Moderati e conservatori, certo! – Per quattro anni e tre mesi, poi – si sa – incombe l’incubo delle elezioni e la pressione dell’elettorato fa si che, dalla Francia alla Germania, i partiti del Ppe e liberali, per arginare l’avanzata delle destre, diventino improvvisamente “duri” sui temi della immigrazione, della sicurezza, degli interessi nazionali.
Ovvio, si tratta di una banale e ipocrita fiction: dopo il voto, gli eurodeputati torneranno a belare nel recinto degli eurocrati, ma è pur sempre una sceneggiata necessaria.
Premier di “Destra”
Per Giorgia Meloni il problema è ancor più complicato: lei sarebbe l’unica premier di destra, ma ha speso tutto il primo anno di governo a traghettare se stessa e i suoi fratelli – di casa o di partito poco cambia, in realtà – verso le spiagge serene e sicure del “centrismo” e non è facile, adesso, calcare nuovamente l’elmetto chiodato e digrignare i denti sui temi verso i quali si era appena costruita un’immagine moderata.
Anche perché, per quanto Giorgia lucidi l’acciaio del casco e l’ottone del pomello, gli italiani ormai sanno – sia che la apprezzino sia che ne siano rimasti delusi – che si tratterebbe solo di una recita a fini elettoralistici.
Una sorta di remake della Giorgia barricadera, però, già pronta a corteggiare nuovamente la Ursula o le altre Ursule che il Ppe o altri “potentati” continentali, su delega degli Usa, le dovessero imporre.
Tanto, poi, agli elettori si può sempre raccontare come sia impensabile “non agire con concretezza” e che i toni aspri di una campagna elettorale possano e debbano essere immediatamente dismessi, ottenuto il risultato.
Ci cascheranno ancora gli italiani?
Molti sicuramente si, ma tanti altri si ricorderanno le promesse non mantenute e – sul tema specifico della immigrazione – l’unico record del suo governo: quello degli sbarchi.
Per non parlare del “blocco navale” trasformato in un fantomatico “piano Mattei”, di fronte al quale sempre più paesi africani si orientano verso il Brics delle odiate Russia e Cina.
Quel che è più grave – come, per una volta almeno, ben scrive La Repubblica – è che il timore della Meloni, al pari di quelli di Macron e dei tedeschi, non è il prevalere dei socialisti – che in Italia manco esistono più -, bensì delle Destre che, magari, non amano più neanche definirsi così, ma non hanno rinunciato a essere tali veramente: Marine Le Pen, l’Afd, il nuovo raggruppamento che si sta formando intorno a Gianni Alemanno, a cui si affianca anche una Lega smaniosa di restituire a Fd’I lo sgarbo del furto di voti compiuto opponendosi a Draghi, ma solo per diventarne il clone dopo il voto politico.
Ed è questo – sarà questo – l’ultimo grande “strappo” della Meloni: agire elettoralmente non per imporre in Europa un’alleanza tra Centro e Destre contro i socialisti; bensì, tentare di azzoppare le Destre per consentire al Centro, se non di prevalere, almeno di aver maggior voce in capitolo nell’alleanza consociativa tra i due pilastri dell’eurocrazia.
Lo schiaffone popolare, però, stavolta rischia di arrivare sul serio
Massimiliano Mazzanti