Antifascismo, quanti lo professerebbero “gratis et amore P-Dei”? – La lettera della preside del Michelangiolo è uno di quei deliri ormai tipici nel mondo della scuola che non meriterebbe attenzione, se non per il fatto che è a gente di questo livello che è affidata spesso la formazione dei nostri ragazzi.
Così come non meriterebbero attenzione i giochi di sponda immediatamente messi in atto dalla Sinistra in Parlamento e dall’Anpi sulla stampa.
I due mali della sinistra
Non ci si può esimere, però, dall’occuparsene, dal momento che sono tutti chiari sintomi di un male che attanaglia la Sinistra italiana, anzi, di due mali.
Il primo, è quello di essere ancora non un fazione della dibattito pubblico, ma una sorta di “cosa nostra” della politica, ramificata e diffusa in tutti i gangli delle istituzioni e dell’amministrazione statale e locale e del circuito dell’informazione, capace di mobilitarsi in modo perfettamente coordinato per creare problemi che, nella realtà, non esistono, oppure per delegittimare da più fronti gli avversari.
Il secondo, è insistere su un tema-allarme giustamente non più sentito e vissuto come tale dalla quasi totalità degli italiani – l’Antifascismo-pericolo fascista -, a cui ricorre quando è in difficoltà politica ed elettorale.
Vitalità garantita dal denaro
Un tema-allarme, però, che ha ancora una sua residuale “vitalità” grazie al profluvio di denaro che – prelevato sempre dalle tasche di quei cittadini che se ne fregano altamente di questi finti problemi – viene generosamente speso per finanziare associazioni, fondazioni, enti morali, iniziative d’ogni genere, spettacoli d’ogni sorta, intellettuali e pseudo-intellettuali, artisti o pretesi tali, impegnati nella indefessa celebrazione dei riti di questa “religione”.
Ora, se il governo ha ben altre gatte da pelare, i partiti della maggioranza potrebbero, da questo punto di vista dare una mano.
Come? Programmando e imponendo quella che si potrebbe definire la “privatizzazione” dell’Antifascismo, rendendo formale ciò che è già sostanziale.
Enti di supporto del PD
Anpi, Istituti storici della resistenza e altre amenità del genere, da parecchi anni a questa parte, oltre a non svolgere esattamente le funzioni per cui furono fondati – nel caso dell’Anpi, anche per questioni anagrafiche -, si appalesano ogni giorno di più come “enti di supporto” del Pd e, quindi, non si capisce a quale titolo debbano continuare a funzionare grazie alle pubbliche provvidenze.
Sostenendo il governo nazionale e quello di 14 regioni su 20, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia non dovrebbero avere troppe difficoltà a interrompere i flussi di finanziamento di questi soggetti apparentemente “morali” o “culturali”, ma squisitamente politici e, per di più, ad alto tasso di faziosità e strumentalità.
Certo, nel mettere mano alla questione, bisognerebbe prevedere la feroce polemica conseguente, prepararsi a una dura lotta a suon di dichiarazioni e repliche, ma quanto durerebbe?
Meno, molto meno di quel che si potrebbe temere: l’Antifascismo – su questo sono sinceri, gli uomini e le donne della Sinistra – è un valore prezioso; ma se si smettesse di commerciarlo ai valori correnti, se si smettesse di pagarne l’uso, vedrebbe tracollarne improvvisamente le quotazioni, specialmente tra coloro che ne hanno i magazzini pieni.
Se parlare e scrivere di Antifascismo smettesse di rendere economicamente, sarebbe sorprendente scoprire quanti pochi resterebbero a farlo “gratis et amore Pd-ei”