L’8 Settembre che non passa – L’8 settembre 1943, fino ad una sua curiosa rivalutazione operata anni addietro dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha rappresentato la data della vergogna, della “morte della patria”, per citare il titolo indovinatissimo di un libro di Ernesto Galli della Loggia, un giorno storico sul cui giudizio si può trovare forse l’unico punto di convergenza tra fascisti e antifascisti.
Si è scritto tanto sugli antefatti dell’Armistizio, sul lavoro sotterraneo del re Vittorio Emanuele III alla ricerca di aiuti e contatti per arrivare alla resa dell’Italia e sul supporto trovato dalla monarchia in figure quali quella di Dino Grandi, di Giuseppe Bottai, di Galeazzo Ciano ma anche del card. Montini – uno dei pochi accaniti antifascisti del Vaticano, sicuramente il principale – oltre, ovviamente, del Maresciallo Badoglio.
Le conseguenze
Ci sembra piuttosto utile analizzare, in questa sede, le conseguenze, ancora attuali, di quell’armistizio.
Cinque giorni prima, il 3 settembre, a Cassibile, frazione di Siracusa, il Gen. Giuseppe Castellano, firmava, in rappresentanza di Pietro Badoglio, la resa incondizionata dell’Italia.
In quell’atto era previsto, in maniera abbastanza chiara, agli artt. 2, 8 e 9 il cambiamento di casacca dell’Italia che, da alleata dei tedeschi, diventava di colpo cobelligerante al fianco degli Alleati.
Saliva, insomma, sul carro del vincitore, cosa che avrebbe poi condannato il nostro popolo al disprezzo e al dileggio.
Ma di questo cambiamento di fronte, Badoglio, nel proclama dell’8 settembre alla radio, fece solo un accenno minimo ed estremamente ambiguo:” Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.” .
Pare che, in omaggio alla lealtà sfoggiata dal Maresciallo, gli angloamericani abbiano in seguito coniato il verbo “to badogliate”, che significherebbe tradire in modo stupido.
Le conseguenze della resa furono molteplici e drammatiche, basti ricordare che, prima dell’8 settembre, non risulta un solo ebreo consegnato dalle autorità italiane ai tedeschi, nonostante le fortissime pressioni germaniche. Dopo le cose cambieranno, insieme ai rapporti di forze.
Ma vogliamo focalizzarci su un aspetto giuridico essenziale.
All’armistizio di Cassibile, il cosiddetto “Armistizio corto”, seguì, il 29 settembre, l’”Armistizio lungo”, o Armistizio di Malta, firmato sulla corazzata inglese Nelson da Eisenhover e da Badoglio.
Il testo, più corposo di quello di Cassibile, prevedeva, all’art.30:” Tutte le organizzazioni fasciste, compresi tutti i rami della milizia fascista (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale), la polizia segreta (OVRA) e le organizzazioni della Gioventù Fascista saranno, se questo non sia già stato fatto, sciolte in conformità alle disposizioni del Comandante Supremo delle Forze Alleate. Il Governo italiano si conformerà a tutte le ulteriori direttive che le Nazioni Unite potranno dare per l’abolizione delle istituzioni fasciste, il licenziamento ed internamento del personale fascista, il controllo dei fondi fascisti, la soppressione dell’ideologia e dell’insegnamento fascista.” .
Questo articolo sarà poi ripreso dell’accordo di pace fra l’Italia e le potenze alleate, il Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947, che, all’art.17, recita:
“L’Italia, la quale, in conformità dell’articolo 30 della Convenzione di Armistizio, ha preso misure per sciogliere le organizzazioni fasciste in Italia, non permetterà, in territorio italiano, la rinascita di simili organizzazioni, siano esse politiche, militari o militarizzate, che abbiano per oggetto di privare il popolo dei suoi diritti democratici.”.
La XII disposizione transitoria
Ecco, quindi, da cosa discende la XII disposizione TRANSITORIA della nostra Costituzione, che vieta la ricostituzione del partito fascista: dalla resa incondizionata alle potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale!
Se ne ricordino quelli che citano la Costituzione a vanvera!
All’art.1 della Carta si afferma che la sovranità appartiene al popolo – si suppone quello italiano – eppure sussiste da 80 anni il diktat di potenze straniere, recepito nella stessa Costituzione.
E’ l’eterno 8 settembre, quello della fuga del re, dei vertici militari abbandonati senza disposizioni, di un disastro che, citando il De Felice de “Il Rosso e il Nero” ha “minato per sempre la memoria collettiva nazionale”. Una macchia indelebile, una vergogna perenne, una sovranità mai più ritrovata. E norme definite “transitorie”, ma ben salde da quasi 80 anni.
È l’8 settembre che non passa mai.
Raffaele Amato