Il mondo al contrario lo viviamo ogni giorno – Non voglio copiare il titolo del libro del generale Vannacci ma le ultime notizie riportate sui quotidiani sono da romanzo di fantascienza.
La teoria del PM di Brescia
L’altro giorno un PM della procura di Brescia ha assolto un cittadino del Bangladesh che maltrattava la moglie perché spinto dal suo impianto culturale.
La moglie, spero ex, aveva sporto denuncia contro il marito per i classici maltrattamenti fisici e psicologici.
È da aggiungere che l’uomo, cugino della donna, l’aveva pure comprata come una capra al mercato. E naturalmente il quadro indiziario portava ad una sola conclusione e cioè che questo gentiluomo trattava sua moglie come una schiava.
Magari contasse sempre il fattore culturale
Ma per questo PM no, questo troglodita va compreso perché nel suo contesto culturale la prepotenza maschile e il servilismo femminile fanno parte del DNA culturale di quella società. Quindi il fattore culturale dovrebbe essere predominante sulla legge italiana.
Ma questo PM ha applicato il codice penale o la sharia?
Rimango basito, come la sua collega di Rovereto che elogiava le qualità fisiche e morali del nigeriano che ha ammazzato a pugni la povera Iris Setti.
Ora spero che la tesi sia rigettata in toto per due motivi.
Il primo è che si creerebbe un pericoloso precedente e il secondo che con una sentenza di questo genere lasceresti intendere che in Italia la sharia potrebbe essere tollerata.
L’UCOI gongola
Non è un mistero che Hamza Piccardo (italiano), fondatore e capo dell’UCOI (Unione Comunità Islamiche Italiana) stia lavorando ad un sistema di corti islamiche e a un registro dei matrimoni religiosi, celebrati in moschea dagli imam, seguendo i pilastri del corano.
L’esempio inglese
Questo già accade in Inghilterra.
Quindi matrimoni, divorzi, affidamento dei figli andrebbero regolati dalle leggi della sharia.
Basta ricordare l’imam di Birmingham che, pochi giorni fa, asseriva come le adultere dovessero essere lapidate secondo i dettami di questa legge islamica.
Intanto le femministe…
Le femministe dove sono? Solo un silenzio assordante, un ossimoro perché qualsiasi reato commesso da extracomunitari nei confronti delle donne viene zittito, non considerato così grave perché il “poveretto” in fondo arriva da società tribali, serve tempo per educarlo.
Se invece a commettere il reato è un cittadino italiano il substrato culturale non esiste (anche se magari arriva da contesti disastrati e con poca cultura scolastica): lui è colpevole a prescindere perché è un bianco eterosessuale con un pizzico di fascismo che non guasta mai.
Attenzione, dunque, perché se le leggi islamiche fanno breccia sarà il punto di non ritorno.
L’ennesimo film radical chic
L’ altro pensiero è per il festival del cinema ipocrita di Venezia dove ovviamente è stato premiato il film di Matteo Garrone sull’ immigrazione, in salsa buonista, Io capitano.
Immagino la giuria composta da radical chic squittire soddisfatti su questo film: loro sono sempre a fianco dei più deboli ed emarginati, basta che non stiano nei loro quartieri e a debita distanza. Avranno poi mangiato piatti poveri di nouvelle cuisine innaffiati da vini da 800 euro a bottiglia disquisendo poi di quanto loro siano bravi ed attenti ai problemi del terzo mondo.
Della serie: me la canto e me la suono da solo.
La torre d’avorio
Considerando che loro (i progressisti) sono il primo mondo, dovrebbero porre attenzione al secondo mondo, quello a cui appartengono i comuni mortali, dal primo mondo ovviamente schifati.
In un sotto girone del secondo mondo, esiste una specie che si chiama pensionato sociale e che si può trovare nei mercatini rionali a volte a raccattare frutta e verdura lasciata dagli ambulanti.
Mi piacerebbe vedere registi come Garrone girare un film su come campano queste persone che devono rinunciare con soli 480 euro al mese, a tutto ciò che la vita non gli concederà più.
Per loro lo stato non mette a disposizione 1200 euro al mese come per ogni clandestino (si può ancora dire?) che sbarca in Italia.
È veramente un mondo al contrario per non dire effettivamente quello che è: un mondo di m….
Maurice Garin