L’antifascismo dei Fratelli – Dai nemici mi protegga Iddio, che dai parenti mi tengo lontano io.
Atlante Politico ha rilasciato un sondaggio con un sacco di interessanti sorprese.
La prima è che il 56% degli elettori di Fratelli d’Italia pensa che l’antifascismo o abbia fondato questo paese o ne sia un elemento fondamentale.
Di certo non crede che sia un problema, lo pensa, infatti, solo il 7%. Per farvi capire la grave ilarità della cosa, in Forza Italia (o in quel che ne resta) a pensare che l’antifascismo sia un problema oggi è il 14%. E la percentuale di chi crede che sia un elemento fondante della Repubblica (o quanto meno sia davvero importante) è “solo” il 47%. Nove punti in meno.
Qualcuno potrebbe domandarsi come sia possibile che, chiusi in un bunker con il vecchio leone ferito, circondati da vecchi alleati divenuti nuovi e affamati nemici, gli elettori liberali riescano ad avere una visione più chiara del problema dei supposti nazionalisti e conservatori. Quel qualcuno non deve essere di destra, però, per farsi una domanda del genere.
Verità clamorose
A volte è proprio nei luoghi più improbabili che sbocciano le verità più clamorose. Qui non discuterò di fascismo e antifascismo, anche perché me ne mancano i titoli. Quello di cui, però, non si può far a meno di parlare è di cosa succeda ai partiti che si gonfiano troppo in fretta. Fratelli d’Italia ha avuto una crescita clamorosa, merito di Giorgia Meloni. E una disastrosa gestione della medesima, sempre merito di Giorgia Meloni. Il problema è che, vergognandosi dei dirigenti che, fedelmente, li avevano seguiti nel deserto durante gli anni duri della traversata, qualcuno ha pensato che fare shopping fuori fosse una grande idea.
La Babele che sfida il cielo
Non mi riferisco a chi ci sia entrato seguendo delle idee e delle visioni conservatrici. Quelli hanno semplicemente sbagliato indirizzo, senza che nessuno gli facesse la cortesia di dirglielo.
Forse a voi non sarà mai capitato di entrare nel posto sbagliato. A me sì, svariate volte. E sono grato a chiunque me lo abbia fatto notare.
No, il problema è stato cercare di rifare il Partito della Nazione, stavolta da destra. Essere nazionalisti significa sognare di fare grande la patria. Fare il Partito della Nazionale significa sognare di fare grande il proprio patrimonio. Patrimonio di voti, di seggi, di posizioni di sottogoverno, stato profondo e profondo stato di coma ideale.
Questa Babele, che sfida il Cielo della politica, finisce sempre nello stesso modo.
Il PDL lo dimostra, la Lega di Salvini lo conferma. Fratelli lo certificherà. E quel sondaggio lo fotografa: la base, quella che deciderà gli eletti e quindi gli equilibri interni, non se ne fa nulla dei militanti storici. Quelli che ai Presente c’erano, quelli che non hanno dimenticato Sergio. Quelli che con il freddo e le lacrime ad Acca Larentia c’erano e ci sono sempre stati. Vogliono, invece, cose tipo Open to Meraviglia. Vogliono una schiera di giovani deputati che ripetono il mantra della leader.
Il partito del PIL
E non vogliono, per Giove Pluvio, saperne nulla di ventenni. Né intesi come periodi storici e laboratori politici. Né intesi come ragazzi con una divisa, un onore e una bandiera per cui morire. Vogliono il partito del PIL. Il che, avvenisse in casa forzista, non sorprenderebbe. E forse nemmeno scandalizzerebbe. Il fiume non è colpevole del suo viaggio dalla fonte al mare. Ma qui si sta allagando una pianura, trasformandola in palude. Distruggendo il sogno di una comunità che si staccò dal PDL proprio per avere aria pura e spazi aperti. Pochi, ma felici.
Cedere alla tentazione
Ora sono in molti e antifascisti. Il giusto premio per aver ceduto alla tentazione della popolarità. E aver assecondato l’avidità di consenso e voti.
La ricchezza, in politica come nella vita, ha un costo. E in questo caso è l’anima di un popolo che aveva resistito per un decennio alla corruzione intellettuale. Solo per cadere al primo successo.
Il che sarebbe molto triste, se non fosse terribilmente educativo.
Brian Curto