Uno di Ordine Nuovo – In questa giornata dove proponiamo ai nostri lettori diversi articoli sulle vicende di Ordine Nuovo siamo contenti di pubblicare un lungo scritto di Enrico Maselli che ripercorre lucidamente i primi passi di ON a Roma negli anni ‘70.
Gli scontri di Valle Giulia, del 1° marzo 1968, segneranno un punto di non ritorno per un’intera generazione politica. Per la prima volta gli studenti non scappano ed affrontano una polizia colta del tutto impreparata e sorpresa, mettendo a nudo la debolezza di un Sistema di potere basato sulla repressione ed il nepotismo clientelare.
Tra fumogeni, lampi di bottiglie incendiarie, cariche respinte, prende forma un’utopia che darà forza ad un’onda d’urto che si esaurirà solo agli inizi degli anni 80.
Un vero sparti acque che genererà due illusioni: la prima, di breve durata: la possibile convergenza tattica fra le acque di due sponde divergenti, quella di destra e quella di sinistra: la seconda che l’asticella della protesta giovanile si possa alzare al livello d’insurrezione armata, coinvolgendo le masse operaie, sottraendole così all’egemonia strumentale del PCI che, per dirla con Gaber, sogna sì la rivoluzione proletaria ma non oggi, neanche domani ma…Dopo domani forse.
In questo vortice ci finisco per caso, da cane sciolto, neanche immaginavo cosa mi sarei trovato di fronte…Quel giorno ma di certo qualcosa cambia nella mia testa, in maniera duratura: niente sarà più come prima.
I vecchi paradigmi non funzionano più
L’essere di destra comincia a starmi stretto; il frequentare la Giovane Italia, una sorta di presenza necrologica fra busti del Duce; gagliardetti funerei e santini del ventennio, mentre intorno sento risuonare slogan che non mi appartengono: Alto Adige Italiano? Ma chissene frega.
Giovani nazionali? Meno che mai. Ai capelli corti preferisco quelli lunghi; a giacca e cravatta i miei jeans ed il giaccone blue della Marina.
Ai canti nostalgici antepongo le canzoni dei Beatles. E poi lo schifo unico di dare la caccia ai capelloni che popolano le scalinate di Piazza di Spagna, come se fossero loro il male da estirpare in una società decadente e borghese che fa dell’arrivismo il suo mantra.
Il corto circuito ideologico è in atto ed a nulla serve andarmi a vedere “Berretti Verdi”, con un John Wayne appesantito che gioca a fare il cow boy in un Vietnam fumettistico, ove “loro” sono i buoni difensori di Wall Street mentre i Viets sarebbero quelli corrotti e crudeli.
Ho letto troppo sull’esperienza francese in Indocina per lasciarmi incantare da queste favole.
Roma contesa e l’errore dell’MSI
Ma quale è il quadro politico di Roma in quegli anni? Nelle scuole e nelle università è ancora forte la presenza delle associazioni giovanili missine ma sta scemando in fretta per dar spazio a piccole entità eretiche come l’Orologio di Luciano Lucci Chiarissi che, nel suo quindicinale, sotto il titolo Rivolta Europea auspica un’unità generazionale nel contesto della rivolta studentesca.
Poi vi è l’UNCRSI, organizzazione dei reduci della RSI che, al contrario della FNCRSI, assume posizioni antiamericane ed anticapitaliste per schierarsi infine dalla parte dei Viet Cong.
All’orizzonte, fra la nebbia politica, si muove poi Avanguardia Nazionale, creatura di Stefano delle Chiaie, un’organizzazione “fisica”, senza grandi visioni concettuali anche se, loro è il merito di aver retto la prima linea sulle scalinate antistanti la Facoltà di Architettura di Valle Giulia, in un guizzo di lungimiranza politica.
Per finire Lotta di Popolo che tenta una sintesi impossibile fra il rosso ed il nero: impossibile dopo che Almirante ha guidato la carica legalitaria contro la facoltà di Lettere occupata da entrambe le parti, in nome della “difesa dello Stato”.
Ma quale? Quello della DC e delle tangenti?
Il Centro Studi Ordine Nuovo
Del Centro Studi Ordine Nuovo si sa ben poco; hanno un periodico chiamato Noi Europa che, riferendosi ad Evola, prospetta tesi non sempre comprensibili per ragazzi di diciotto anni.
Vengono visti come una sorta di maghetti: si sa che hanno rotto con il MSI nel 1956 e che aggregano ottimi intellettuali ma, in piazza, non si vedono; li circonda un alone di mistero per i possibili contatti con le Forze Armate, frutto del famoso convegno all’Hotel Parco dei Principi di Roma insieme a Giannettini ed al generale Aloja.
Sull’altro fronte prolificano gruppi e gruppetti che si rifanno a Marx, Lenin o Trotsky : sono confusionari ma sempre più aggressivi nei confronti dei ragazzi di destra.
Alla fine, la spuntano organizzazioni consolidate come Lotta Continua e Potere Operaio. Loro le idee le hanno chiare: scontro sociale serrato e violento. Faranno da apri pista agli anni di piombo ed a strutture militarizzate come Le Brigate Rosse e Prima Linea.
Dopo Valle Giulia, inizia la mia deriva verso il Movimento Studentesco, pur mantenendo saldi i principi culturali di fondo.
Verso un nuovo cammino
Rompere con la Giovane Italia è solo questione di tempo: i loro slogan patriottardi mi vanno sempre più di traverso. La frattura avverrà nel settembre di quell’anno allorché, dalle parti di Piazza Venezia, mentre partecipo ad un corteo del MS m’incontro con uno della Giovane Italia: riconosciuto da Domenico Gramazio che li guida, vengo subito invitato a presentarmi in sezione per dare spiegazioni.
L’incontro, nella sede di via Firenze, è subito burrascoso e lo scambio di accuse reciproche feroce; in un clima da Santa Inquisizione in cui il ruolo di Torquemada lo svolge Pietro Cerullo, dirigente nazionale dell’organizzazione.
Io rivendico il mio ruolo attivo nella contestazione e rigetto le posizioni ambigue ed anacronistiche del partito che difende uno Stato che non sento appartenermi. I toni si alzano, lo scontro fisico è ad un passo ma qui succede l’inaspettato. Parte dei ragazzi presenti si schiera dalla mia parte, facendo muro alle minacce che mi volano contro, disinnescando l’eventualità di un confronto violento poiché sarebbe imbarazzante da spiegare ai vertici del partito.
Ovviamente sbatto la porta e me ne vado, dopo aver fatto in mille pezzi la tessera.
Una volta fuori prendo la strada verso via degli Scipioni, nel quartiere Prati, ove ha sede il Centro Studi ON: lo faccio per rabbia; per impulso; per ripicca, non vi era niente di programmato fino a 5 minuti prima: sarà l’inizio di un’avventura politica ed umana che durerà fino ad oggi.
La prima volta in sede
Il Centro Studi si trova al primo piano di un’elegante palazzina in stile “umbertino”; è un appartamento ampio con molte stanze, fra le quali spicca quella della dirigenza e della biblioteca; vengo accolto con cameratesca freddezza; niente saluti romani ma solo sguardi curiosi.
Mi presento, spiego perché sono lì per poi essere convocato in libreria per capire meglio chi fossi e quale grado di preparazione avessi.
Facendo girare lo sguardo attorno rimango impressionato dalla quantità di libri presenti, dato quasi totalmente assente in via Firenze.
Leggo di autori come Evola, Guenon, Junger, Drieu La Rochelle, Celine, Brasillach, Larteguy… Ma chi sono costoro? L’unico che riconosco è Nietzsche di cui ho iniziato a leggere qualcosa. L’interrogatorio preliminare me lo fa Tommaso Manzo, studente di Giurisprudenza, destinato a diventare un noto avvocato della nostra parte.
Il colloquio va bene ed il fatto che fossi stato attivo a Valle Giulia non crea scandalo, anzi.
Fra i camerati presenti vi è anche uno che mi conosce bene, avendo fatte le elementari assieme: lo chiamano Ercolino per la sua prestanza fisica; nel tempo prenderà il posto di Aldo Semerari come criminologo per poi decollare verso la fama internazionale come luminare in neurologia e psichiatria.
L’ambiente mi colpisce favorevolmente, non solo muscoli ma anche cervello, quello latitante fra i dirigenti della Giovane Italia; oltretutto siamo a poche fermate d’autobus da dove abito.
Inizio a frequentare le riunioni ed a conoscere meglio personaggi come Paolo Signorelli e Mario Tedeschi che guidano l’ala studentesca e poi i veronesi come Elio Massagrande e Roberto Besutti, quando sono di passaggio nella capitale, entrambi ex ufficiali paracadutisti.
Rivolta contro il mondo moderno
Infine, mi butto nella lettura di questo vate sconosciuto che è Julius Evola: Rivolta Contro il Mondo Moderno e gli Uomini e le Rovine ribaltano il mio modo di pensare, dandomi una prospettiva storica che va ben oltre il Ventennio per poi vederla attualizzata, in maniera più sintetica e comprensibile, nello scritto di Rauti: le Idee che Mossero il Mondo.
Il cambio nell’approccio politico lo porto subito al Fermi, Istituto Tecnico di cui sto per iniziare l’ultimo anno ma non senza difficoltà poiché, ciò che premia il Centro Studi in preparazione culturale, lo penalizza nell’attività su strada di cui soffro la mancanza.
Parlare va bene ma poi servono i fatti in un contesto esplosivo come quello in cui si agita il mondo studentesco. Da qui iniziano i miei primi malumori in sede, largamente condivisi da molti ma ostacolati dalle “menti” pensanti che vedo la rivoluzione in maniera troppo spirituale.
Si passa all’azione
Loro pensano ad un “uomo nuovo”, io a come sopravvivere circondato da due licei scientifici rossi; mi serve supporto attivistico non fumosità concettuali. Il malessere diffuso viene ben interpretato da Signorelli, Tedeschi e da tale Clemente Graziani, detto Lello che ha un fascino carismatico tutto suo; ex RSI, membro del FAR nel dopoguerra e, successivamente, sponda ufficiale dell’OAS a Roma dove molti francesi si sono rifugiati dopo aver fallito l’attentato a De Gaulle.
Sono loro a premere su Rauti affinché si esca allo scoperto e la si smetta di fare i sacerdoti per diventare soldati. Il tentativo riesce e, nella primavera del 1969, viene fondato il Fronte di Azione Studentesca sotto la guida di Paolo Signorelli, uomo decisamente di azione oltre che di pensiero.
L’attività nelle scuole
Ben presto la piazza sente parlare di noi: siamo attivi al Mamiani, liceo della sinistra bene per eccellenza; al Righi; al Dante, all’Augusto e, finalmente, al mio Fermi ma l’elenco potrebbe continuare più lungo. Portiamo un modo differente di fare militanza, unendo la forza fisica, indispensabile per quei tempi, alla capacità di essere presenti nelle assemblee studentesche da cui i compagni vorrebbero cacciarci senza mai riuscirci.
Il nostro linguaggio li coglie di sorpresa così come le tematiche che portiamo avanti in nome di un concetto semplice che definiamo “Rivoluzione Nazionale”, una sintesi fra la realtà sociale e quella identitaria, ampliato in chiave europea. Stiamo andando bene, stiamo andando forti nelle piazze e nelle scuole e si che saremmo solo una cinquantina a muoverci ma è la qualità a fare la differenza, “i numeri” li lasciamo a quelli con il tricolore verso cui il disprezzo è totale.
Loro non combattono il sistema, lo servono. In questa fase il punto di maggiore sforzo è concentrato sul Mamiani, vero cardine dell’attivismo di sinistra e della loro presunta supremazia culturale. Spesso, ai volantinaggi, seguono gli scontri ma è l’inevitabile di quei giorni. A farne le spese anche un tale Giuliano Ferrara.
Arriva Almirante
Poi succede il fatto nuovo: l’elezione di Almirante alla segreteria del MSI, visto come un “duro”, capace di rinnovare il partito; dimenticando, in fretta, come fosse stato proprio lui, nel 1946, a spingere per il voto a favore dell’adesione alla Nato, nonostante l’opposizione dei molti reduci di Salò e sempre a lui si deve l’ascesa alla segreteria di Michelini per via di giochi di palazzo sbagliati; una segreteria lunga 13 anni, caratterizzata da opacità e servilismo verso la DC, vista come il necessario bastione anti comunista.
Almirante riaccende gli entusiasmi sopiti, ridando vitalità all’ambiente e riaprendo le porte al rientro dei fuori usciti.
Rauti abbocca all’amo ed inizia delle trattative segrete senza preoccuparsi di consultare gli umori della base. Nel dicembre del 1969 avviene l’inaspettato, nel salire in sede mi viene chiesto, a freddo, “tu rientri o no?”. Colto di sorpresa non so cosa rispondere poiché non ho idea di cosa si stia parlando.
ON prepara la rottura con l’MSI
Mi prende da parte Ercolino e mi spiega l’accaduto, anticipandomi che Clemente Graziani ha rifiutato l’accordo e prepara la scissione per dar vita ad un nuovo soggetto politico, unitamente a molti dirigenti periferici.
Rispondo che io, di certo, non rientro dopo aver sbattuto la porta un anno prima e, pertanto, seguirò Lello nel costituendo Movimento Politico Ordine Nuovo, avvenuto il 21 dicembre.
Rauti giustificherà la sua scelta che, ai nostri occhi, appare come vero tradimento con la possibilità di rigenerare il partito dall’interno e di precauzionarsi contro possibili iniziative del Ministero degli Interni ai nostri dato che Almirante ha dato per certo.
Senza una sede
E sì che il MSI, di Ministero degli Interni, ne sa molto, visto che ha sempre giocato nel suo campo. Dal giorno alla notte ci ritroviamo senza sede, senza fondi con un domani politico tutto da ricostruire. Dall’altro lato, a Rauti e dirigenza varia, vengono offerte sedie e strapuntini nella nuova struttura del partito.
I 30 denari hanno pagato ma non bene come previsto, poiché la maggioranza dei militanti rifiuta l’accordo sottobanco, deludendo le aspettative di Almirante che rivedrà gli accordi con Rauti al ribasso.
Mi stupisce il rientro di Signorelli che proprio non mi aspettavo, non essendo Lui un uomo da baratto. Poi saprò trattarsi di un rientro “concordato” per tenere noi un piede dentro la segreteria missina.
E così, fra i tavoli di una trattoria e l’umido di una piazza invernale, nasce il “temutissimo” MPON a cui verrà affibbiata ogni possibile accusa di stragismo e golpismo.
A rendere tutto ancora più complicato, interviene la strage di Milano del 16 dicembre; quasi un preavviso su quanto ci era stato anticipato sui giochi in atto al Viminale. Oggi sappiamo come quella bomba fosse stata commissionata, unitamente a quelle di Roma, dagli apparati di stato per disorientare l’opinione pubblica ed accrescere il bisogno di autorità istituzionale, seriamente minacciato dall’autunno sindacale, con cortei e manifestazioni operaie spesso degenerati in scontri violenti con la Polizia.
Piazza Fontana e la strategia della tensione
A darci questa verità, ancora tenuta occultata, è stato lo stesso ex ministro degli interni (1973-74) e senatore Paolo Emilio Taviani che, in un’audizione alla Commissioni Stragi del 1 luglio 1997 , affermerà come la bomba alla BNA sia stata piazzata da un colonnello dei carabinieri ma per soli fini dimostrativi, al pari di quelle nella Capitale, ignorando che l’apertura prolungata dell’istituto avrebbe provocato una carneficina “…non è pensabile che delle persone serie avessero intenzione di ammazzare tredici italiani…non doveva morire nessuno” fu il suo commento lapidario ed assolutorio.
Questa la verità rivelata da un alto funzionario istituzionale mentre, nel concreto, ci furono centinaia di perquisizioni, processi e condanne a danno d’innocenti ed un’intera area politica criminalizzata con lo stigma indelebile di stragismo.
Ancora oggi si parla di Freda e Ventura e di un Ordine Nuovo, a cui mai hanno appartenuto, come quei colpevoli che invece andavano ricercati nelle pieghe di ben altri apparati.
Questo lo sappiamo oggi sia pure se solo bisbigliato, ieri, a ridosso della strage, l’aria che si respirava era ben altra: per la sinistra noi eravamo diventati le belve da abbattere con qualunque mezzo: giudiziario o fisico che fosse.
Il gioco sporco stava pagando.
L’aria nelle scuole divenne sempre più pesante ma riuscimmo a farle fronte moltiplicando la nostra presenza nelle piazze: ricordo la stagione che va dal dicembre all’ aprile 1970 come la più intensa della mia vita da militante: iniziata davanti al cortile di un Liceo di Piazzale Flaminio e terminata con i feroci scontri di Ponte Matteotti contro un centinaio di katanga in assetto di guerra, inviati da Capanna per dar man forte ai compagni di Roma, ritenuti troppo remissivi.
Poi partirò per il Sud Africa ed inizierò un’altra storia, tutta mia che si concluderà 11 anni dopo.
Roma me la metto alle spalle e così le vicende dell’acerbo ma tenace Movimento Politico di Clemente Graziani. In quegli anni internet non esiste; telefonare costa caro ed i giornali arrivano con due giorni di ritardo, rimangono le lettere come unico mezzo di comunicazione.
La rivolta di Reggio e le occasioni sfumate
Vengo a sapere della Rivolta di Reggio e dell’Italia che ha preso a bruciare di un fuoco differente da quello alimentato delle rivolte operaie e studentesche ma solo dalla carta stampata, io sono altrove e posso solo fantasticare, con invidia, sul ruolo che i miei camerati siciliani, calabresi o romani stiano mettendo in atto: in realtà, il ruolo di Ordine Nuovo sarà minimo e la rivolta egemonizzata da Avanguardia Nazionale e da comitati cittadini spontanei, capitanati da tale Ciccio Franco che, puntualmente, verrà poi eletto nelle liste del MSI.
Rientro nell’aprile del 1971 per ritrovarmi in un ambiente frammentato dalla chiusura forzata della sede da poco aperta a Piazza Risorgimento e dal primo mandato di arresto per Lello.
Il sistema aveva iniziato la sua manovra di accerchiamento contro di noi, si dice per volontà del ministro democristiano all’Istruzione Fiorentino Sullo, indispettito e spaventato dal lancio di un sasso contro la finestra del suo studio durante una nostra manifestazione studentesca.
Forse verità, forse leggenda, rimane il fatto che gli organi di stato cominciarono ad accendere i riflettori sul Movimento, accarezzando quella Legge Scelba mai usata prima; legge che punisce la tentata ricostituzione del Partito Fascista; un qualcosa lontano anni luce dal nostro pensare che, nel Fascismo, vedevamo già la storicizzazione, propria di un evento irripetibile sul piano storico: rimanevano alcune affinità ideologiche ma niente di più.
La scure del Viminale
Non giravamo in camicia nera e stivaloni militari; non avevamo gagliardetti da sventolare e neanche ne intonavamo le canzoni se non per pura goliardia, fra un boccale e l’altro di birra.
Ma perché Ordine Nuovo entra nelle attenzioni sospette del Viminale? La risposta può solo essere immaginata. Il Sistema temeva l’allargamento del pericolo rappresentato dalle frange violente dell’ultrasinistra, difficile da reprimere poiché cozzava contro l’attenzione vigile di quel PCI che, macinando consensi dopo consensi, guardava con tolleranza a quanto avveniva alla sua sinistra, preoccupandosi solo che non andasse ad intaccare la propria base operaia.
In fin dei conti erano una conveniente valvola di quello sfogo giovanile che poi sarebbe rientrato nei ranghi una volta giunto a maturità. Era quell’infantilismo politico di cui aveva già parlato Lenin; un fenomeno a tempo, s’illudevano.
Dall’altro lato la Destra non costituiva problemi ben cloroformizzata dall’agire legalitario del MSI mentre quella più estrema si limitava a scontri occasionali.
La teoria degli opposti estremismi paga
Bisognava giocare su due tavoli, inventare un pericolo aggiuntivo per avere mano libera in una repressione generalizzata a cui neanche il Pci poteva opporsi e così rafforzare la presenza dei partiti di governo per rispondere ad un indotto desiderio di ordine da parte degli Italiani.
Cominciava a prendere forma la teoria degli “opposti estremismi”, un qualcosa che servisse a creare un’artefatta sensazione di pericolo per stabilizzarsi poi in un regime politico più forte. Mancava però il secondo attore; bisognava inventarselo. Perché proprio Ordine Nuovo? Primo perché non aveva santi in paradiso in quanto non avrebbe mai avuto la copertura politica di un MSI i cui voti servivano spesso alla DC.
Secondo: era il movimento con più larga espansione sul territorio nazionale.
Terzo non piaceva agli Americani in quanto non condizionabile ai loro voleri; sostenitore di tesi estreme contro liberismo e capitalismo ma soprattutto oppositore della Nato, in nome di un’alleanza militare che fosse solo europea.
Peccati mortali, tutti da scontare…a tempo opportuno.
Arriva Taviani
A far quadrare il cerchio serviva l’uomo giusto e chi più di Paolo Emilio Taviani, appena eletto Ministro degli Interni (1973), definito come l’Amerikano per via della sua sospetta filiazione alla CIA.
Sarà lui ad incriminare Ordine Nuovo di violazione della Legge Scelba ed a portare 42 dei suoi appartenenti alla sbarra giudiziaria nel giugno 1973 e sempre lui a firmare il decreto di scioglimento il 23 Novembre 1973, contro il parere fortemente negativo di Moro e Rumor che ritenevano il procedimento incostituzionale in quanto frutto di una sentenza di primo grado e non di un giudizio passato in giudicato. Inoltre, è possibile che entrambi i politici abbiano intuito il rischio di mandare centinaia di ragazzi in clandestinità.
Ma questo è proprio ciò che l’Amerikano desiderava, creare un’area di dissenso radicale a Destra su cui si potesse operare per dar vita ad una contrapposizione sanguinaria nelle piazze che legittimasse l’adozione di leggi speciali, favorendo una sorta di stato d’assedio costituzionale.
Nello scrivere parlo di Ordine Nuovo senza mai specificare Movimento Politico poiché ritengo la creatura analoga creata da Rauti come arbitraria ed inconsistente.
Ma torniamo a me. Tornato dal Sud Africa, preso atto della mutata situazione politica, inizio a muovermi con cautela, vedendomi solo con quei camerati della cui affidabilità sono certo.
Ottobre 1972, i fatti di Pisa
Mi ricordo solo di un episodio al Mamiani ove in tre, riconosciuti dai compagni, passammo un brutto momento, sopraffatti dal numero e di una manifestazione del MSI che riuscimmo a far degenerare in scontri con la polizia. A settembre, mentre me la godo a Copenaghen, arriva la cartolina rosa, bagagli fatti in fretta, rientro veloce a Roma e partenza per il CAR di Pesaro prima, la Smipar di Pisa poi per indossare quella divisa che avevo sempre desiderato.
Ad ottobre (1972) gli attivisti di Lotta Continua aggrediscono alcune reclute di alpini paracadutisti di ritorno da una licenza: ne scaturisce una nostra rappresaglia devastante che metterà i compagni in fuga sul lungo Arno, dopo averli cacciati da Piazza Garibaldi.
Nel frattempo, al bar Stadio, mi capita di conoscere Lamberto Lamberti, camerata quadrato e tosto, con lui darò vita alla sezione locale di ON. A novembre, succede una cosa tanto strana quanto sospetta, mentre sono di guardia alla porta centrale, chiede di me un tale Paolo Pecoriello mai conosciuto prima.
Conoscenza sospetta
Visita inaspettata e mai ricercata, iniziata con un sospetto “alcuni camerati mi hanno parlato bene di te, io sono di AN”.
Chi lo ha mandato e perché? Dubbioso chiedo lumi a Lello; lui lo fa con Delle Chiaie che lo garantisce come persona “affidabile”.
Figuriamoci se non lo fosse stato. Possibile che AN ignorasse la sua vera natura?
Ancora oggi me lo chiedo. Prova ad irretirmi raccontandomi di gestire un night a Viareggio pieno di belle donne: ho 22 anni non ci vuole molto a convincermi solo che il night non lo vedrò mai e neanche le belle donne.
La nostra frequentazione non dura molto, s’interrompe nel momento in cui mi racconta di essere stato lui l’autore della scritta infame: “46 paracadutisti morti, 46 bastardi in meno” apparsa sui muri di Livorno dopo la tragedia nelle secche della Meloria (9 novembre 1971) ove un Hercules della Nato s’inabissò con tutto il suo carico umano: 50 persone fra equipaggio inglese e baschi rossi della Compagnia Grifi.
L’aria a Roma è sempre più calda
Il fine della scritta era ovviamente provocatorio per innalzare il livello di attrito fra noi ed i livornesi ma la cosa mi fece talmente schifo da attaccarlo al muro e minacciarlo di non farsi più rivedere.
Si saprà ben vendicare, due anni dopo, rivelando appieno la sua natura d’infame.
Una volta congedato mi riaffaccio su Roma ove l’ambiente è in fermento per l’apertura d’indagine per ricostituzione. Gli ordini di Lello sono chiari: nessun’attività violenta ma solo politica concentrata sulla distribuzione del periodico Anno Zero.
Non tutti la pensano così, meno che mai dopo l’assassinio dei fratelli Mattei, avvenuta nel quartiere popolare di Primavalle il 16 aprile 1973.
Vi è sete di vendetta e voglia di non stare con le mani in mano ma Lello dice no anche se, a parole, fa finta di muoversi. Non vuole mettere carne sul fuoco alla vigilia del processo che inizierà a giugno, per evitare di dare solidi capi di accusa al giudice Vittorio Occorsio, il Pubblico Ministero incaricato.
Disobbedendo agli ordini una banda autonoma si forma a Roma Nord, sono ragazzi giovani ben determinati, con il vantaggio di essere tutti incensurati: fanno capo a Mario Tedeschi. Saranno loro ad alimentare i fuochi della rivolta, colpendo decine di obiettivi politici. Io faccio finta di non sapere poiché ne condivido l’agire.
Arriva la condanna
Il 23 novembre arriva la sentenza di condanna, nonostante la mancanza di qualunque prova aggravante che non fosse quella dell’Idea professata. Per la prima volta in Italia viene punito un reato di pensiero con condanne variabili da qualche mese a 5 anni; condanne tutte derubricate nei successivi appelli ma l’importante era il farle con quella tempistica per creare un’area di dissenso che sfociasse in un’attività illegale facile da infiltrare.
Nasceva la dottrina degli “opposti estremismi”, chiave di apertura verso quegli anni di piombo che insanguineranno le nostre strade, lasciando centinaia di morti lungo il tragitto in una sorta di guerra civile strisciante. Il tutto per consentire alla DC ed ai suoi alleati di rimanere al potere e tranquillizzare i padroni di oltre oceano dal pericolo rosso, prefabbricando un mai esistito pericolo nero che non fosse quello manipolato dai funzionari dei Servizi.
Il parallelo con Ordine Nero
Valga per tutti la storia di Ordine Nero, un distillato proveniente dai laboratori del Viminale come verrà apertamente riconosciuto anche dall’Arma dei Carabinieri. Un acronimo inventato poiché rassomiglia tanto ad Ordine Nuovo da farne la giusta confusione.
Terminato il processo in cui non risulto inquisito, parto per la California per ragioni di lavoro mentre i dirigenti condannati alle pene più gravi prendono la strada della latitanza con destinazione finale Barcellona, ove Stefano delle Chiaie ha stabilito una solida base operativa sotto l’ombra protettrice del regime franchista.
Le montature della magistratura
In Italia siamo allo sbando; non abbiamo più capi; non abbiamo più ordini; ognuno per proprio conto. Di questa confusione non ho neanche il tempo di accorgermene poiché, tre mesi dopo il mio rientro da San Francisco, il 10 ottobre 1974 mi risveglio ricercato per “tentata insurrezione contro i poteri dello stato”, con casa invasa da poliziotti armati ed un quotidiano comunista del pomeriggio: Paese Sera che, unico, ha già in mano tutti i dettagli dell’operazione.
Vengo indicato come un novello Giannettini al soldo dei Servizi per fini eversivi. Qualcuno gli ha ovviamente passato la velina, visto che il mandato di cattura porta la firma del giudice rosso, Luciano Violante.
Fortunatamente quella mattina non ero in casa e riesco a sottrarmi all’arresto per iniziare una lunga latitanza che mi porterà prima in Francia, poi a Buffalo nello stato di NY ed infine in Sud Africa. Ad innescare il mandato di cattura saranno le confessioni di quel tale Paolo Pecoriello, secondo cui, in maniera del tutto inventata, io avrei tentato di reclutare ufficiali della Folgore per favorire un colpo di stato mai avvenuto, per conto di un mai esistito Ordine Nero.
Farneticazioni che però ti rovinavano l’esistenza, in mano a magistrati di parte che operavano senza controllo degli organi superiori.
In quegli anni la nostra vita era così, appesa ad un filo che si poteva rompere ad ogni momento dietro le sole “confidenze” dell’infame di turno pur in assenza di qualunque prova a carico.
La teoria giudiziaria era semplice e spietata: prima li arrestiamo…Poi si vedrà.
Tanto sono carne da macello. Ovviamente la rabbia in noi era montante ma mai e poi mai avremmo pensato di farla scontare ai passeggeri innocenti dell’Italicus od ai presenti alla manifestazione di Piazza della Loggia.
L’avventura africana
Dopo aver vagato per un anno, ospite di amici francesi prima e di familiari americani poi, nel settembre 1975 atterrò a Johannesburg, finalmente uomo libero poiché con il Sud Africa non vi è alcun trattato di estradizione, figuriamoci poi se accusati di attività anticomuniste.
Qui m’incontro con dei militanti ON già residenti, due del veneto, uno di Trieste e l’altro di Messina; insieme ad altri camerati decidiamo di dar vita ad un gruppo politico organizzato che sappi operare all’interno della comunità italiana, forte di 55.000 soggetti sparsi essenzialmente nelle tre città principali di Johannesburg; Durban e Cape Town.
ON sopravvive in Sudafrica
Lo facciamo dando vita ad una rivista mensile chiamata Noi Europa e ad una serie di convegni ben organizzati, il tutto fra il fastidio manifesto del console italiano che mal digerisce questa presenza tanto inaspettata quanto ingombrante. Sulla rivista campeggia il guerriero del Sacro Graal con un’ascia bipenne sullo scudo.
Ordine Nuovo ritorna ad operare a 10.000 km dai “tribunali speciali” nostrani che ci vorrebbero estirpati senza pietà. Nel tempo il gruppo crescerà in numeri ed importanza, accogliendo il mitico dott. Sergio Gozzoli e poi Mario Tedeschi con la sua famiglia, in fuga da una Spagna che non da più certezza di accoglienza dopo la morte del Caudillo; vi sono inoltre simpatizzanti vari che ricoprivano incarichi importanti nelle aziende italiane presenti, sempre disponibili a darci una mano nelle assunzioni.
Nel 1978-79, ci sarà l’arrivo dei fratelli Sparapani e di una mezza dozzina di altri ragazzi in cerca di avventura nella travagliata Rhodesia, ragazzi che avevano sentito parlare di noi a Roma. Quanto avviene in Italia, nei 4 anni della mia assenza (1974-1978), lo ignoro totalmente: non so pertanto cosa dire di concreto sulla decisione di Lello di spostarsi in Sud America unitamente a Massagrande ma so, per certo, che lui fece tutto il possibile per evitare che finissimo nella deriva terroristica su cui era contrario in quanto politicamente inutile oltre che dannosa.
Il caso Occorsio
Niente posso quindi aggiungere sulle circostanze che portarono Concutelli a diventare capo militare di ON ed alla sua decisione di procedere con l’eliminazione del giudice Occorsio, avvenuta il 10 luglio 1976 e su tutte le conseguenze giudiziarie che ne seguiranno a danno dei camerati siciliani e di quelli romani, per molti anni a seguire.
Di certo nessuno di noi sparse lacrime per quest’omicidio, in qualche modo istigato da un processo farsa, basato sul nulla probatorio ma esclusivamente sulla colpa di pensarla in un certo modo.
Occorsio non ha certo onorato la toga che indossava, piegandosi ai voleri politici. Lello diceva “le Idee non si processano” ed aveva ragione.
L’eredità di ON
Dalle ceneri dei mandati di cattura, degli anni di galera o latitanza e dell’età che, implacabilmente avanza, Noi di ON restiamo ancora vivi ed in piedi, cercando di fornire punti di riferimento culturali ed esistenziali alle nuove generazioni di militanti politici.
Culturali per le tante iniziative a cui diamo ancora respiro e forza, anche in termini letterari; esistenziali in quanto esempio di come una piccola Comunità abbia saputo attraversare i tempi, rimanendo solida nella sua identità umana, forgiata da vincoli passati, nati fra le fiamme di tempi difficili, impossibili da cancellare. Il vedersi ogni 23 novembre a cena non è una saga paesana ma un rito che si rinnova per rendere Onore a chi non c’è più e rinnovare la sfida di una generazione che ha saputo non arrendersi al conformismo borghese o piegarsi di fronte all’inquisizione democratica.
Noi rimaniamo orgogliosamente eretici e proscritti.
Enrico Maselli
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