Il MES – Meccanismo europeo di stabilità: solo il nome dovrebbe far tremare polsi e portafoglio agli italiani.
Inizialmente, fu proposto come fondo da utilizzare da parte degli stati Ue per la sanità, e solo per determinati interventi sulla sanità, con interessi usurai e clausole sostitutive della sovranità nazionale (ingresso della Troika) nel caso di difficoltà nella restituzione.
La riforma in atto del Mes lo trasforma in fondo salva banche (backstop) con una dotazione di 704 miliardi sottoscritti, di cui 125 a carico dell’Italia.
Accesso condizionato
Ma il bello (si fa per dire) è che l’accesso a questo fondo, ribadendone il meccanismo strangolatorio, è possibile solo per i paesi che sono in regola con il patto di stabilità, ovvero che hanno “i conti in ordine” in relazione alla sostenibilità del debito pubblico.
Un bell’affare! Molto simile alla vendita della fontana di Trevi da parte di Totò e Nino Taranto, solo che oggi sono gli italiani che pensano di comprarla, la fontana.
Quindi, il nostro Paese ci dovrà mettere un pacco di miliardi senza poi poterli utilizzare, malauguratamente, in caso di necessità.
Anche i più acritici adoratori della “fine della pacchia europea” possono indovinare quale sia, allo stato attuale delle cose, lo stato europeo con i conti in regola, ma con la banca principale in crisi: la Germania. Per fortuna, ma non si sa per quanto ancora, il Presidente del Consiglio ancora resiste nella ratifica del Mes che è, peraltro ad oggi l’unica promessa elettorale che ancora non è stata disattesa.
Un’altro sogno infranto
Anche se la sua affermazione in merito – “una cosa è la ratifica, altro poi è utilizzarlo” – assomiglia molto alla parte di Taranto nella vendita della fontana suddetta.
Questo governo finirà per ratificarlo, sostenendo che la sola ratifica è ininfluente sia dal punto di vista economico che da quello della cessione di quote di sovranità nazionale e che, in cambio, ci sarebbero state sbloccate quote del Pnrr incagliate per la solita inefficienza degli apparati.
È triste vedere non solo naufragare, ma ribaltare totalmente il sogno di tanti elettori che credevano in una riconquista non si dice della sovranità, ma almeno della dignità nazionale. Ma a questo punto pare proprio si sia arrivati
Giovanni Preziosa