddito” a compensazione dell’investimento.
Su 1000 miliardi di euro, è facile intuire quanti ancora se ne sprechino; possibile che fosse obbligatorio tagliare proprio quello o quei 2 destinati direttamente nelle tasche della gente meno abbiente?
Un po’ più di fantasia, non avrebbe guastato, anche per “sforbiciare” più decisamente una spese pubblica che rischia di affossare l’Italia una volta per tutte.
Massimilano Mazzanti