Antisemiti? Semplici imbecilli? Provocatori? – Puntualmente, quando a Gaza scoppia la guerra, in Italia e non solo si rifanno vivi gli anonimi nemici del popolo palestinese, i quali, sconsideratamente, verniciano qualche svastica o qualche stella di Davide sui muri di case o istituzioni ebraiche, oppure vandalizzano qualche installazione o monumento che ricorda la Shoha.
Antisemiti? Semplici imbecilli? Provocatori?
Francamente, è dubbio di poco interesse, materia da “questurini”, se non da vigili urbani.
Certo, se in Italia non fosse praticamente liberalizzata la pratica di deturpare coi graffiti muri, palazzi, opere d’arte – basta girare un qualsiasi centro storico delle principali città italiane per capire a che punto sia ridotto il Belpaese -, forse anche questi cretini sarebbero più facilmente individuabili e punibili.
Non ha molto senso scandalizzarsi per una scritta contro gli ebrei, quando a chiunque è permesso imbrattare per qualsiasi motivo qualsiasi cosa: se si depenalizza e si accetta uno sconcio, quasi abituandosi al teppismo, anche grafico, diventa lezioso scandalizzarsi solo ed esclusivamente nel caso in cui queste scritte riguardano Israele, la causa dei palestinesi o il delirio razzista di uno scemo.
Per tanto, la Polizia faccia il suo mestiere, se è in grado di farlo, ma non si confondano coloro i quali usano la vernice al posto del cervello con quanti oggi sono inorriditi per quello che sta accadendo nella Striscia di Gaza.
Sopra a tutto, non si confondano i vigliacchi col pennello – o col grimaldello – con tutti coloro i quali, alla luce del sole, pubblicamente e nero su bianco, stanno legittimamente denunciando i crimini che si stanno compiendo contro il popolo palestinese.
Crimini che non possono essere giustificati dall’attacco del 7 ottobre, poiché se Hamas è un’organizzazione terroristica, la legittima necessità di combatterla e anche distruggerla non giustifica i quasi 10 mila morti, oltre la metà dei quali bambini, fin qui assassinati con le bombe.
Clamore per le pietre d’inciampo ma non per i bambini uccisi
Contrapporre – dal punto di vista mediatico e morale – un’oscenità sul muro o la devastazione di una “pietra d’inciampo” con la vita di migliaia e migliaia di ragazzini è un qualcosa di, a dir poco, scandaloso e dimostra solo la incapacità – su determinate tematiche – di condurre ragionamenti, di esprimere giudizi e fare valutazioni appropriate, serene, imparziali ed equilibrate.
Quanti – in un grande clamore di stampa che ancora non è stato riservato alle vittime suddette – si fanno interpreti di questa indecente correlazione, sono secondi – o sono gli stessi? – solo a quelli che, dopo aver dichiarato di considerare i profughi di Gaza ostaggi di Hamas, giustificano la ferrea e crudele azione dell’esercito israeliano.
Un ragionamento equivalente a quello che potrebbe fare un imbecille di fronte al dirottamento di un aereo, il quale, per non rischiare l’incolumità degli agenti chiamati a risolvere la crisi, suggerisse di distruggere il velivolo con tutti i passeggeri a bordo. Israele ha diritto a tutelare la propria sicurezza? Certo che sì.
Israele ha diritto di tenere in gabbia 2 milioni e mezzo di uomini, donne e bambini? Certo che no.
E non si dica che la soluzione del problema è complessa: in svariati decenni, se ci fosse stata la volontà politica di risolverlo, oggi non ci si troverebbe in questa situazione.
E la responsabilità di quel che sta accadendo è primariamente di chi, avendo maggior forza militare e un immenso peso politico anche internazionale rispetto ai contendenti non ha fatto nulla, anzi, affinché la situazione non si incancrenisse.
Anche agitare campagne di vittimismo, per altro, più per iniziativa degli alleati di Tel Aviv che degli stessi israeliani, in una sorta di gara nel compiacimento dell’alleato, non aiuta a trovare pace e giustizia per tutti in un’area del mondo che da troppo tempo è di fatto una polveriera a cielo aperto.
In queste ore e in quelle che verranno, uomini, donne, anziani e bambini vengono uccisi a grappoli, nella Striscia di Gaza, e il proditorio attentato compiuto da Hamas non può essere trasformato in una “licenza di uccidere” chiunque è costretto a vivere al fianco dei militanti di quell’organizzazione.
E non può nemmeno costituire il pretesto per espellere anche da quel fazzoletto di terra che è rimasto loro un’intera popolazione, condannandola a un esilio senza futuro alcuno.
Chi, in tutto ciò, coglie il pretesto per dar sfogo alle proprie frustrazioni contro intonaci o sassi, venga individuato e preso a calci in culo, ma non solo per le sue eventuali aberrazioni ideologiche contro il popolo ebraico, ma anche e specialmente per il danno che arreca alla causa di un popolo che, oltre che a uno Stato, ha diritto a vivere in pace, in serenità, a progettare un futuro migliore per i propri figli.