Le radici e la militanza, intervista a Valerio Arenare pt.1 – Valerio Arenare. Classe 1973, presidente del Movimento Patria Nostra, vanta una (quasi) quarantennale carriera politica fatta di attivismo e battaglie.
Oltre che nel Movimento Patria Nostra (da lui stesso fondato) ha militato da ragazzo nel Fronte della Gioventù e poi, fattosi più adulto, nel Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, in Alleanza Nazionale (Azione Giovani), in Forza Nuova, e nel Movimento Nazionale.
Politico che al Salotto preferisce la Piazza, si definisce “Patriota” e “Nazionalista” coltivando una devota Fede Cattolica.
È sposato, padre di un figlio e padrone di due cani.
Partiamo delle tue origini: il luogo in cui sei nato, la tua storia famigliare, come sono stati gli anni della tua infanzia e della tua adolescenza.
Sono nato a Salerno nel 1973 e sono poi cresciuto in un paese del Salernitano. Mia madre era preside e mio padre direttore dell’ufficio di collocamento circoscrizionale, nonché sindacalista.
Mi sono appassionato ben presto alla politica e ho iniziato a fare attivismo a 14 anni durante i miei studi all’Istituto Geometri. Lì ho cominciato con le prime manifestazioni e i primi attacchinaggi.
Sono diventato presto anche coordinatore camerale del Vallo di Diano.
Dopo la scuola ho iniziato gli Studi in Giurisprudenza ma dopo poco ho mollato perché non avevo voglia (ride) e sono andato a fare il militare.
Finito il periodo nell’Esercito sono tornato a fare politica unendomi al Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, dove sono rimasto 3 anni. In seguito, sono entrato a far parte di Alleanza Nazionale diventando anche coordinatore di zona in Cilento e Vallo di Diano per Azione Giovani.
Dopo un po’ però lasciai AN perché la trovavo troppo moderata e perché non condividevo molto l’alleanza con le altre formazioni della Casa delle Libertà.
Infine, mi sono trasferito a Roma e, insieme ad alcuni amici, ho fondato il Movimento Patria Nostra.
figure storiche d’ispirazione, lettura di testi politici?
Tutta la mia famiglia aveva sempre fatto politica: mio zio era stato Sindaco in paese, mio padre era stato consigliere comunale per 10 anni, i miei cugini più grandi erano militanti.
Per questo cominciai a fare politica anche io. Politica e Sindacalismo, perché mio padre era anche sindacalista.
Poi ovviamente ebbi anche modo di approfondire determinate figure storico-politiche che mi ispirarono molto: Filippo Corridoni, Michele Bianchi, Italo Balbo, Ugo Spirito.
Queste figure formarono il mio pensiero e la mia identità politica e tracciarono la mia vocazione per la militanza e per il sindacalismo rivoluzionario.
Iniziai quindi a frequentare i cosiddetti ambienti di estrema destra. Ma non mi considero di estrema destra.
Mi sento semplicemente un Nazionalista e un Patriota innamorato del proprio Paese.
Tu sei del 1973. Dunque, immagino tu fossi troppo piccolo per ricordare e ancor meno vivere gli Anni di Piombo.
Sì, è vero: gli Anni di Piombo non li vissi in maniera diretta perché ero ancora piccolo. Però li vissi indirettamente attraverso la militanza dei miei cugini più grandi che a quel tempo erano studenti universitari.
Ed ebbi comunque l’opportunità di conoscere alcuni personaggi iconici di quel periodo come Paolo Signorelli, il maestro Rutilio Sermonti, i fratelli Di Luia, Carlo Giannotta, Luigi Ciavardini e tanti altri.
Lavorai anche con i fratelli del povero Carlo Falvella. Per tutta la mia vita politica e anche oggi, partecipare alle commemorazioni dei Martiri di Acca Larenzia, di Mikis Mantakas, di Sergio Ramelli e di tutti i camerati caduti in quegli anni mi è sempre stato di immensa ispirazione, aiutandomi quasi a “ricaricarmi” di passione nei momenti di scoramento.
I tuoi non furono quindi anni “di Piombo”. Com’era allora il livello di intensità dello scontro politico nei tuoi anni?
Nella mia zona la tensione era comunque molto alta perché io e il mio gruppo ci trovavamo in netta inferiorità numerica rispetto ai nostri avversari. A volte sono capitati degli scontri è chiaro.
Ma ovviamente non era niente di paragonabile a ciò che accadeva negli anni ’70. Noi al massimo prendevamo un pugno in faccia, loro invece rischiavano una pistolettata.
Sul simbolo del tuo movimento campeggia un’ascia bipenne. Qualcuno ti ha mai rinfacciato il fatto che quel simbolo ricorda l’organizzazione terroristica Ordine Nuovo? Non temi che questa decisione possa portare fraintendimenti e problemi al tuo movimento evocandone una pessima immagine?
Il mio movimento prende spunto dall’eredità politica degli anni ’70 e di conseguenza anche dai simboli di quegli anni. Quindi la scelta non fu casuale.
Il simbolo di ON ci piaceva molto è vero.
Ma è ovvio che non ci rifacciamo anche alle loro modalità di azione.
Negli anni sì, questa scelta ci ha creato problemi, nel 2011 qualcuno portò in Parlamento il nostro caso chiedendo lo scioglimento del Movimento Patria Nostra per via di quel simbolo che ricordava Ordine Nuovo.
Sì insomma è chiaro. Fu una scelta stilistica e identitaria ma questo non vuol dire che voi voleste seguire le impronte della lotta armata.
Quella di ON non fu solo lotta armata, che comunque anche questa dovrebbe essere contestualizzata, ma fu soprattutto la volontà di proseguire un’idea che in molti volevano soffocare.
Ed è grazie ai movimenti degli anni ’70 se questa idea è giunta fino a noi. In ogni modo, MPN, è nato in un periodo storico in cui non era possibile riprendere quella strada. Il Movimento Patria Nostra ha sempre avuto l’obiettivo di collaborare con i vari movimenti della nostra area politica.
Movimenti anche molto vari per idee e modalità politica, ma sicuramente non abbiamo mai avuto la presunzione di paragonarci ai movimenti degli anni ’70.
Il Megafono Cattolico