Il settembre rosso dei censori del passato – Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione vittime del 2 agosto, dalle colonne del “Carlino” raglia tutta la sua soddisfazione per la decisione di Marcello De Angelis di rassegnare le dimissioni da responsabile della comunicazione della Regione Lazio.
Se ne faccia una ragione, però, il Bolognesi: non si è dimesso per le note dichiarazioni sulla Strage di Bologna.
A indurlo al gesto, la campagna scatenata contro di lui da Emanuele Fiano, a causa di “Settembre nero”, canzone che può più o meno piacere – politicamente parlando -, ma che trova una sua piena giustificazione nella temperie culturale e politica in cui fu scritta. E che De Angelis scrisse quando era poco più che ragazzino.
In tutto ciò, qualcosa non torna
Perché Fiano, il quale, tanto per fare un esempio, ha brillato per il suo silenzio, quando Fedez attaccava niente meno che dal palco di Sanremo un membro dell’attuale governo per una cazzata neonazistoide molto più recente e molto meno “storicamente giustificabile” rispetto alla canzone di De Angelis; adesso se la prende tanto con lo stesso De Angelis, il quale ha pure chiesto scusa in tutte le maniere possibili, per il testo di quelle strofe?
Un’idea, dalle nostre parti, ce la siamo fatta e non riguarda certo le idee, i pensieri e le canzoni del passato e, se troveremo prove a conferma, la illustreremo.
Quel che è certo, è che la vicenda De Angelis-Fiano dimostra solo che chiedere scusa per il proprio passato, per di più quando da scusare c’è poco se non nulla, non serve a niente.
Non solo perché ad altri vengono perdonati – e senza contrizione – anche peccati peggiori, specialmente se di sinistra.
No, non è una questione “comparativa”.
Non serve a niente perché quando il peccato da espiare è ben diverso da quello che muove l’accusa o la finalità di raggiungere non dipende da ciò che si è disposti ad abiurare, chi punta il dito non smetterebbe e non smetterà di farlo fino a che non avrà annichilito la vittima di turno.
E cadere per cadere, tanto vale farlo restando fedeli almeno a sé stessi.
Con questo bisogna ora muovere a smorfia le labbra al solo nome di De Angelis?
Per carità!
Quale che siano state le sue colpe passate (inesistenti) o presenti (agli occhi degli avversari), chi non fa una bella figura è l’ambiente umano e politico a cui apparteneva e forse ancora appartiene e che non ha mosso un dito non tanto per difendere lui, ma il diritto di ciascuno ad avere una propria storia, a non doversi battere il petto di fronte ad autoproclamati censori del costume, della morale e della politica, a dover chiedere continuamente scusa per essere stati diversi – almeno in una parte della propria esistenza – dai peggiori e più squallidi figuri che, da sempre, sotto spoglie partitiche diverse, ma ugualmente menzognere, ammorbano il nostro Paese e il dibattito pubblico.