Omicidio Mastropietro: Oseghale condannato all’ergastolo – Il corpo smembrato di Pamela Mastropietro fu trovato in due valigie tra il 30 e il 31 gennaio 2018, a pochi chilometri da Macerata.
La ricostruzione di Tombolini
“Il sospetto era che le parti fossero state lavate con la varechina, è stato un lavaggio indiscutibilmente volto a cancellare qualunque traccia del contatto fisico con la deceduta”. Un lavaggio “accuratissimo per cancellare qualsiasi molecola di dna”.
Questo è quanto sostenuto da Antonio Tombolini – il consulente medico che fu inizialmente incaricato dalla procura di effettuare le primissime verifiche sui resti della giovane donna.
Secondo il consulente, il modo in cui è stato sezionato in alcuni punti il corpo della ragazza è stato volto a “nascondere un eventuale contatto sessuale”.
A detta dell’esperto per tagliare così il corpo di Pamela ci sono volute alcune ore. A chi gli chiedeva se, dai resti, sia possibile dire se sia stata una mano esperta a ridurre così il corpo della ragazza il consulente ha osservato: “Estratti i resti dalla valigia, la prima impressione è che fosse stata una persona abituata a dissezionare maiali”.
Secondo il consulente, è stato fatto un lavoro in maniera “estremamente intelligente” nel senso che c’è stata una disarticolazione del cadavere ed è stata attuata una procedura di lavatura estremamente oculata.
C’è una logica raffinata dietro a questo. Dietro questa logica c’è il suo autore: Innocent Oseghale.
La condanna della Procura di Perugia
L’ uomo già condannato in via definitiva per la morte della diciottenne, era a processo per la sola violenza sessuale presso la corte dell’Assise d’appello del tribunale di Perugia.
Il processo d’appello bis ha riguardato solo il reato di violenza sessuale ed è stato trasmesso a Perugia per questioni procedurali dopo che la Cassazione aveva definitivamente confermato la condanna per l’omicidio.
La Procura generale di Perugia, coordinata da Sergio Sottani, aveva chiesto la conferma della condanna. L’imputato non era presente in aula al momento della lettura della sentenza.
Il sollievo della madre
C’erano invece i genitori della giovane. “Spero che sia a vita e senza sconti di pena. Come ho detto a Macerata fuori uno. Adesso vediamo gli altri perché ci sono le prove che c’erano anche loro. Questa sentenza un po’ di sollievo me lo dà”.
Sono queste le parole di Alessandra Verni, madre della vittima, al termine dell’appello bis.
Non dimentichiamo le altre martiri
Una vittoria che si spera vivamente sia realizzata nella sua interezza in nome non solo di Pamela ma anche di Sara Bosco, la sedicenne drogata e stuprata da un uomo di origini afghane, Riza Faizi, e lasciata morire l’8 giugno 2016. Desirèe Mariottini, anche lei sedicenne, anche lei drogata, anche lei stuprata e lasciata morire.
Un abominio commesso il 19 ottobre 2018 da quattro “uomini” di origine africana.
Alice Bros di 16 anni, morta per un’overdose in un bagno della stazione di Udine dopo aver acquistato la droga dal giovane afghano, il venticinquenne Jamil Shaliwal.
Donne, giovanissime, vittime di un’immigrazione selvaggia in nome di un’integrazione che sa di sostituzione di popoli e di un’accoglienza che sa di una Europa supina.