L’Ideologia green è liberticida – Nel solco delle limitazioni delle libertà sperimentate durante la pandemia siamo oggi ad affrontare il massiccio e nuovo attacco alle libertà dei cittadini, in particolare alla libertà di movimento.
Le motivazioni sono quelle che derivano dalla ideologia green, che riguardano o riguarderanno nell’immediato futuro l’intera esistenza di ogni singolo individuo, dalla salute alla proprietà privata (la casa), dalla alimentazione alle attività economiche, dai trasporti alla mobilità dei privati.
Si assiste da più di un decennio ad una relativizzazione del diritto e di conseguenza della giustizia, infatti sull’onda emotiva di fatti di cronaca, omicidi, ad es. i c.d. femminicidi, si è passati da una considerazione unitaria del bene tutelato dalla norma, sia essa penale od amministrativa, ad una valutazione diversificata e a volte prospettica, che antepone aggravando, una valutazione di genere, di razza, o persino di “ mezzo” usato per provocare dolosamente o colpevolmente la morte di un individuo.
Insomma, per rispondere alla domanda dei cittadini di maggiore sicurezza i governi, indifferentemente di destra o sinistra, incapaci di qualsiasi azione “attiva” o proattiva sui fenomeni si limitano all’unico provvedimento che non ha costi e che soprattutto soddisfa l’immaginario collettivo del popolo, ovvero l’inasprimento delle pene per casi singoli.
La certezza della norma
Come dire, manifestando impotenza, non riesco ad impedire che qualcuno ti uccida ma stai sicuro che se lo prendo gli darò l’ergastolo, continuando a credere che la sola minaccia di una pena severa costituisca di per se prevenzione, quando è chiaro da tempo che, a parte la certezza di chi delinque di essere identificato e catturato, ciò che conta non è solo la “certezza” della pena ma anche, se non soprattutto, la certezza che il fatto reato sarà valutato uniformemente su tutto il territorio nazionale e soprattutto in ogni tribunale e da ogni giudice e che l’irrogazione della pena sia il più rapida possibile.
Insomma, tralasciando ogni disquisizione dottrinaria qui inopportuna, crediamo che oggi più che certezza della pena ci sia bisogno di certezza della norma il che vuol dire anche che il giudice non può “interpretarla” cioè immettere in essa un contenuto soggettivo, altrimenti si sostituisce al legislatore creandone un’altra (norma) diversa.
L’omicidio stradale
Discorso lungo… e qui vogliamo soffermarci su l’ultima innovazione della specie innanzi detta, ovvero l’omicidio stradale.
Allora premesso che, in generale, il provocare la morte di qualcuno alla guida di un mezzo per negligenza, imperizia o imprudenza sino ad oggi ricadeva sotto la previsione dell’art. 589 del Codice penale, omicidio colposo: “chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni”.
Il nuovo 589 bis cp, l’omicidio stradale, oggi sempre per l’aver cagionato la morte, per colpa, di qualcuno guidando un veicolo contravvenendo alle norme della circolazione stradale, innova punendo con la reclusione da due a sette anni.
Il “bene” vita
Quindi il fatto di aver provocato la morte di qualcuno con un’auto è considerato più grave in relazione al mezzo usato.
Ora poiché ogni norma penale è posta a presidio, a tutela di un “bene” in questo caso il bene “vita” mi chiedo in base a quale valutazione del legislatore la stessa vita se strappata con qualsiasi altro mezzo diverso da una autovettura riceve una protezione minore.
Evidentemente è guardato con particolare sfavore lo strumento autoveicolo, ovvero l’oggetto che rappresenta la libertà di movimento dei cittadini.
Pensate ad una tragedia accaduta di recente, il nonno che maneggiando imprudentemente un ordigno ritrovato, ne provoca lo scoppio che uccide il nipotino li presente, ora guardando solo la fattispecie principale ( non consideriamo particolari aggravanti o modalità dell’evento) il nonno in questione rischia per la morte del nipotino da sei mesi a 5 anni, se lo stesso “evento morte” lo avesse provocato con una autovettura per una manovra ugualmente imprudente la pena prevista sarebbe da due a sette anni a fronte della stessa vita perduta.
È evidente come la protezione del “bene vita” subisce modifiche nella valutazione, o protezione previste dal legislatore, la vita umana riceve cioè diverse “protezioni” a seconda del mezzo usato per spegnerla e l’auto oggi è il mezzo che riceve più disvalore.
Infatti, a parte le pene, elevatissime, previste per la guida in stato di ebrezza o da stupefacenti vi è una autonoma previsione per l’omicidio stradale che si verifica per il superamento dei limiti di velocità, punito con pena da 2 a 7 anni, o se si supera di più del doppio il limite previsto da 5 a 10 anni.
Vi ricordo che il limite oggi previsto e sempre più diffuso è quello dei 30 Kh, il cui doppio è 60 Kh !
Gli utenti “deboli”
La motivazione apparente di queste misure è narrata come espressione di sicurezza sia fisica per i cittadini sia “climatica”, ora iniziamo col dire che le statistiche ci dicono che i più esposti ad incidenti con esito fatale sono i motociclisti, i ciclisti ed i pedoni ed infatti le stesse amministrazioni li definiscono utenti “deboli” della strada e millantano che il limite dei 30 Kh serva soprattutto a loro.
Non dicono che queste categorie sono certamente quelle più indisciplinate, è nell’esperienza comune quella che vede la maggior parte dei ciclisti circolare come se fossero esentati dalle regole del codice della strada ed infatti la maggior parte delle vittime in città sono pedoni o ciclisti. Valutazione autonoma poi meriterebbe il modo in cui sono progettate e realizzate le piste ciclabili.
Le motivazioni “climatiche”
Ma la parte più preoccupante sono le motivazioni “climatiche”, segnalando che non vi è nessuno studio attendibile sul minore inquinamento nella marcia ai 30 km ora , anzi esattamente il contrario ( si marcia in “terza”, più frenate e più sgasate, più tempo di percorrenza, la marmitta catalitica non riesce ad entrare in “temperatura” per essere efficace ecc. ). È bene tenere presente che il limite dei 30 Kmh e l’ampliarsi a dismisura delle zone ZTL ove se non sei un ricco proprietario di auto elettrica non puoi nemmeno avvicinarti, sono solo la prima fase del futuro e generalizzato lockdown climatico, ( già parzialmente in atto a Milano ) oltre che l’attuarsi di quella ideologia che considera pericolosa la libertà di circolazione, soprattutto quella incontrollata, e con questi provvedimenti intende realizzare surrettiziamente l’esproprio sostanziale dei mezzi privati di locomozione per omologare anche la libertà di circolazione alla “libertà” del pensiero unico oggi vigente.
Libertà e movimento
Se non sei libero di muoverti non sei libero di comunicare aggregandoti fisicamente ad altri, ad esempio, per manifestare con più forza il tuo dissenso.
L’ideologia green, che ha sostituito quella sanitario-pandemica anche in tema di circolazione e movimento prevede ovviamente anche il controllo dei movimenti dei singoli individui con l’ausilio della tecnologia, contrabbandata come strumento per salvare il pianeta.
Infatti oltre che gli autovelox si prevedono migliaia di telecamere installate per il controllo non solo della circolazione in quanto tale ma soprattutto per la verifica, l’identificazione e la sanzione dei mezzi considerati “no green” che non potranno usarsi nemmeno per recarsi al lavoro o all’ospedale, a meno che non paghi una tassa per ogni giornata di guida della tua auto non a norma.
L’occhio del “Grande Fratello”
A Londra, come nella Milano di Sala, infatti è già in essere questo sistema per contenere le emissioni in zone sempre più estese della città dove un complesso sistema di centinaia di telecamere in grado di riconoscere targa e modello auto sanzionano automaticamente i guidatori che non hanno pagato la tassa di 12,50 sterline al giorno per circolare (programma ULEZ che comprende ben 380 Km quadrati in ampliamento a 1.500 !!).
Ma, diversamente da Milano, a Londra come ad Oxford è però nata la “resistenza” alla dittatura climatica anche nella circolazione, infatti sono nate squadre di “attivisti” che a fronte delle prime 1.500 telecamere installate ne hanno distrutte ben 600, provocando nella amministrazione una fase di riflessione sulla implementazione dei progetti ULEZ.
Molte città italiane sono già su questo percorso con l’identico punto d’arrivo (Milano, Roma, Bologna ….) e a rimetterci, come per le case green e per tutti i provvedimenti c.d. climatici sarà quella nuova, e vasta categoria di cittadini “non ricchi”, indirettamente individuata dal superamento dei vecchi concetti di destra e ssinistra, condannataad una “vita a debito” dal mercato globale e dalle élite che lo governano.
Far cassa e reprimere la mobilità privata
Tutti i provvedimenti di contenimento del traffico adottati dalle amministrazioni locali e senza una reale opposizione del governo centrale, pur essendo nominalmente adottati per garantire maggiore sicurezza ai cittadini hanno in realtà due finalità principali: far cassa con le multe, pensate ai nuovi autovelox in città, e reprimere con il controllo asfissiante della tecnologia la mobilità privata, ritenuta ideologicamente troppo libera e pericolosamente incontrollata.
Le ZTL sono la nuova frontiera della lotta di classe, ma a parti invertite nel senso che all’interno ci sono i “ricchi” che votano a sinistra e girano con la Tesla, e fuori invece tutti gli altri indistintamente che a bordo di Panda euro 2 cercano di oltrepassare clandestinamente la frontiera e non v’è ONG che li aiuti.
Giovanni Preziosa