Il Sol dell’Avvenire di Nanni Moretti – A patto di avere un paio d’ore libere vale la pena vedere l’ultimo film del più radical chic dei registi italiani (consci che si tratta di un’aspra competizione).
L’ultima fatica di Nanni Moretti è decisamente una visione faticosa perché costringe lo spettatore a dover fare i conti con dei tempi scenici mutuati più al teatro che agli sceneggiati televisivi moderni.
Moretti è decisamente stanco e fuori tempo, e così lo sono tutti gli attori comprimari, Silvio Orlando in testa.
Ridateci il vecchio PCI
Intendiamoci se l’effetto è stato voluto si tratta di un colpo di genio perché veramente viene voglia di abbracciare forte questi comunisti stravolti che sono ancora affezionati alle sezioni del PCI degli anni ’50. Si solidarizza così tanto con i nemici di sempre che veramente scatta l’applauso alla grigia censura fatta al tipografo omosessuale dal segretario di sezione interpretato da Silvio Orlando.
E fa sorridere vedere il tramonto di questi vecchi dinosauri comunisti, oramai mansueti e ciabattanti, costretti a vivere da decenni con sonniferi e stabilizzatori dell’umore.
Da ricordare l’eroica impresa di far risultare simpatico Corrado Augias e Renzo Piano (che interpretano una piccola parte).
Sullo sfondo Budapest ‘56
Un tramonto quello che dipinge Moretti dove il sogno contrasta la cruda realtà. I fatti ruotano attorno alle riprese di un film su una sezione del PCI degli anni ’50 alle prese con la rivolta ungherese e l’idea di fondo è il confronto tra il mondo di prima, dominato dai 2milioni di iscritti al PCI ed il mondo d’oggi, liquido e senza ideali nel quale Moretti si deve destreggiare tra Netflix, nuovi registi alla Muccino e le nuove generazioni totalmente disinteressate ai vecchi ideali comunisti.
Il finale è patetico ma è immenso
Farebbe sorridere ma fa piangere come Moretti ha risolto il film: sogna un PCI che si dissocia dall’invasione sovietica dell’Ungheria e che abbraccia i patrioti ungheresi e che rompe con Stalin e l’URSS.
La storia ci ha insegnato però tutto un altro epilogo: l’allora trentenne Giorgio Napolitano, dirigente del PCI, che elogiava pubblicamente i carri armati rossi e Palmiro Togliatti che si schierò con il padrone moscovita silenziando le poche e sparute voci contrastanti in seno al partito.
Matteo Carucci