Cultura, il Centrodestra al governo santifica Sante Notarnicola, volgare assassino e rapinatore comunista
Dispiace dover dire sempre le stesse cose, ma sul piano della politica culturale i governi di centrodestra si caratterizzano quasi sempre per l’inadeguatezza.
Si parla di governi in quanto, nel caso del Bellaria Film Festival, gli enti interessati – giunta del Comune romagnolo e Ministero della Cultura – sono entrambi guidati dall’alleanza Fd’I, Forza Italia e Lega.
In cosa si manifesterebbe l’inadeguatezza, nella rassegna cinematografica appena aperta? Nel fatto che la pellicola forse più reclamata del “Premio Sezione Gabbiano” sia una pellicola di Matilde Ramini, intitolata “Fuoritempo”. Cosa sia la “Gabbiano” lo spiega la “homepage” stessa del Bellaria Film Festival: <Una sezione dedicata alla scoperta dei nuovi rappresentanti del cinema indipendente, film di qualsiasi genere, formato o durata, che siano in grado di spalancare lo sguardo del pubblico verso nuove prospettive del cinema italiano del futuro, attraverso ricerche e sperimentazioni di linguaggio ed estetiche.
Il premio Gabbiano venne assegnato fino al 1997, e tra le tante e i tanti venne vinto da Silvio Soldini, Paolo Rosa, Fernanda Moneta, Ciprì e Maresco, Agostino Ferrente>.
E sempre nel sito della rassegna si spiega di cosa tratti “Fuoritempo”: Sante Notarnicola è morto da meno di due anni. E’ stato un rapinatore di banche durante gli anni ’60 e ha passato un terzo della sua vita in prigione.
La regista scopre i suoi scritti e i suoi ideali comunisti grazie all’incontro con un gruppo che l’ha conosciuto. In una piccola stanza di un appartamento di Bologna, leggono le sue poesie e ricordano una figura che assume tratti mitici. Il loro trasporto per i temi a lui cari lascia trasparire un amore profondo, rivolto verso un uomo che ha vissuto gran parte della sua vita in un tempo lontano rispetto al loro.
I materiali di archivio che raffigurano e riguardano Sante Notarnicola raccontano una storia che è personale, ma non soltanto individuale. Questo viaggio fuoritempo attraverso filmati del secolo scorso, poesie e ideali politici porta la regista a specchiarsi nelle convinzioni e nei dubbi dei protagonisti.
Fuoritempo sfiora l’inizio degli anni di piombo attraverso uno dei suoi protagonisti più trasversali, raccontando la contraddizione della morale in un periodo storico fin troppo dimenticato dalla contemporaneità>.
Parole ben accostate e che non contraddicono certo quelle più sincere di “Zero”, pubblicate sotto l’inequivocabile titolo: <Il film su Sante Notarnicola, poeta comunista e combattente che aprì il Mutenye>. E via, quindi, con l’agiografia rossa <Nato nel tarantino, a Castellaneta, nel 1938, Sante iniziò la sua militanza politica a Torino e diventò noto nei primi anni 60 per una serie di espropri proletari insieme alla quella che fu chiamata la Banda Cavallero per raccogliere denaro a favore dei movimenti di liberazione nei paesi coloniali. Arrestato nel ’67, fu condannato all’ergastolo e trascorse un terzo della sua vita in prigione>.
Ora, a parte il “simpatico” eufemismo che trasforma le rapine in “espropri”, “Banda Cavallero” dovrebbe far drizzare le antenne.
La Banda Cavallero non fu affatto una banda di “espropriatori” e nemmeno di semplici rapinatori: Pietro Cavallero, Sante Notarnicola e Adriano Rovoletto furono una gang di volgari assassini.
E il cinema si è già occupato di loro, col celebre “Banditi a Milano” di Carlo Lizzani.
In quel film del ‘68 si descrisse l’impresa più famigerata dei tre – a cui era associato anche un minorenne, l’unico che evitò l’ergastolo appunto per la giovane età -: la rapina e la fuga per le vie di Milano del 25 settembre 1967, quando per sfuggire alle “volanti” queste vere e proprie bestie fecero il tiro al bersaglio sui passanti, assassinandone tre: Virgilio Odoni, fattorino di una cartiera; Giorgio Grossi, studente di soli 17 anni; Franco De Rosa, un napoletano emigrato al nord. Tanti altri rimasero feriti, in quell’agghiacciante pomeriggio.
Volgari assassini e militanti comunisti, tanto da accogliere la condanna all’ergastolo, cantando “Figli dell’officina”, nel tentativo di dare una veste politica alla loro brama di soldi.
Per altro, se Cavallero ebbe un processo di conversione, chiedendo più volte perdono alle sue vittime; proprio Notarnicola rimase “fedele” ai suoi ideali: quelli che animano un feroce “predatore” che non si cura certo del dolore che arreca a chi si mette sulla sua strada.
Non solo: tanta è stata la “irriducibilità” del Notarnicola che le Brigate rosse, quando inviarono la lista dei “prigionieri politici” da liberare in cambio della vita di Aldo Moro, misero il suo nome al primo posto dell’elenco.
Ecco chi s’intende celebrare nelle prossime ore con questo docu-film, ecco come i comunisti che ancora si annidano nella Sinistra “per bene” intendono depistare la memoria pubblica, elevando a simbolo uno dei più tristi figuri della storia criminale italiana.
E tutto ciò col “bollino” di due istituzioni del Centrodestra? Ovviamente, perché, nell’ansia di apparire sempre politicamente corretti, nessuno, al Comune di Bellaria e al Ministero della Cultura, si sarà accorto di quanti sta per accadere, ammesso che abbiano – assessori, ministri e sottosegretari del caso – memoria di chi sia stato realmente Sante Notarnicola.