L’utilità del NO – Ho lasciato decantare un attimo le acque e ho potuto notare come molti non abbiano percepito nulla di ciò che è accaduto, instradando e comprimendo il tutto in una magica parola: patriarcato.
Ho tantissimi difetti ma un pregio me lo riconosco: quello di osservare e riflettere.
La linea di demarcazione tra il grottesco e la cruda realtà odierna la colloco temporalmente attorno all’ inizio degli anni 2000.
La responsabilità del putridume odierno la divido in egual misura tra scuola, famiglia e social. Comincio dalla prima dove il lassismo e il buonismo hanno portato la scuola ad essere un allevamento intensivo di ignoranti e presuntuosi, spalleggiati spesse volte da famiglie di neandertaliani decerebrati.
Se la scuola abdica il suo compito
La scuola ha il sacrosanto dovere di formare i futuri quadri della nazione e il vecchio detto sessantottino il 6 non lo si rifiuta a nessuno è sbagliato e pernicioso perché penalizza chi studia in maniera seria e chi invece sa che tanto qualcuno buono penserà a lui.
Il valore pedagogico del NO
La scuola è un pilastro fondamentale e mettere paletti e dire talvolta NO affermando hai sbagliato per cui ti devo punire è visto dai maître a penser come un qualcosa di discriminatorio.
Gli stessi insegnanti sono in taluni casi sbeffeggiati, percossi o aggrediti dai parenti degli alunni che, certi di avere in casa un genio, hanno invece un celenterato privo di cervello e svogliato come un bradipo.
Qui inizia la lotta per il NO che non viene percepito dal giovane come un qualcosa che lo aiuterà a crescere e quindi educativo ma un elemento afflittivo, per cui bisogna rivolgersi alla mamma e al papà che penseranno a chiedere spiegazioni al crudele e tirannico insegnante.
Se la famiglia non educa
D’altronde la scuola non è altro per alcuni che la prosecuzione della vita in famiglia.
Basta osservare alcune tavolate al ristorante per verificare quanto la famiglia tradizionale sia ormai caduta in basso: al più piccolo viene dato un tablet che riproduce cartoni animati, quello più grande chatta con i suoi amici, i genitori, ognuno per conto proprio fanno foto ai piatti o parlano a voce alta al telefono con i loro amici.
Qualsiasi richiesta dei figli viene immediatamente esaudita così non c’è da discutere.
Il NO non è previsto e a casa funziona più o meno allo stesso modo. A tavola una volta la famiglia discuteva, prendeva decisioni e qualche salutare NO e non ne parliamo più era nelle corde.
Ora ogni pretesa viene promossa, altrimenti si temono danni psicologici.
I Social, ancora loro
A ciò aggiungiamo i social che ormai tra i giovani e non solo hanno sostituito il dialogo personale a effimere conversazioni sul nulla cosmico.
Addirittura si postano e si condividono atteggiamenti strafottenti, punizioni agli insegnanti con vandalizzazione delle auto, così capiscono che a me NO non lo si può dire.
Ancora più ripugnanti video dove vi sono violenze fisiche e morali sulle loro coetanee, spesse volte canzonate per il loro aspetto fisico (oggi si chiama body shaming).
Arrivando all’attualità
Con questi preamboli, in una società dove tutto è permesso, può un giovane capire che un NO significa non ti permetto, non ti do l’autorizzazione, non voglio più vederti?
La povera Giulia ha purtroppo avuto davanti il frutto paranoico di ciò che i progressisti hanno creato negli anni: una scuola che non insegna perché’ tutti devono essere promossi, la voluta disgregazione della famiglia in quanto retaggio ancestrale della società patriarcale e la promozione del mondo virtuale dei social dove l’importante è il numero dei followers in base alle minchiate che compi.
Quindi il NO a Filippo ha scatenato in costui una tempesta interna costruita negli anni e che si è scatenata distruggendo per sempre due vite.
Altro che patriarcato: questo è il risultato della diseducazione progressista.
Maurice Garin
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