Il volo dell’avvoltoio – L’origine degli avvenimenti che hanno trasformato il volto dell’Africa Australe, nel periodo 1974-1994, determinando la disintegrazione politica di quattro paesi di enorme potenzialità economica e strategica, quali Angola, Mozambico, Rhodesia e Sud Africa, va ricercata nell’episodio, apparentemente insignificante, della Rivoluzione dei Garofani; un colpo di stato incruento, avvenuto a Lisbona nell’aprile del 1974, determinato ad abbattere i resti del regime salazariano ed a liquidare i possedimenti lusitani di oltre mare.
La Rivoluzione dei Garofani
Detonatore della rivolta fu il libro Portugal e o Futuro scritto, nel febbraio del 1974, dall’allora vice capo di Stato Maggiore, generale Antonio De Spinola; uomo dal passato militare prestigioso per essere stato volontario, sul Fronte Orientale, con le Camicie Verdi nel corso del secondo conflitto mondiale nonché governatore della Guinea Bissau (1968-73) nel periodo di maggiore intensità della campagna insurrezionale lanciata dai guerriglieri del PAIGC, guidato da Amilcar Cabral, contro Lisbona.
Il libro, partendo dal presupposto che il perdurare dei conflitti coloniali con i vari movimenti di liberazione, operanti in Angola, Mozambico e Guinea Bissau, avrebbe portato il Portogallo al collasso economico prima ed a quello istituzionale dopo, auspicava l’apertura di negoziati con le parti avverse, essendo ritenuta impossibile una soluzione militare duratura.
Le manovre dietro le quinte
Esposizione dei fatti che, seppure non condivisa dal generale Arriaga, comandante delle truppe in Mozambico, ebbe l’effetto d’incoraggiare il disfattismo fra l’esercito il cui morale era già minato dalla propaganda diffusa dal Movimento des Forcas Armadas, d’ispirazione comunista, nel quale si riconoscevano molti giovani ufficiali.
Le truppe dislocate nelle province d’oltremare, formate in gran parte da soldati di leva, cominciarono ad ammutinarsi, pretendendo l’apertura di contatti immediati con le organizzazioni della guerriglia per negoziare una tregua, qualunque fosse il prezzo politico da pagare, incluso, come poi accadrà, l’espulsione forzata di centinaia di migliaia di coloni e la confisca, senza compenso, delle loro proprietà.
Quello di usare soldati non professionisti sarà un errore tattico imperdonabile, fatale per le sorti dei conflitti in atto. Le guerre coloniali si combattono con soldati determinati, agili ed aggressivi e non con guarnigioni statiche, rinchiuse nei propri fortini, capaci solo del numero. La guerra di Algeria avrebbe dovuto insegnare qualcosa ma non lo fece.
La fine dell’ultimo impero coloniale
Nel giro di poche settimane il caos s’impadronì del terreno ed a nulla servì il colpo di mano tentato, nel settembre 1974, da un comitato civico per salvare dall’anarchia almeno il Mozambico.
Per l’ultimo impero coloniale europeo in Africa era giunto il momento della resa: una resa ignobile e frettolosa, dopo 5 secoli di dominio ininterrotto.
Un anno dopo la rivoluzione dei Garofani, De Spinola, esaurito il suo compito di utile idiota, verrà messo da parte da un successivo golpe, capeggiato dal generale Costa Gomez che aprirà la strada al nuovo corso democratico del paese, con il socialista Mario Soares al governo.
Ma era veramente così disperata la situazione militare portoghese da non lasciare alternativa ad un arrendersi, senza condizioni, a guerriglieri male armati, mediocremente organizzati e tribalmente litigiosi?
O si trattò di qualcosa d’altro? Di una manovra concepita altrove per iniziare un gioco del domino ove la spinta ad una pedina avrebbe innescato un percorso di caduta anche per le altre, destabilizzando il quadro geo politico interessato.
L’inchiesta giornalistica
La risposta apparirà in una serie di articoli pubblicati sul giornale sudafricano The Citizen, nel corso del 1977 e poi raccolti, in un’unica pubblicazione riassuntiva, dalla giornalista Aida Parker, sotto il titolo Secret US war against South Africa che avrà un effetto dirompente sull’opinione pubblica locale.
Per la prima volta si dava un nome ed un volto al nemico della presenza europea in Africa Australe e si delineava la strategia di questo grande rapace politico che, tramite il dissanguamento progressivo del Sud Africa, mirava ad impadronirsi delle sue immense risorse minerarie ed a controllarne la posizione geografica sulla rotta di tutto quel petrolio che, caricato sulle navi cisterna giganti nel Golfo Persico, non poteva passare per i bassi fondali di Suez.
La lunga mano USA
È dalla Casa Bianca che inizia il volo dell’avvoltoio non da Mosca, il cui ruolo, seppure rilevante nella destabilizzazione in atto, si dimostrerà strumentale e limitato nel tempo. Il Cremlino rappresenta il male minore al quale bisogna ricorrere per non sporcarsi le mani, dando in appalto il terrore a chi sa meglio gestirlo: un terrore fatto di massacri, saccheggi, stupri che deve servire ad intimorire gli europei residenti ed a spezzare gli equilibri dei nativi di colore, incentrati sui valori atavici di appartenenza tribale, in nome dell’utopia massificante del socialismo più sanguinario.
Indebolita la resistenza dei bianchi: distrutte le infrastrutture sociali ed economiche, diventerà facile acquisire il controllo del Paese interessato, usando, ad arte, gli strumenti dell’intervento internazionale e dell’avvio di un piano di ricostruzione, dai danni da loro stessi causati, garantito dai prestiti del FMI, la cui azione creditoria porterà alla perdita dell’autonomia politica, consegnando la delega della futura programmazione economica nelle mani dei grossi concentramenti finanziari americani, gli stessi che costituiscono il nocciolo del FMI.
Decenni dopo, in Ucraina, si sta riproponendo lo stesso scenario sia pure con un copione più sofisticato a conferma di come lo scenario d’intervento rimanga globale.
Dalla penna di Aida Parker prendono forma parole inattese come Nuovo Ordine Mondiale e Lobby Mondialista, siamo solo nel 1977 voglio ricordarlo.
Africa Australe negli anni ‘70
Torniamo sul piano militare. Agli inizi degli anni Settanta il fenomeno insurrezionale nell’Africa Australe era decisamente in declino.
In Angola l’esercito portoghese, dopo una serie di offensive lanciate nel 1972-73, aveva ripreso il controllo quasi totale del territorio ad eccezione di alcune aree a ridosso dello Zaire; in questo facilitato dalle lotte intestine, a sfondo tribale, che contrapponevano il MPLA di Agostino Neto al movimento FNLA di Holden Roberto ed all’ UNITA di Jonas Savimbi.
Mentre in
Mozambico, l’operazione Nodo Gordiano, condotta nel 1973 da oltre 50.000 militari con il supporto delle Forze Speciali Rhodesiane, di eccellente valore combattivo, aveva limitato la zona di influenza del FRELIMO di Samora Machael alla sola parte settentrionale del paese ove i ribelli potevano godere della possibilità di sconfinare in quella Tanzania a loro politicamente solidale.
In Rhodesia le azioni terroristiche erano circoscritte ad attacchi sporadici contro fattorie del nord-est ed a qualche attentato esplosivo mentre il Sud Africa era virtualmente immune da questo fenomeno interno se non nei lontani territori dell’Africa del Sud Ovest, oggi Namibia, allora sotto mandato di Pretoria, concesso dalla Società delle Nazioni nel 1919.
La mano comunista sull’Africa
Il crollo della presenza portoghese, in Angola e Mozambico, con il conseguente passaggio nell’orbita marxista dei territori e l’arrivo di decine di migliaia di “istruttori” cubani, cinesi e dei Paesi dell’Europa Orientale, cambierà radicalmente l’equilibrio delle forze in campo, facendo dilagare il moto insurrezionale nei due stati confinanti a governo bianco.
Nessuna opera di destabilizzazione politica, a lungo raggio, avrebbe potuto avere maggiore successo di quella iniziata da una scaramuccia, scoppiata fra le strade di Lisbona ma concepita ben più lontano dal momento che, un’analisi accurata dello stile letterario usato nella compilazione del libro Portugal e o Futuro, porterà tutti gli esperti a concludere come si tratti del lavoro di cinque mani diverse.
Il ruolo di Kissinger
Su queste basi, Aida Parker, parlerà apertamente di un’operazione condotta dalla CIA alla quale non poteva essere estraneo Henry Kissinger, già segretario di stato americano da 1973 al 1977 ed amico personale del generale De Espinola. Lo stesso Kissinger che, a fine 1975, confiderà, al presidente peruviano Morales Bermudez, intimo amico di Fidel Castro, la non intenzione del suo governo di supportare l’esercito sudafricano nell’operazione Savannha, in corso contro la presenza cubana in Angola. Vero gioco lurido poiché era stato lui stesso a richiedere questo intervento militare dopo aver visto fallire tutti i tentativi della CIA nell’appoggiare l’FNLA con ingenti risorse economiche ed il supporto di mercenari stranieri.
Le mosse della CIA contro il SudAfrica
Secondo il giornale London Economist, citando fonti dei servizi segreti inglesi, la CIA aveva giocato volutamente sporco, promettendo supporto diplomatico e militare al Sud Africa, nella sua campagna contro il MPLA che si era impadronito illegalmente del potere, grazie agli ingenti aiuti russi, per poi, a giochi fatti, tirarsi indietro, lasciando il governo di Pretoria nell’imbarazzo di dover giustificare un atto che sarebbe dovuto apparire come di pura aggressione militare.
Fiutando l’imbroglio, i sud africani ritirarono immediatamente la loro colonna motorizzata nonostante fosse arrivata, forte di soli mille uomini e pochi mezzi blindati, ad 80 km da Luanda, la capitale dell’Angola; evitando così la clamorosa trappola politica, tesagli dalla Casa Bianca.
Altri due giorni di combattimenti e la partita si poteva chiudere, impedendo all’Angola di diventare l’ennesima colonia sovietica e, forse, risparmiandole gli orrori di 20 anni di successiva guerra civile interna con due milioni di vittime. Ma non era quello che voleva Washington. Un’ Angola marxista non dava fastidio, anzi.
Sarebbe aumentata la pressione militare sul Sud Africa, costretto a dislocare maggiori risorse economiche e militari nei territori confinanti a sud mentre il business sarebbe continuato come al solito. Compagnie petrolifere, come la Shell, estraevano regolarmente il petrolio dalle piattaforme di Cabinda, pagando il governo angolano come un qualunque altro interlocutore. I diamanti estratti poi, dovevano comunque passare per il mercato di Amsterdam ove il vero prezzo di vendita veniva fissato, rendendoli da materiale grezzo a basso costo a pietre preziose. Tutto cambiava affinché niente, in sostanza, cambiasse anche se moriva la gente a migliaia. Semplici vittime collaterali nella logica del profitto di oltre oceano.
Il progetto mondialista sul Sudafrica
De Spinola, scomparso dalla scena politica internazionale, riappare, nel 1976, ad una riunione del Council on Foreign Relations, potente associazione massonica, finanziata dal banchiere David Rockfeller, attraverso i cui quadri erano passati e continuano a passare tutti gli esponenti di rilievo della classe politica, economica e militare degli Stati Uniti. È su questo tavolo che il progetto mondialista prende forma; un progetto di livellamento planetario ad un unico modello di sviluppo socioeconomico che, posto sotto il controllo dell’ONU e del FMI, cioè degli americani, trova la sua elaborazione attuativa; di questo Kissinger era parte in gioco nella sua lotta contro l’estromissione dei bianchi dall’Africa Australe…e dalle sue immense ricchezze naturali.
Il raggiungimento del Nuovo Ordine Mondiale prevede che le differenze etniche, culturali e tradizionali, debbano essere eliminate per favorire un unico schema di sviluppo regolato dalla concorrenza selvaggia e definito come libero mercato; quello in cui il ruolo umano sarebbe ridotto a semplice ingranaggio del meccanismo produttivo e consumistico ed in cui tutte le risorse finanziarie andrebbero ad accentrarsi nelle mani di pochi che, da sole, regolerebbero il destino dei popoli. Da qui l’odio implacabile contro quegli stati o minoranze in cui fosse radicato un profondo senso di fierezza nazionale o di appartenenza storica: Sud Africa e Rhodesia erano fra questi; oggi lo è l’Europa o quel poco che rimane del suo passato arcaico.
Abbattere l’Africa bianca
L’Amministrazione del presidente Jimmi Carter, salita al potere nel 1976 e proveniente, quasi per intero, dalle fila della Trilateral Commission, altra organizzazione mondialista, supportata dai fondi di Rockfeller, proseguirà nell’opera di disintegrazione dell’Africa Bianca, ottenendo la resa politica mai militare della Rhodesia al governo comunista di Robert Mugabe e spingendo, sempre più verso il baratro della guerra civile, le comunità del Sud Africa, attraverso un processo di lenta ma incessante disgregazione del tessuto sociale interno. La resa arriverà anche per loro, anche qui politica mai militare, nel 1994 con l’ascesa alla presidenza di Nelson Mandela e del suo sanguinario partito di riferimento, l’African National Congress.
Le macerie odierne
Angola, Mozambico, Rhodesia (leggi Zimbabwe) e Sud Africa sono oggi nazioni che, oltre ad aver perso ogni connotato di identità nazionale, hanno rimesso la gestione delle loro immense ricchezze naturali alla responsabilità di chi, con il pretesto di aiutare i nativi nella lotta contro la discriminazione degli europei, si è impadronito della loro anima e del loro futuro.
I protagonisti di questa tragedia sono gli stessi che, il problema della convivenza razziale, al loro interno, lo risolsero sterminando due milioni di Pellerossa e relegando i superstiti nelle riserve, come si usa con gli animali fastidiosi, in via di estinzione.
Enrico Maselli