I BTP Italia e il Sol Levante – cosa sono i BTP Italia che il governo vuole emettere?
Il debito pubblico italiano è oggi nelle mani dirette dei cittadini italiani solo per un misero 7% del debito totale e Meloni-Giorgetti vorrebbero aumentare questa quota.
Perché vorrebbero aumentarla? Perché la Bce presto non proteggerà più i Btp invenduti alle aste e i vari Soros potranno speculare alla grande contro l’Italia. E di aste nel 2023 ce ne saranno tante, infatti solo quest’anno scadranno 320 miliardi di titoli che devono essere rinnovati.
Draghi se n’è scappato per tempo.
La conseguenza positiva coi Btp Italia, con una parte del debito direttamente nelle mani degli italiani, sarebbe che l’Italia potrebbe diventare come il Giappone e fregarsene delle aste, e della protezione della Bce. Sarebbe bello, ma sarebbe davvero così?
Davvero l’Italia potrebbe fare come il Giappone?
Il Giappone ha il debito pubblico più alto del mondo, a Febbraio 2023 era il 262,50% del Pil. Se si guarda all’Italia, noi avevamo “solo” 145% del Pil a fine 2022. Una differenza enorme.
Per di più, il Giappone paga interessi sui titoli di Stato praticamente nulli.
Inoltre, il Giappone, negli ultimi decenni, “non ha mai subito crisi sul mercato dei titoli di Stato quali quella che ha colpito l’Italia nel 2011-2012” (sempre Soros e compari), per portare al governo Monti, altro amico di Bruxelles.
In Giappone, per eliminare Shinzo Abe, un grande primo ministro giapponese, nemico dichiarato dell’Ordine Mondiale Liberale, Soros non ha potuto farci niente e hanno dovuto aspettare che una mano amica lo accoltellasse a morte.
Tornando ai vantaggi statutari del Giappone, questi restano e “dipendono da un Paese che può contare sulla banca centrale come prestatrice di ultima istanza per il governo non soggetto al rischio di default” e non costretto a “pagare premi agli investitori per compensare la possibilità che l’amministrazione pubblica non ripaghi i debiti accumulati. In sostanza, se anche lo Stato in questione fosse in una condizione di scarsa liquidità e non avesse le risorse per far fronte al pagamento dei debiti, la banca centrale potrebbe semplicemente stampare queste risorse e ripagare i creditori”.
Capito la differenza tra l’Italia e il Giappone? Il Giappone non ha sulla testa una Von der Leyen che minaccia “di avere gli strumenti” se il governo Meloni non si comporterà come dicono loro.
Come si deve comportare il governo Meloni secondo la Von Der Leyen?
Semplice, deve voltarsi dall’altra parte quando la UE vara 210 provvedimenti di sostegno all’industria, così distribuiti: 1. Germania – 356 miliardi (53%) 2. Francia – 162 miliardi (24%) 3. Italia – 51 miliardi (7,6%) 4. Danimarca – 24 miliardi (3,6%) 5. Finlandia – 18 miliardi (2,6%) 6. Paesi Bassi – 12 miliardi (1,8%) 7. Polonia – 11 miliardi (1,7%) 8. Spagna – 10 miliardi (1,5%) 9. Ungheria – 6,4 miliardi (1%) 10. Romania – 5,6 miliardi (0,8%). Ovvero, Giorgia deve far finta di niente che l’Italia, seconda potenza industriale europea, possa spendere i sostegni “occulti” 111 miliardi in meno della Francia e 305 miliardi in meno della Germania. Con Giorgetti che abbozza e chiede, in cambio, almeno di poter riformulare un Pnrr scritto per far contenti Conte e Letta.
Ai silenzi del governo possiamo tranquillamente aggiungere gli accordi sotto banco tra Germania e Cina che portano 52 miliardi/anno di fatturato “segreto” alla Germania o i sostegni, sempre occulti, alla Deutsche Bank piena di “derivati” a grande rischio di esplosione.
Per poi sentirsi accusare, in sovrappiù, perché noi italiani droghiamo il mercato con le spiagge e gli ambulanti, invece di mettere le licenze a disposizione delle multinazionali francesi e tedesche. Il colmo.
Dovrebbero raccontarla tutta sul debito italiano
Non si sa perché, ma oggi tutti, governo e opposizione italiani, fanno finta che l’Italia non sia un Paese che qualcuno ha portato alla rovina nei decenni precedenti. Prima con l’eliminazione del Mec a partire dal 1993 e poi con la botta finale dell’euro dal 2002.
L’eliminazione della protezione del mercato interno europeo (esistente nel Mec) e l’impossibilità di una valuta parallela imposta con l’euro, hanno causato un debito pubblico a 2.762,5 miliardi di euro, a fine 2022, con interessi passivi pagati ai creditori per qualcosa come circa 1.707 miliardi negli ultimi 22 anni, dal 1999.
Col ritmo attuale, alla fine del 2025, “stando alla Nota di Aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) di novembre 2022”, “il debito pubblico sfiorerà i 3.050 miliardi di euro, restando sopra il 141% del PIL. Questo significa che sarà cresciuto di quasi 500 miliardi in cinque anni e oltre 800 miliardi in dieci anni”.
Ulteriori 500 miliardi di debito
Cosa pensano Meloni-Giorgetti, di far sottoscrivere agli italiani almeno ulteriori 500 miliardi di debito pubblico entro la fine del 2025? Con quali garanzie, fidandosi delle promesse della Von der Leyen?
Per le leggi del mercato dei titoli obbligazionari, il rischio sul ritorno del capitale investito si riduce di tanto se i Btp non verranno mai negoziati (venduti) e se i possessori ne aspetteranno la naturale scadenza, ovvero spesso dai 10 ai 30 anni (nel 2022 sono arrivati a perdere il 30% del capitale iniziale, non lo dicono?). Ma tra 10 anni il debito pubblico italiano potrebbe essere arrivato a sfondare i 4.000 miliardi e chi si fida che la Bce non manderà in default il debito posseduto dagli italiani, quando ogni anno ci saranno aste sui Btp in scadenza per 600 o 700 miliardi?
Mica siamo il Giappone che è sovrano sulla sua valuta e può decidere quello che vuole. Noi dobbiamo stare appesi alle decisioni della Bce che non vede l’ora di erodere i risparmi degli italiani. Non li sopportano tutti quei risparmi ed è anni che tentano di distruggerli.
Quali sono le alternative?
Siamo alle solite e si deve puntare per forza al bersaglio grosso perché, semplicemente, non ce n’è uno piccolo.
L’Italia deve di nuovo domandarsi quale sia il suo reale vantaggio a rimanere nella UE dove un prodotto turco o indiano ha le stesse possibilità di concorrenza rispetto a un prodotto italiano e dove c’è un Euro che, oltre ai danni di sempre, adesso ha iniziato a generare pure una grande inflazione e dei grossi interessi passivi.
L’alternativa resta quindi quella di rinegoziare con Bruxelles su questi aspetti accettati passivamente dai governi italiani a partire dal 1993, dando come segnale di serietà, l’inizio di indagini giudiziarie a carico di governanti di allora ancora vivi, a iniziare da Prodi, Draghi, Monti, Letta, Renzi e Conte. Basterebbe iniziare le indagini con lo spread a 500 col governo Berlusconi, per poi crollare subito dopo le sue dimissioni con l’arrivo di Monti, e con tanto di titolone sul Sole24Ore: FATE PRESTO.
Giusto per far capire che, parallelamente alle richieste di rinegoziazione dei patti europei, verranno individuati e arrestati i colpevoli in Italia.