Mamma o nonna? La storia di Ana Obregòn – Nelle scorse settimane è uscita in esclusiva sulla copertina della rivista ¡Hola!, la foto della sessantottenne Ana Obregòn all’uscita della clinica con neonata in braccio, avuta con maternità surrogata.
Una notizia che aveva dato vita a un forte dibattito pubblico in Spagna dove la gestazione per altri (Gpa) è vietata dal 2006.
L’intervista alla Obregòn
Ma non è finita qui, visto che è uscita un’altra raccapricciante rivelazione dove l’attrice ha spiegato che la piccola Ana Sandra Lequio Obregòn, nata il 20 marzo, è sua nipote biologica, in quanto concepita con il seme del figlio Aless Lequio, scomparso nel 2020 per un tumore. “Legalmente è mia figlia, e così viene indicato sul suo passaporto. La registrerò presso il Consolato spagnolo e così potrò portarla a casa”, ha detto in un’altra intervista rilasciata ancora alla rivista ¡Hola!.
Si dice che quella di concepire un figlio era stata l’ultima volontà di Aless. “Quando gli hanno diagnosticato il cancro, i medici avevano raccomandato ad Aless di conservare campioni di sperma per assicurarsi di poter aver figli. Questi campioni sono stati conservati a New York. Un giorno in cui Aless stava già molto male, ci ha detto che se gli fosse successo qualcosa voleva che sapessimo che lui voleva lasciare degli eredi in questa vita”.
E poi: “Ho preso la decisione di iniziare il processo di maternità surrogata, che come è noto implica la partecipazione di una donatrice di ovulo e di una gestante, il giorno stesso in cui lui è volato in cielo”, ha detto. Obregón ha poi assicurato che tutto il procedimento seguito per arrivare alla nascita della bambina è “legale” e che, anche se sarà principalmente lei a prendersene cura, non pensa di nasconderle in futuro l’identità di suo padre biologico. “Le dirò: ‘Tuo papà è in cielo e che tu arrivassi era ciò che più desiderava al mondo, e tua mamma è una donatrice, e basta. Che problema c’è?”, ha detto.
Un problema etico
Il dolore degli altri non si giudica né si interroga ma l’egoismo sì.
Un egoismo paradossalmente coltivato e diffuso in nome di nobili valori come l’amore verso il prossimo senza però mai interpellarlo.
Un egoismo che,” per amore dei figli “, li priva di un padre e di una madre sin dalla nascita ma che, sempre paradossalmente, porta alla creazione di un figlio legale e nipote biologico di una donna che,” in nome dell’amore “, ha deciso di realizzare l’ultimo desiderio del figlio (quello vero) privando una creatura del diritto di avere un padre e una madre.
Quest’ultima resa, ancora una volta, un forno per soddisfare i desideri dei grandi mentre si calpestano i diritti dei piccoli.
Ennesima dimostrazione di come l’utero in affitto prima di essere una pratica illegale è una pratica disumana.
Rita Lazzaro