Il tramonto della Smemoranda – Il gruppo Smemoranda, storico marchio milanese di agende, cartoleria e prodotti per scuola e ufficio versa in pessime acque.
Dai bilanci della holding, infatti, è emerso un buco di oltre 40 milioni di euro, che ha determinato ammanchi e licenziamenti.
Licenziati in sordina
Sono oltre 160 i dipendenti che l’azienda milanese ha mandato a casa, oltretutto in modo velato da un assordante silenzio.
Non una parola, infatti, è circolata sui media nazionali, né la politica – né tantomeno i sindacati – hanno detto alcunché a riguardo.
I sindacati in silenzio
E così decine di famiglie si sono ritrovate senza una fonte di sostentamento prezioso. E la cosa più drammatica è che, nonostante la notizia dei licenziamenti risalga ad oltre un mese fa, le sigle sindacali non abbiano mosso un dito neppure per diffondere la notizia.
Le ingerenze della sinistra
La Cgil, per esempio, pur essendo ben rappresentata all’interno del gruppo Smemoranda, non ha fatto niente per evitare i licenziamenti di massa. Peraltro, interpellata dai lavoratori, si è rifiutata non solo di organizzare qualsiasi forma di protesta, ma persino di firmare un comunicato che rendesse la questione di dominio pubblico.
È l’ennesimo corto circuito della sinistra arcobaleno, sempre in prima linea quando si tratta di denunciare il presunto pericolo fascista o di difendere i finti diritti “civili”, ma evanescenti in tema di tutela dei diritti sociali.
Cronaca di una politica finta, marcia e decotta, che ha voltato le spalle agli italiani ed al popolo che lavora e produce, per abbracciare interessi foschi ed antinazionali, al servizio di lobby e potentati spregiudicati e senza scrupoli.
Giustino D’Uva