Poliziotti depistatori? Allora, subito alla sbarra! Ma… Nelle quasi 1.800 pagine con cui è stata motivata la condanna di Paolo Bellini per la Strage del 2 agosto, viene indicata come <granitica> la prova costituita dall’intercettazione ambientale di Carlo Maria Maggi, ex ordinovista veneto, regolarmente morto come quasi tutti i personaggi-chiave di questo come di altri analoghi processi, in cui direbbe che la bomba alla stazione di Bologna sarebbe stata portata da un aviere.
Non solo: di fatto si scrive che i tre funzionari della Polizia scientifica avrebbero alterato il nastro di prova, quando sono stati incaricati di pulire quel supporto magnetico dai rumori di fondo, facendo sì che si ascoltasse – come tutti hanno ascoltato, visto che quella registrazione è stata trasmessa da molte reti televisive – tutta un’altra frase.
Ora, nessuno spiega, nemmeno la sentenza, perché tre funzionari della Polizia di Stato che, per altro, forse nemmeno erano nati nel 1980 o, al più, erano bambinetti, avrebbero dovuto mettere a rischio le loro carriere e la loro reputazione per aiutare Paolo Bellini, “taroccando” la nota registrazione.
Periti accusati di depistaggio
In realtà, a loro è successo quel che è successo a tanti altri, a Bologna, in questi ultimi sei o sette anni: chiamati a dimostrare con una perizia la tesi dell’accusa, avendola invece dovuta smentire, sono stati accusati di depistaggio.
Attenzione, però, accusati dalla stampa; implicitamente anche nella sentenza, come appena detto; ma non formalmente, con una precisa denuncia.
Oppure, se questa denuncia è stata depositata, non se ne ha notizia.
Ora, data la natura dell’accusa – un corpo dello Stato che, per vanificare una richiesta della magistratura, avrebbe alterato le prove di un processo tanto importante sul piano non solo giudiziario, ma anche politico, storico e morale -, i ministri della Giustizia e dell’Interno non possono restare inermi: devono pretendere subito che i tre siano processati e con un iter particolarmente accelerato, al fine di verificare subito se esistono “depistatori” annidati nelle forze dell’ordine.
Un fatto del genere non può essere lasciato alla decantazione del tempo.
Bologna e tutte le parti interessate al processo devono sapere subito se quei tre poliziotti sono corrotti, depistatori, fiancheggiatori del terrorismo, oppure se sono cialtroni i magistrati che hanno additato quella perizia come falsa, dal momento che non prova quel che si pensava che provasse. Oggi, la registrazione della voce di Maggi “ripulita” dai rumori di sottofondo è chiarissima: non parla di una “aviere”, bensì dello “baglio di un corriere” e, siccome non possono essere vere insieme due tesi contrapposte, o sono delinquenti quelli che hanno in qualche modo cambiato le parole del defunto medico, oppure non sono onesti coloro che accusano i funzionari della Polizia di depistaggio.
Tertium non datur.
E bisogna saperlo immediatamente, perché da troppi anni, nella vulgata sulla strage di Bologna, si stratificano verità che tali non sono mai emerse come tali nei dibattimenti, oppure si aspetta la morte degli imputati per addossargli qualsiasi responsabilità nelle motivazioni di questa o quella sentenza. Ci sono tre depistatori, nel processo Bellini?
Allora, alla sbarra e subito!