Imperialismo linguistico, 80 anni dopo – Ogni 26 settembre con cadenza annuale dal lontano 2001 l’Europa celebra la giornata delle lingue europee.
L’Europa possiede, infatti, un tesoro linguistico, di ben ventiquattro lingue ufficiali e oltre sessanta comunità autoctone che parlano una lingua regionale o minoritaria.
Il primato della lingua inglese
Quest’anno più precisamente il 6 settembre ricorrerà, anche, l’ottantennale del cosiddetto “discorso-manifesto di Harvard”, in cui Winston Churchill (in occasione della laurea honoris causa) spiegò i piani volti all’affermazione di un imperialismo “per via linguistica”, ossia basato sulla capillare diffusione dell’inglese.
Nel suo discorso, Churchill menzionando Otto von Bismarck, afferma che, secondo il primo Cancelliere tedesco, il fattore più potente nella società umana, verso la fine del XIX secolo, fu il fatto che i popoli britannici e americani parlavano la stessa lingua.
Da qui il commento del politico inglese, secondo cui il dono di una lingua comune costituisce un’eredità inestimabile, tanto da potersi tradurre nel fondamento di una cittadinanza comune. L’intervento prosegue segnalando la proposta, inoltrata al governo britannico, di costituire un comitato di ministri per studiare e riferire sull’Inglese Basic (che sta per Britannico americano scientifico internazionale commerciale).
Controlla la lingua, controlli le menti
Una volta presentato il nuovo strumento di colonizzazione, descritto come “un potente fertilizzante e il fiume dell’eterna giovinezza”, Churchill conclude: “The Power to control the language offers far better prizes than taking away people’s provinces or lands or grinding them down exploitation. The empires of the futureare the empires of the mind”. Il potere di controllo sulla lingua offre ai conquistatori vantaggi ben maggiori che aggiudicarsi nuovi territori o nuovi paesi. “Questi piani offrono guadagni ben migliori che portando via le terre o le provincie agli altri popoli, o schiacciandoli con lo sfruttamento. Gli imperi del futuro sono gli imperi della mente”.
Dominio inglese
La supremazia della lingua inglese è sotto agli occhi di tutti. L’inglese è una lingua parlata da circa 400 milioni di persone e si stima che altri trecento siano i milioni di persone che la usano come seconda lingua.
La sua diffusione si deve all‘imperialismo britannico, che l’ha esportata in mezzo mondo facendone lingua dell’amministrazione e della cultura dall’India, all’Australia, all’Africa fino all’America settentrionale.
Proprio da qui, grazie all’espansionismo americano, la lingua inglese ha tratto nuovo, impulso. La ragione della diffusione dell’inglese è quindi di ordine politico-militare.
Le due guerre mondiali, poi, segnano, poi, la fine dell’Europa (l’Italia poi con l’armistizio di Cassibile e il trattato di pace di Parigi ha sancito il suo definitivo ruolo di colonia Anglosassone) come centro della vita politica internazionale.
Divisa tra due nuove superpotenze gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, e il francese, lingua parlata nel continente per secoli dalle classi colte nelle corti europee viene soppiantato dall’ inglese, la lingua dei vincitori, che però non è la lingua della cultura umanistica, bensì della tecnica.
Un altro soft power
Sia la Gran Bretagna che gli USA hanno esercitato questo strapotere linguistico, che altro non è che il potere del controllo sule altre nazioni del mondo, per decenni attraverso il cinema, la televisione, la musica e negli ultimi vent’anni con i mezzi di comunicazione sociale, penetrando in ogni ambito della vita di tutti gli individui del mondo, soggiogando loro le menti, plasmandoli , creando loro dei finti bisogni e dei falsi miti, rendendoli, così, succubi della cultura consumistica imposta dal modello anglosassone.
Basti pensare che tramite il cinema negli anni 50 creando i miti western hanno soggiogato le menti di noi tutti; infatti, da bambini si giocava a cowboy ed indiani, pur avendo molteplici esempi in Italia (basti pensare ai Romani contro Annibale, Guelfi contro Ghibellini, ecc..) molto più edificanti.
Indicativa la scelta UE
Fa poi specie che con la uscita del Regno Unito dalla Comunità Europea l’inglese resti come una delle tre lingue (le altre sono il francese ed il tedesco) con cui la Ue redige i documenti, anche se tale lingua all’interno della comunità viene parlata soltanto da circa 5 milioni di individui tra Irlanda (che ha scelto come lingua primaria il Gaelico) e Malta.
Per tali motivi l’Europa ha già perso sia in potere politico sia a livello culturale e va sprofondando verso un totale declino che ne sancirà il suo definitivo crollo, come fu per il secolare Impero Romano caduto per il degradamento dell’efficienza del suo esercito, l’aumento della popolazione, la crisi dell’economia, l’incompetenza degli imperatori, le lotte interne per il potere, i mutamenti religiosi e l’inefficienza dell’amministrazione civile.
Paolo Ornaghi